Tuchel e la scienza nel calcio

Innanzitutto, essendo questo il primo articolo del “reboot” di AterAlbus, che ho deciso di trasformare in blog (come ai vecchi tempi) per poter scrivere anche pensieri più veloci e spunti da discutere poi insieme a voi (nelle voice chat) e agli amici e collaboratori storici o ad eventuali ospiti, vi invito a seguirmi in questa nuova avventura e – se vi va – a farlo anche sui social, nei canali Telegram collegati e nei contenuti audio (trovate tutte le info in alto nel sito, o nelle pagine dedicate).

Detto questo, sono convinto che per capire meglio il calcio, non serva “solo” studiarne la tattica o osservare ciò che avviene sul rettangolo di gioco. L’ho scritto più volte: quella è la parte più facilmente osservabile, e quindi analizzabile, ma a volte è bello e addirittura necessario anche ascoltare la voce dei protagonisti, specie quelli che performando ad altissimi livelli riescono a vincere imponendosi sugli altri.

Incuriosito dai soliti tweet polemici che tiravano in ballo Allegri e forzavano confronti mai nemmeno accennati dai protagonisti (davvero: basta vivere il calcio così!), ho deciso di ascoltarmi l’integrale delle dichiarazioni rilasciate ieri da Tomas Tuchel, l’allenatore campione d’Europa col Chelsea, ospite del Festival dello Sport di Trento. Su Twitter, alcuni tweet gli attribuivano concetti che mi suonavano strani su dati, scienza e informazioni legate al calcio. Ho deciso perciò di fare la cosa che in questi casi, dopo aver trovato un po’ di tempo libero, è necessaria per formarsi una propria opinione e approfondire: ho cercato gli audio dell’integrale di Tuchel e ho ascoltato con le mie orecchie il suo intervento, in maniera costruttiva (non parliamo dell’ultimo dei pirla, ecco).

Ve li linko (parte 1, parte 2, parte 3) per chi volesse farlo a sua volta. Per gli altri, questo è il ragionamento dell’allenatore tedesco, che come inciso mi trova perfettamente d’accordo. Prima una premessa: Allegri non c’entra niente, cerchiamo di vivere la discussione e il calcio per quello che deve essere, senza strumentalizzazioni.

Ad un certo punto, il moderatore dell’evento ricorda a Tuchel quando, all’inizio della sua carriera, al Mainz, lo chiamassero “sportwissenschaftler”, che potremmo tradurre con “scienziato dello sport”. Gli chiede una spiegazione e Tuchel risponde che, una volta ritiratosi come calciatore, iniziò una serie di studi: ricorda che fece il fisioterapista, che imparò l’inglese per poter insegnare e che si iscrisse ad Economia (aziendale) all’Università (si è laureato). Quindi è probabilmente per questo che è chiamato ancora oggi “lo scienziato”. Però lui quasi lo scansa questo soprannome (“Nel calcio se ti chiamano scienziato è un po’ da nerd, un po’ da quelli freddi che non capiscono gli aspetti emozionali…”).

Dice che quello che oggi si fa come allenatore non è solo basarsi sull’esperienza e le sensazioni, ma anche studiare le statistiche, basarsi sulla scienza e sui dati che vengono forniti loro dallo staff e dai club.

“I dati ci possono aiutare, ma less is more“, ovvero “è meglio concentrarsi su ciò di cui ci si fida e che ha una rilevanza, e ciò che puoi trasferire al team facendolo portare ad un livello superiore”. Continua Tuchel “Nella mia esperienza, ho osservato che la sensazione che posso infondere nei calciatori è l’assenza di comfort, e quindi less is more, per non sovraccaricarli di cose”.

Il suo discorso non è quindi contro la scienza, o contro i dati, che anzi servono e utilizza quotidianamente. È un discorso sulla didattica. Il calcio non è semplice, ma le informazioni che si trasmettono a chi deve metterle in pratica devono essere semplici. A ben vedere, dire che per insegnare bene qualcosa bisogna sapere dare informazioni semplici da assimilare è esattamente l’opposto che dire che quel qualcosa è semplice. Se così fosse, non servirebbe una figura da tramite, un “insegnante” (come a scuola), un allenatore.

Ma Tuchel si spinge oltre con un bellissimo esempio. “Un direttore d’orchestra una volta disse: io cerco di non disturbare la musica e di non disturbare i musicisti”. Ovvero, spiega in maniera umile e intelligente, come siano loro – i calciatori – quelli che scendono in campo e che devono essere protagonisti, perciò piuttosto che pensare a dimostrare di essere bravo riempiendoli di informazioni che non fanno altro che mettere i giocatori in una situazione non confortevole (anzi, li disturbano proprio, a volte), è meglio dire poche cose, selezionate, filtrate ed efficaci.

Questo è il bellissimo (e per me condivisibile) pensiero di Tuchel (anche Mourinho qualche giorno fa ha espresso concetti simili che vi invito ad ascoltare), che è bene non venga “rovinato” da polemiche campanilistiche o da lotte tra bande. Ed è un concetto da fare proprio anche e soprattutto per chi, come me, fa comunicazione (può essere anche avere un semplice blog). È anche per questo che, in questo nuovo “corso”, cercherò di fare io spesso il lavoro “di filtro” e di studio necessario (ma vi fornirò sempre, dove possibile, strumenti e link per farlo autonomamente) e cercherò anche io di rendere semplici concetti che spesso, nonostante si possa ridurre tutto a 22 persone che prendono a calci un pallone, spesso semplici o immediati non sono. Buon AterAlbus.

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