We ain’t dead yet

Premessa: l’appuntamento con il podcast è per giovedì prossimo. Avremmo tutti voluto celebrare “qualcosa” prima, speriamo di farlo giovedì e poi di nuovo fra sette giorni. C’è da trattenere le emozioni, recuperare la halma e prepararsi alla resa dei conti. Vi dico la mia, in attesa poi di risentirci.

Ieri abbiamo perso una partita che brucia e lo posso capire, ma ciò non giustifica la stupidità di tantissimi commenti letti e sentiti dopo il triplice fischio. Dopo averci dormito sopra (non commentate mai a caldo: il rischio stronzata è elevatissimo), ho tre considerazioni e una bacchettata da fare.

La prima considerazione è che la finale da dentro o fuori la giochiamo mercoledì. E l’avere una finale così ravvicinata (e un’altra a inizio giugno, soprattutto) un ruolo l’ha giocato, eccome. Innanzitutto nelle scelte di Allegri. Rispetto alla gara precedente col Monaco, in cui eravamo in formazione-tipo, contro la Roma avevamo 6 riserve negli 11 titolari. Contro il Torino, la gara precedente di campionato, ne avevamo addirittura 7. È evidente come Allegri, una volta accumulato un buon vantaggio sulla seconda, abbia iniziato a “gestirlo”. Ovvero, a pensare non tanto a chiudere il campionato il prima possibile (non scappa mica, né ti danno due Scudetti invece di uno), quanto ad arrivare alla finale di giugno nelle condizioni migliori. Ciò ha comportato l’adozione di un massiccio turn-over. Non avessimo due finali ancora da disputare, e l’ha detto Daniele De Rossi nel postpartita, avremmo giocato con un’intensità diversa e soprattutto con una formazione diversa. Ma le due finali da disputare ce le abbiamo, così come avevamo (e abbiamo ancora) un vantaggio rassicurante sulla Roma e sul Napoli. La scelta di Allegri è stata atletica, quindi, non tattica.

Anche Inzaghi ha fatto una scelta simile contro la Fiorentina, lasciando 6-7 titolari in panca. E ha perso.

Seconda considerazione: “le riserve non sono all’altezza”, sento da ieri in loop. “Certo, altrimenti non sarebbero riserve”, verrebbe da rispondere. Ma queste sono considerazioni tra il banale e l’ingeneroso. Quest’anno tante partite le abbiamo portate a casa anche grazie alle riserve (o “nonostante le riserve”, se preferite). Le tre delicatissime gare a ridosso della doppia sfida col Barcellona, le abbiamo vinte con 4 difensori più il portiere di riserva (a Pescara), o con 5 riserve in campo (col Chievo), o ancora con Benatia, Asamoah e Lichtsteiner tutti e tre in campo, senza Pjanic (col Genoa). Le due contro Atalanta e Torino, a ridosso del doppio impegno col Monaco, invece, le abbiamo parzialmente cannate portando a casa solo due punti. Con la Roma abbiamo perso. La morale quindi è: se cambi ogni volta (come sta facendo da un mese abbondante Allegri) 5-6 o più titolari, vinci contro le “piccole”, pareggi contro le medie e perdi contro la seconda in classifica. Tutto normale, tutto logico. Per fare più punti nelle ultime tre, avremmo dovuto schierare tutti i titolari. E qui torniamo alla considerazione di prima: Allegri ha una visione a medio termine, con obiettivo unico quello di arrivare con un minutaggio accettabile alle due finali, portando nel frattempo a casa lo Scudo. Non abbiamo ancora perso nulla.

Terza considerazione: ormai abbiamo perso, amen. Col senno di poi, però, non tutto è male. Dopo la scoppola ricevuta, sono sicuro che affronteremo la finale di Coppa Italia con un piglio diverso (di quello che avremmo avuto fossimo stati reduci da feste Scudetto, baldorie, Champagne, discoteche e via dicendo. Perché hai voglia a far finta di non festeggiare: impossibile). Non solo: arrivare emotivamente e sportivamente carichi fino a domenica 21 aiuterà il gruppo a cercare di restare concentrato anche in vista della finale. Avessimo finito il 17 le gare da vincere pre-Cardiff, avremmo avuto 15-16 giorni di nulla. Ora ne avremo qualcuno meno e, soprattutto, la gara più a rischio concentrazione, ovvero la gara con la Lazio, la giocheremo per prima e al massimo della tensione e determinazione. Non fraintendetemi: avrei preferito fare podcast stasera, come detto. Ma è andata così. Tanto vale vederci del buono, oltre ai disastri e ai moriremo tutti (piuttosto patetici). Capisco gli amici juventini di Torino e Roma, che “gliè rode” subire gli sfottò dei colleghi e degli amici. Ma abbiamo obiettivi ben più importanti da realizzare e ci stiamo giocando la stagione potenzialmente più indimenticabile della storia della Juventus.

A tale proposito, ricordo ancora una volta alcuni dati, perché mi pare stiamo dando alcune cose troppo per scontate. Nei 120 anni di storia della Juventus FC, prima di Allegri, solamente due volte eravamo riusciti a fare il “double” (campionato e Coppa Italia): nel 1960 e nel 1995. Non ci riuscimmo il primo anno di Conte, non ci riuscimmo il primo anno del Lippi-bis, nè ci riuscimmo nel 1972-73 con Zoff ed Altafini. Perchè è maledettamente difficile, tanto è vero che in assoluto era riuscito 2 volte all’Inter (che in una di queste due stagioni riuscì come sappiamo a vincere anche la Champions), 1 volta al Torino, 1 alla Lazio, 1 al Napoli. Allegri ci è riuscito in entrambe le sue prime stagioni. E’ un qualcosa di storico. E ora ha la possibilità di fare il terzo double in tre stagioni di Juve: in tre anni ha la possibilità di fare più double di qualsiasi altra squadra italiana nella sua intera storia. Non diamolo per scontato: altre volte abbiamo avuto una Juve dominante, eppure non è che facessimo doppiette ogni stagione, anzi. Non solo. Abbiamo, come sapete, la possibilità di fare ancora meglio. Il “triplete”, ormai così tristemente nominato, nella storia è riuscito soltanto 8 volte (una all’Inter, sì….), con la Juve che prima di Allegri non era mai nemmeno arrivata a giocarsi il terzo titolo, e con lui è alla seconda occasione (già di per se storica) in tre anni.

Se c’è una cosa che Allegri ha dimostrato di saper fare meglio di me, voi e chiunque altro allenatore nella storia della Juventus, è gestire le risorse e la squadra per arrivare in fondo ovunque: diamogli la possibilità di farlo come meglio crede, con le scelte che ritiene più opportune, anche facendo tesoro di eventuali errori, ma concedendo a lui e a questo gruppo un po’ più di credito.

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