La stagione della Juventus si è rapidamente trasformata da incertezza e caos a certezza di dover lottare con i denti per un posto nella prossima Champions League. In questo gioco al “nuota o annega”, Pirlo si è presentato più volte ai microfoni e in campo con l’intenzione di continuare a proporre principi ben determinati. L’occupazione di tutti e 5 i corridoi in costruzione, una squadra mediamente lunga per “invadere” bene il campo avversario, ampiezza ampiezza ampiezza, attacco dinamico dell’area di rigore. Come sappiamo, l’applicazione di questi principi è stata – ad essere generosi – ondivaga. Progressivamente, infatti, abbiamo assistito ad uno svilimento degli stessi principi sbandierati ai quattro venti, con la contemporanea discesa nel caos disorganizzato e nell’abbandono di alcune caratteristiche chiave.
Molti osservatori, interni ed esterni al mondo Juve, hanno sottolineato come (forse) una semplificazione di questi concetti – che facili non sono – potrebbe essere benefica alla squadra. Alcuni, senza grande riscontro, addirittura hanno riportato una refrattarietà del gruppo squadra ad un calcio complesso. Da qui, la paventata esigenza di scendere a compromesso tra l’ambizione di ampio respiro e la necessità del brevissimo termine.
Per quanto a molti di noi questo cerchiobottismo ha sempre fatto alzare un sopracciglio, la partita contro il Napoli ha messo in mostra un certo riduzionismo. Il 4-4-2 con cui Pirlo ha schierato i suoi era, stavolta, un 4-4-2 abbastanza semplice e lineare. La squadra costruiva con una linea a quattro; due terzini abbastanza bloccati (Alex Sandro e Danilo) bilanciavano due esterni con licenza di attaccare (Chiesa e Cuadrado); i due centrocampisti (Bentancur e Rabiot) avevano posizionamenti simili; le due punte attaccavano ad elastico la profondità e la alternavano al portar fuori un centrale; soprattutto, con uno scaglionamento lineare, i giocatori sono sembrati più propensi a creare linee di passaggio muovendosi senza palla.
L’uscita palla spiccatamente a quattro, aveva come cardine l’allargamento sistemistico dei due terzini, per aprire il pressing del Napoli e trovare così più facilmente i due mediani per far poi progredire l’azione sugli esterni (un’interpretazione molto Contiana).
Senza palla, la Juventus ha rinunciato ad uscite aggressive degli esterni e si è disposta su due linee a quattro molto strette, che lasciavano le fasce a Insigne e Lozano (in seguito Politano) preoccupandosi invece di blindare il centro.
Tutti questi accorgimenti rinunciano di fatto ad alcuni dei succitati principi. Tuttavia, con il futuro di Pirlo molto più che in bilico, forse si tratta di una scelta condivisa con lo spogliatoio. Il tempo è agli sgoccioli, la stagione si è trasformata in un incubo, assicurarsi la Champions League è una questione in cui la Juventus si gioca la sopravvivenza: e quando c’è la sopravvivenza in ballo, l’istinto prevale su qualsiasi altra considerazione, specialmente su quelle a lungo termine.