Trinity Rodman: quando il talento è un vizio di famiglia

Figlia dell’ex campione NBA Dennis Rodman, la diciottenne Trinity ha fatto il suo esordio sabato 10 aprile nella National Women’s Soccer League, trovando la via del gol dopo soli 5’ di gioco.


Il nome sul retro della maglia è dei più pesanti: richiama alla mente l’immagine di uno dei migliori rimbalzisti della storia della pallacanestro, vincitore di 5 titoli NBA nonché personaggio eccentrico e stravagante fuori e dentro al campo. Ma Trinity Rodman dà l’idea di saper reggere alla grande tutta la pressione che una tale eredità può caricarti sulle spalle.

Nata il 20 maggio 2002, inizia la sua giovane carriera nei SoCal Blues, mentre nella Serra Catholic High School è già considerata la stella più promettente della sua generazione.

L’investitura, d’altronde, arrivò in tempi non sospetti direttamente da un ragazzo che di talento se ne intendeva eccome: Kobe Bryant. Il Black Mamba la vide giocare in tenerissima età con la figlia Natalia (la quale poi preferì la strada della pallavolo), la avvicinò e le disse: “You’re a stud!”

Tu sei una fuoriclasse, sei un craque. “Mister 81” aveva ragione.

Nel 2018 prende parte ai Mondiali Under 17 in Uruguay; nel 2020 partecipa alla CONCACAF Under 20 siglando complessivamente 9 reti. Laura Harvey, l’allenatrice, dice di lei: “È incredibilmente veloce e si muove tanto sia con sia senza il pallone. Riesce a muoversi per il campo con facilità e quando è nell’uno-contro-uno le sue qualità spiccano ulteriormente.”

Prima punta (o esterno, all’occorrenza) eccelle nel dribbling e col tiro da fuori area. Non a caso, si ispira a Tobin Heath e Christen Press.

A gennaio è la seconda scelta assoluta al draft della NWSL: diventa così la più giovane calciatrice mai selezionata nella Lega. Giocherà per i Washington Spirit: “Già solo essere nel draft alla mia età, era un sogno, una cosa folle. Ma essere stata la seconda scelta è fuori dal mondo, non potevo chiedere niente di più. I DC hanno un programma ed un team fantastico. Ho parlato un paio di volte con l’allenatore (Richie Burke), so che è uno duro, ma sono felicissima di giocare con lui e di poter migliorare. Penso che questo sia il momento perfetto per entrare nel mondo dei professionisti.”

Oggi, finalmente, l’esordio. È il minuto 55 di North Carolina Courage vs Washington Spirit, con le padrone di casa avanti 3-1: Trinity prende il posto di Kumi Yokoyama, e in meno di 300 secondi raccoglie un lancio di 40 metri di Natalie Jacobs con un aggancio meraviglioso di destro, prima di depositare il pallone alle spalle del portiere.

Si presenta così, tra i grandi, la figlia d’arte. Non è una definizione che ama, però: “Mio padre è stato un atleta straordinario, e io ho preso quei geni da lui. Ma sono entusiasta di essere conosciuta come Trinity Rodman e non solo come la figlia di Rodman. Voglio percorrere la mia strada e migliorare durante questo viaggio.”

Il rapporto padre – figlia non dev’essere stato dei più semplici. L’ex cestista racconta di non essere stato né un buon figlio, né un buon genitore. Ma forse è proprio grazie a Trinity ed ai suoi fratelli Alexis e Dennis Junior che Rodman ha messo (in parte?) la testa a posto: “Voglio vederli crescere. Ho bisogno di smettere di far festa, devo fare un passo indietro e rimettere a posto la mia vita.”

Figura fondamentale nella vita della giovane calciatrice è sicuramente mamma Michelle: “Avendo un padre come il mio – racconta Trinity – nessuno chiede mai di mia madre, perché ovviamente lei non è una star dell’NBA. Ma voglio che le persone sappiano che mia madre è stata il mio supporto in ogni momento della vita, è la mia migliore amica e la mia roccia. Non credo che la gente sappia quanto siamo vicine. Anche se non era nell’NBA, ha una mentalità estremamente competitiva e motivata, ed è una donna estremamente forte.”

Il talento, dunque, è ereditario. La testa, invece, parrebbe essere tutta farina del suo sacco.

Siamo solo all’inizio, ma se il buongiorno si vede dal mattino…

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