Dalla grande vittoria contro il Barcellona la Juventus sembra avere trovato un’identità tattica e una discreta continuità sia dal punto di vista mentale che da quello delle prestazioni. Più volte in questa stagione si è potuto osservare come Pirlo abbia cambiato la formazione affidandosi ad esperimenti più o meno riusciti e quindi non dando riferimenti precisi ai giocatori i quali, conseguentemente, hanno faticato a trovare connessioni stabili tra loro.
Il centrocampo, in particolare, è stato oggetto di combinazioni differenti tra loro sia negli uomini che nella disposizione. Da Barcellona in poi, però, anche il centrocampo sta iniziando a trovare dei punti fermi e il primo è sicuramente Weston McKennie. Pirlo sembra avere trovato la quadra con un centrocampo a 3 in cui le mezz’ali alzano la loro posizione e si muovono continuamente a seconda dello sviluppo dell’azione. McKennie, finora è stato perfetto in questo ruolo. Il texano è stato infatti l’unico giocatore nel pacchetto mediano bianconero a trovare la titolarità con Barcellona, Genoa e Atalanta. E in tutte e tre le partite ha fatto capire il perché.
Dinamismo…
McKennie corre e corre tanto. Sia contro l’Atalanta che contro il Genoa l’americano è stato il giocatore col maggior numero di chilometri percorsi nella compagine bianconera. Impiegato da mezz’ala destra in quello che ormai possiamo definire serenamente un centrocampo a 3, offre continui movimenti senza palla ad attaccare la profondità e l’area di rigore non disdegnando la ricerca dell’ampiezza, se necessario, per controbilanciare movimenti su traccia interna di Cuadrado.
La Juventus, come già detto nella scheda di presentazione di McKennie, aveva bisogno disperatamente di un giocatore di questo tipo per risolvere, quantomeno parzialmente, l’annoso problema della piattezza del centrocampo. Troppo spesso, anche nella scorsa stagione, si è evidenziato come gli uomini offensivi bianconeri tendessero eccessivamente a volere la palla sui piedi consegnando agli uomini in impostazione uno scaglionamento quanto mai statico e, di conseguenza, facilmente leggibile e prevedibile per la retroguardia avversaria. Il texano invece, con i continui movimenti, muove la difesa avversaria e soprattutto abbassa la linea avversaria con tutte le conseguenze positive che ne derivano nello sviluppo della manovra. In particolare nelle partite in cui l’avversario cercherà di intasare il centro del campo, le corse, anche a vuoto, di McKennie in verticale saranno essenziali. E non è un caso che, dopo l’articolo scritto su questi lidi giorni fa sulla necessità di gol da parte dei centrocampisti, sia stato proprio McKennie a rispondermi con due gol (contro Torino e Barcellona).
…e intelligenza
McKennie corre e corre bene. L’americano è un giocatore in grado di offrire eccellenti letture sia senza palla nel momento in cui deve trovare lo spazio migliore per farsi imbeccare sia con la palla. Nonostante infatti doti tecniche non sopraffine, il numero 14 bianconero è in grado di effettuare giocate molto interessanti palla al piede che denotano letture non banali di quello che accade attorno a sé. Anche quando la giocata a servire il compagno non riesce, difficilmente accade perché l’idea alla base di quella giocata era totalmente sbagliata per quella situazione, ma semmai per un’esecuzione tecnica imprecisa o per un ottimo intervento avversario.
È assai probabile pertanto che nel futuro più prossimo McKennie conserverà questo ruolo di “invasore” anche perché le sue doti tecniche non elevate lo portano ad andare in difficoltà se pressato e nello stretto.