di Luca Rossi
Con una prestazione largamente deludente la Juventus perde il primo trofeo stagionale a favore di una Lazio decisamente più in palla che ha meritato la vittoria.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]D[/mks_dropcap]opo il ciclo di amichevoli estive che hanno visto la Juventus protagonista tra gli Stati Uniti e Londra è tempo per gli uomini di Allegri di ritornare a giocare in patria con in palio il primo trofeo stagionale: la Supercoppa italiana. L’avversaria, come due anni fa, è la Lazio sulla cui panchina è stato confermato Simone Inzaghi e che arriva a questo appuntamento con un’ossatura e una rosa simili a quelle dell’anno scorso. La differenza principale rispetto alla stagione precedente risiede nel ruolo di perno del centrocampo che, orfano di Biglia accasatosi al Milan, ha come nuovo padrone Lucas Leiva acquistato dal Liverpool per circa 5 milioni di sterline. Con la diramazione delle convocazioni è giunta un’ulteriore novità ossia l’assenza di Keita Baldé sul quale l’interesse bianconero è molto più di una voce. In sintesi la compagine laziale si schiera con Strakosha in porta; la classica difesa a tre composta per l’occasione da Wallace, De Vrij e Radu; nella linea di centrocampo agiscono da destra a sinistra Basta, Parolo, Leiva, Luis Alberto e Lulić; Milinković-Savic più avanzato supporta Immobile unica punta.
Allegri manda in campo un undici in cui non figura alcun volto nuovo affidandosi al modulo e agli interpreti che hanno caratterizzato il finale della stagione scorsa. La porta di Buffon è difesa da Barzagli (in versione terzino destro), Benatia, Chiellini e Alex Sandro; Pjanić e Khedira compongono il double pivote; Cuadrado, Dybala, Mandžukić e Higuaín chiudono il 4-2-3-1.
La Juventus si schiera in fase di possesso, a differenza di quanto potesse far pensare la scelta di Barzagli terzino, con la difesa a 4. Barzagli e Alex Sandro si alzano raggiungendo la linea dei centrocampisti e Pjanić si abbassa per ricevere e impostare palla a terra. L’uscita bassa del pallone si rivela però un arduo problema nel corso di questa partita a causa di una Lazio molto organizzata, di una circolazione molto lenta del pallone e della staticità degli attaccanti. L’uomo in meno a centrocampo (Pjanić abbasatosi) è sostituito con l’abbassamento di uno dei due esterni che deve andare quasi a ricoprire il ruolo di mezz’ala. Questa tattica però mostra delle controindicazioni. Ogniqualvolta si abbassa Cuadrado viene a mancare un uomo di spinta sull’esterno destro poiché Dybala non ha l’abitudine né l’attitudine ad attaccare la profondità e Barzagli non è un terzino di spinta.
Sul lato sinistro invece Mandžukić si abbassa molto poco e rimane maggiormente alto, spesso schiacciato su Higuaìn. Anche le due punte vengono incontro con bassa frequenza, complice una serrata marcatura laziale. Lo scenario pertanto sul centrosinistra quindi è spesso una voragine non occupata da alcun giocatore bianconero in cui la Lazio sguazza in transizione una volta recuperato il pallone. Questa non corretta occupazione degli spazi, la circolazione molto lenta della palla e la capacità laziale di sfruttare e alimentare queste difficoltà mettono in crisi totale la fase di impostazione bianconera con palla a terra. Se si eccettuano infatti le occasioni di inizio partita, dopo l’assestamento laziale la Juventus riesce a creare circostanze pericolose solo tramite lanci lunghi su attaccanti marcati distrattamente come a inizio secondo tempo.
In fase di non possesso invece si formano le consuete linee a 4 con l’abbassamento di Mandžukić e Cuadrado sulla linea dei centrocampisti. Sul giro palla basso effettuato dai tre difensori con l’ausilio di Lucas Leiva Higuaìn e Dybala esercitano un azione di disturbo e talvolta si alza uno degli esterni (quello sul lato palla) per andare in parità numerica coi tre centrali.
Questo atteggiamento è un elemento di differenza rispetto alla finale di coppa Italia di fine maggio. Oltre a una maggiore intensità nel pressing in quell’occasione insieme ai due attaccanti più un esterno si alzava con puntualità anche uno dei due mediani (spesso Marchisio in quella partita) per impedire sistematicamente la ricezione palla del mediano. In Supercoppa invece sia Pjanić sia Khedira rimangono generalmente bassi contribuendo anche a creare una certa distanza tra i reparti. Nelle poche volte in cui uno dei due mediani si alza la Lazio riesce comunque a uscirne palla al piede per via di una non puntuale applicazione delle marcature preventive che giova a un attaccante rapido come Immobile.
La Lazio, che conferma il 3-5-2 come modulo di partenza, in fase di impostazione forma il rombo con i tre centrali e Lucas Leiva e cerca, come di consueto, di giocare molto in verticale e di usufruire della stazza di Milinković-Savic come ricevitore di palloni alti e lunghi al fine di sfruttare grazie al dinamismo dei compagni le seguenti seconde palle. Al serbo va una nota di merito perché è stato autentico mattatore della serata; onnipresente in ogni parte del campo è il giocatore che ha vinto più 1 vs 1 (ben 11). È la fase di non possesso laziale che, a differenza della sfida di coppa Italia, è davvero eccellente. Ogniqualvolta la Juve prova a impostare con la circolazione bassa la Lazio forma una sorta di 3-4-3 in cui Milinković-Savic e Luis Alberto salgono sulla stessa linea di Immobile. Così facendo Inzaghi riesce contemporaneamente a limitare l’azione di Pjanić ponendo due uomini ai suoi fianchi e a ridurre le linee di passaggio in verticale verso gli attaccanti. La retroguardia e il resto dei centrocampisti invece esercitano una marcatura a uomo molto aggressiva sugli uomini bianconeri avanzati funzionale al recupero alto del pallone. Cuadrado in particolare ha sofferto molto la marcatura subendo tre falli e perdendo due palloni molto velenosi. È infatti proprio da una palla persa dal colombiano a metà campo che in contropiede la Lazio riesce a procurarsi il rigore con Immobile. La Juventus, andata in svantaggio non riesce comunque a reagire né a creare dei pericoli per Strakosha. Anche la manovra non migliora e ci si affida maggiormente alle iniziative dei singoli per portare avanti il pallone, seppur invano. La Lazio contiene bene qualsiasi offensiva e anzi è sempre brava e attenta nel recuperare rapidamente il pallone per sfruttare gli spazi che il disordine tattico bianconero concede. Nel secondo tempo scendono in campo gli stessi ventidue e il primo quarto d’ora segue la falsariga della prima frazione di gioco. La Lazio trova anche il raddoppio con un impeccabile colpo di testa di Immobile.
Nel video sottostante sono evidenziati i vari problemi della Juve in impostazione nel corso della prima ora di gioco: staticità degli attaccanti attaccanti, asimmetria tattica, circolazione lenta, compattezza della Lazio.
Allegri prova a cambiare la partita con l’ingresso al dodicesimo minuto del secondo tempo di due neoacquisti ossia De Sciglio che prende il posto di Benatia con Barzagli che scala al centro e Douglas Costa che sostituisce uno spento Cuadrado. Con l’ingresso del brasiliano, più associativo e più immediato del colombiano nelle giocate, la Juventus comincia piano piano a macinare gioco e chiude la Lazio, complice anche la stanchezza dei biancocelesti, nella sua metà campo. Consolidato il possesso la squadra di Massimiliano Allegri comunque non riesce a creare nitide occasioni da goal ma piuttosto riesce a rendersi pericolosa con dei crossi effettuati da Douglas Costa e da Alex Sandro. È il nuovo numero 11 bianconero a tracciare la via entrando in quasi tutte le azioni più pericolose. Egli occupa stabilmente gli half spaces della zona di sua competenza, liberatosi della marcatura cerca di tessere il filo del gioco dribblando avversari e combinando coi suoi compagni sulla trequarti venendo dentro il campo. Al minuto numero 27 entra anche Bernardeschi per l’assalto nell’ultimo quarto d’ora di gioco mentre Simone Inzaghi, passata la mezz’ora, effettua i suoi tre cambi: dentro Lukaku, Marusic e Murgia per Basta, Lulić e Lucas Leiva uscito per crampi. Presidiare continuamente l’area di rigore avversaria vuol dire, se non si riesce a penetrare in area, avere la possibilità di guadagnarsi dei calci piazzati. Pjanić ha l’opportunità al minuto numero 65 ma la palla finisce alta sopra la traversa. A 5 minuti dalla fine non sbaglia sempre su punizione Dybala che riapre la partita e che realizza quattro minuti dopo il gol di pareggio su rigore procurato da Alex Sandro. È una beffa troppo grande per la Lazio che infatti non ci sta e sfruttando la leggerezza difensiva bianconera segna l’insperato gol della vittoria con Murgia che regala alla società biancoceleste la quarta supercoppa della sua storia.
La Juventus perde una partita e un trofeo che ha ampiamente meritato di perdere. Oltre ai dovuti e onesti meriti da attribuire alla Lazio la cui partita è stata intensa e ben giocata sarà importante per Allegri e per la dirigenza analizzare le ragioni di una sconfitta abbastanza netta. Senza dubbio un primo deficit è stato atletico: la Juventus rispetto alla Lazio è arrivata in ritardo di condizione fisica che è emersa in maniera lampante sulle seconde palle. In effetti la Juve ha iniziato la preparazione il 15 Luglio mentre i biancocelesti ben 7 giorni prima. Evidentemente lo staff bianconero ha preferito non forzare la preparazione su questo appuntamento, memore dell’inizio stagione di due anni fa; la Lazio invece ha pianificato il ritiro e il lavoro per presentarsi al meglio e così in effetti è stato. La componente fisica però non spiega interamente quanto visto in campo per la prima ora di gioco in cui, esclusi i primi cinque minuti di gioco, i campioni d’Italia non sono riusciti ad imbastire una manovra palla a terra. Senza dubbio l’assenza di Bonucci come primo regista si è fatta sentire poiché Benatia e Chiellini non sono in grado di verticalizzare e aprire il gioco come l’ex numero 19 bianconero né tantomeno Barzagli ( o De Sciglio) è in grado di costruire gioco da posizione decentrata come invece faceva D.Alves. Si è provato ad ovviare con l’abbassamento continuo di Pjanić ma la circolazione della palla è stata comunque lenta, non si è riusciti a sfruttare mai l’ampiezza e la staticità degli attaccanti non ha fornito alcun aiuto per lo sbocco della manovra. In particolare Mandžukić, fermo, spesso in ritardo e schiacciato su Higuaín ha creato un’asimmetria tattica sulla sinistra che ha portato a scompensi sfruttati magistralmente dalla Lazio in transizione. Inoltre forse sarebbe stato opportuno dall’inizio affiancare a Pjanić Marchisio per dare più geometrie piuttosto che Khedira parso oltretutto fuori condizione. La situazione è poi decisamente migliorata quando sono scesi in campo (colpevolmente in ritardo) Douglas Costa e Bernardeschi, più abili dal punto di vista associativo e nel giocare tra le linee rispetto al croato e a Cuadrado. Tutto ciò ci suggerisce che la Juventus necessita di spostare il gioco 15-20 metri più in avanti puntando molto più sul palleggio e sulla qualità dei suoi interpreti offensivi e meno sulla solidità difensiva. Come detto già più volte da Allegri la Juventus dovrà maggiormente dominare la partita col pallone tra i piedi perché sono le qualità degli interpreti in rosa a richiederlo. L’allenatore toscano dovrà lavorare in questo senso e trovare delle soluzioni, ma in questi anni tre anni ha dimostrato ampiamente di saper tirare fuori il meglio da una rosa di qualità come quella della Juventus di quest’anno è. Siamo ancora ad Agosto, un trofeo è andato ma i conti veri si fanno a giugno.