Che poi sta diventando quasi un saluto tra i tifosi della Juventus.
“Ciao come stai?”
“Bene, ti dirò, ma tanto valeva tenere Allegri”.
Niente di sorprendente, perché noi italiani tendenzialmente siamo così, prima vogliamo distruggere il presente per poi rimpiangerlo, ma questa frase nasconde un senso che è utile sviscerare.
Cosa significa questa nostalgia del passato? Quando Massimiliano Allegri è stato allenatore bianconero ha vinto tanto, ogni stagione di fatto, ma nelle ultime due è montata sempre più la volontà di cambiarlo perché portatore di un calcio difensivo, non spettacolare: dava il pane, ma si voleva anche il circo, come se questo fosse da solo garanzia di vittorie. Questo ragionamento è stato rinvigorito e rinforzato da un’onda di pensiero che ci porta a considerare un solo modo di giocare a calcio come quello giusto per la modernità, come se questa filosofia fosse l’unico mezzo per giocare bene. Seguendo questa corrente, si arriva a concludere che Sarri è stato preso per dare una immagine diversa alla Juventus, facendo divertire i tifosi, offrendo il circo e non solo il pane. La squadra però fatica a offrire con continuità lo spettacolo e quindi eccoci arrivati alla frase “tanto valeva tenersi Allegri”, il cui sottinteso è questo: “anzi, qui non sappiamo nemmeno se vinciamo, guarda come siamo messi, non abbiamo più nemmeno la migliore difesa”.
Nessuno di noi può sapere per quale ragione la scelta della dirigenza sia ricaduta su un allenatore che ha idee quasi opposte ad Allegri (magari per dare stimoli diversi, ma di sicuro per convinzione), ma possiamo essere certi che ciò che avrà chiesto a Sarri non è diverso rispetto a quanto si domanda a qualsiasi tecnico bianconero: vincere. Compito di chi siede in panchina è trovare la strada migliore per farlo, partendo dalle caratteristiche dei giocatori e dalle proprie idee. Il cambiamento che è in atto è difficile, perché si sta chiedendo a calciatori, uomini in primis, abituati a giocare e vincere in una certa maniera a farlo diversamente con la convinzione che questo percorso intrapreso porti a vincere, a esprimere il potenziale del collettivo, con la speranza che l’organizzazione possa moltiplicare le qualità dei singoli.
Come ho avuto occasione di scrivere anche recentemente, questa Juventus non è ancora pienamente una squadra con una identità costruita, ma è certamente una squadra che si è avvicinata e continua ad avvicinarsi all’idea di gioco di Sarri. Come difende? Applicando la zona, cercando di mantenere il baricentro alto, evitando fasi di difesa posizionale bassa, praticando un pressing più offensivo. Non ci sta riuscendo? Certo, non siamo ancora dove si vorrebbe essere, perché cambiare è complicato e le caratteristiche dei giocatori, pensiamo alle punte, rendono più complessa questa trasformazione. Non abbiamo attaccanti efficaci nel pressing, così come abbiamo giocatori poco propensi ad attaccare lo spazio, a giocare velocemente a due-tre tocchi. Così come solamente chi è in malafede può non vedere come la costruzione del gioco e lo sviluppo della manovra, sia diversa, il che ovviamente non significa migliore per forza, rispetto a quanto si era visto con Allegri. La stessa malafede, o ignoranza, che porta a non sapere, o volere, interpretare le parole di Sarri dopo la vittoria con Brescia, le stesse che ha ripetuto sin dal giorno della sua presentazione.
Questa è una squadra che ha certe caratteristiche, sto cercando di adattarmi a queste caratteristiche, in altre squadre non avrei dato a Dybala e agli altri giocatori la libertà offensiva che hanno avuto oggi. Questi sono giocatori individualisti fortissimi che esprimono il meglio in questo modo. Se intendi vedere un’organizzazione collettiva come in altre mie squadre qui non la vedrai mai.
Sarri sta semplicemente dicendo che ha giocatori diversi rispetti a quelli che aveva al Napoli, come quelli del Chelsea avevano caratteristiche diverse. Quella che è una affermazione di buon senso diventa incredibilmente una resa, una accusa: “Sarri non trasforma la Juventus, Sarri si arrende alla libertà dei calciatori”. L’allenatore toscano, invece, sta semplicemente facendo qualcosa di essenziale: provare a dare la propria identità alla squadra partendo dalle caratteristiche dei giocatori a disposizioni. CR7 non è Callejon, Dybala non è Mertens, Hazard non è Insigne. Semplice, banale, ma ovvio. Si vuole una squadra con una organizzazione chiara, precisa ed efficace nei primi 70 metri di gioco, e qui quanti margini nell’applicazione delle idee ci sono, con libertà all’interno di principi di gioco comuni e condivisi. Questo ancora non riusciamo a vederlo, perché manca fiducia totale in quello che si fa, coi giocatori che pensano ancora troppo a quello che fanno.
Io, sinceramente, mi auguro che Sarri faccia sempre più Sarri e che riesca a completare il suo lavoro. Non perché faccio il tifo per le mie idee, ma per una semplice ragione: sono juventino e desidero unicamente che la Juventus vinca e continui a farlo.
Allenatore di calcio Uefa B nel settore giovanile. Ex Juventibus, ora su AterAlbus per portare la sua esperienza soprattutto nelle discussioni di calcio giocato.