di Andrea Lapegna
La partita di Crotone è stata meno semplice del previsto. Il merito va all’organizzazione degli uomini di Nicola, che hanno però dovuto abdicare alla superiorità della Juventus.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]I[/mks_dropcap]l grande, innegabile merito della partita con il Crotone è aver rimesso la classifica in prospettiva. La vittoria sui generosi calabresi regala alla Juventus le ritrovate distanze con le inseguitrici e costringerà forse a qualche titolo celebrativo in meno i giornali. Altri punti a favore della trasferta in Calabria sono la grande accoglienza e la festa sugli spalti dello Scida ogni volta che la Juventus scende a Crotone (era già successo in Serie B): se la massima serie italiana non merita di vedere squadre già retrocesse alla fine del girone d’andata, i tifosi pitagorici hanno ben diritto a gustarsi per un po’ il grande palcoscenico.
Poiché il recupero della 18a di Serie A cade inevitabilmente in mezzo alla settimana, due sono i filoni per interpretare la formazione di Allegri. Il primo è un minimo di turnover per chi ha giocato di più (Cuadrado, Lichtsteiner, Pjanić, Alex Sandro) in ragione sia del calendario fitto che dell’impegno non proibitivo; il secondo invece è un rafforzamento del modulo attraverso cui i principi di gioco delle ultime uscite hanno trovato solida applicazione.
Il Crotone invece fa compagnia a Pescara e Palermo nel trio di candidate alla retrocessione più mesto che la Serie A ricordi. Ciononostante, la squadra di Nicola ha una solida fase difensiva, e non ha (ancora) preso imbarcate tennistiche in Serie A: il risultato più largo è stato il 4-0 a Roma, episodio isolato. Nicola per l’occasione abbandona il 4-3-3 d’ordinanza e schiera i suoi con l’abito del 4-4-2. Mesbah e soprattutto Rosi garantiscono spinta sulle fasce, Stoian è fatto arretrare sulla linea dei centrocampisti e Falcinelli rimane il punto di riferimento avanzato per tutta la squadra (ma anche per le difese avversarie).
Dai primi minuti di gioco è evidente che il Crotone abbia impostato una partita di grande attenzione. La doppia cerniera davanti alla porta di Cordaz è attenta sia a non lasciare troppo spazio dietro di sé che a non scivolare mai all’indietro concedendo metri di campo alla pressione bianconera. Un’attitudine questa che ha portato in dote alla Juventus il completo controllo del pallone (addirittura 81% nel primo tempo), ma non quello del campo. In buona sostanza, il Crotone ha voluto rimanere molto più attento a uomini e spazi che non all’oggetto del contendere, ovvero la sfera.
Il 4-4-2 dei calabresi
La tattica in realtà ha pagato discreti dividendi nella prima frazione. La strategia dei pitagorici è stata quella di lasciare alla Juventus la costruzione bassa dei difensori, senza portare pressione particolare se non sporadici (e probabilmente controproducenti) tentativi personali sul portatore. Il trigger per una pressione più ragionata era l’inevitabile imbuto che portava la Juventus ad agire sui corridoi laterali: col centro chiuso da una triplice linea Maginot (attacco, interni e centrali) Bonucci e Rugani non avevano scelta se non passare per i terzini. Con l’isolamento del laterale difensivo, Stoian e Sampirisi chiudevano con l’aiuto di puntuali raddoppi il campo – già ristretto dalle linee laterali – agli esterni bianconeri, che erano così costretti a tornare dai propri centrali.
La Juventus si è trovata in questo modo a dover superare le linee del Crotone alzando il pallone. Con colpevole ritardo Bonucci e Rugani hanno cominciato a cercare Higuaín e Mandžukić con palloni alti, non sempre precisi ma certamente telefonati per la difesa avversaria. Le opportunità maggiori per combinare efficacemente nello stretto sono arrivate quando i giocatori di maggior qualità hanno deciso di alzare il ritmo della circolazione.
Al di là di questi lampi, la circolazione della Juventus è perimetrale. Rugani e Bonucci rimangono apertissimi e possono dilatare le distanze tra di loro proprio in virtù dell’assenza di pressione spingendo così i propri terzini in alto, con un effetto domino anche sulle ali. Per dare un’idea del fraseggio basso: Bonucci e Rugani sono stati i due giocatori a tentare più passaggi, ben 156 e 147 rispettivamente, un’enormità. Viene però così a mancare il centro del campo, elemento essenziale nel gioco, la cui assenza si è sentita particolarmente in mancanza di Pjanić. Rincón non è stato quasi mai coinvolto nella costruzione del gioco, e nemmeno Khedira, troppo preoccupato ad alzare la propria posizione per tenere bassa la difesa del Crotone. Il centro del campo rimane vuoto.
In questo momento le combinazioni veloci sugli esterni sono l’unica vera arma per scardinare l’organizzazione del Crotone. I bianconeri offrono un giro palla lento, ma sembrano più interdetti dall’organizzazione della squadra di Nicola che non ignari della soluzione all’enigma. La superiorità tecnica della Juve ha prodotto solo tiri dalla media distanza. Tuttavia, quando queste combinazioni riuscivano, i risultati erano evidenti, ma la Juventus è riuscita solo di rado a creare un contesto teso all’accelerazione dei ritmi e della velocità d’esecuzione.
Come in questo caso
La squadra di Allegri non ha nemmeno avuto occasione di portare la pressione che aveva contraddistinto gli albori di questo sistema di gioco. La fase di manovra ragionata del Crotone non è praticamente mai esistita, dal momento che – consapevole delle difficoltà in transizione – Nicola ha preferito affidare a sistematici lanci lunghi la risalita del pallone. L’obiettivo era Falcinelli, ma la copertura di Rugani (8 duelli vinti sui 9 ingaggiati) è stata eccellente. Ciononostante, la Juventus non ha rinunciato al proprio pressing. O meglio, si è trattato di un pressing portato in porzioni di campo altissime, perché il Crotone ha da subito rinunciato a costruire: la pressione si sostanzia così nella riconquista del pallone negli istanti immediatamente successivi alla perdita.
Attorno al trentesimo minuto Allegri ha cominciato ad individuare nel sovraccarico delle fasce il grimaldello per aprire la cassaforte del Crotone. Il primo segnale in questo senso, è la rotazione dei tre trequartisti: Dybala si sposta a destra, Pjaca a sinistra e Mandžukić qualche metro dietro ad Higuaín. Questa mossa ha il duplice effetto di spostare contemporaneamente più qualità sugli esterni e al tempo stesso più fisico in area. La strategia sarà portata a compimento con l’inizio della ripresa, quando i terzini cercheranno con insistenza la superiorità numerica sugli out per andare al cross. La Juventus arriva sul fondo con costanza e comincia così l’opera di rifornimento agli attaccanti in area: accanto a Higuaín ci sono adesso anche Mandžukić e Pjaca in pianta stabile, e Dybala che da esterno destro aveva più di una licenza di accentrarsi sia per cercare il dialogo nello stretto che per avventarsi sulle seconde palle.
Il nuovo assetto offensivo
Da una di queste situazioni nasce il gol del vantaggio, con Mesbah che non è riuscito ad impedire il cross di Dani Alves e sul cui prosieguo Mandžukić è riuscito a sbloccare la situazione. Con questo impianto la Juventus riesce a sovraccaricare di uomini un lato del campo, con più possibilità di arrivare sul fondo. A furia di metter dentro palloni, anche dalla trequarti, la difesa del crotone di è dovuta arrendere. La situazione degli esterni opposti (Asamoah e Pjaca) entrambi contemporaneamente in area ha creato a Rosi il dilemma di poterne seguire uno solo.
Notare i 4 giocatori bianconeri nei 16 metri, con Dybala appena fuori
A questo punto il Crotone ha visto il proprio copione stralciato e non ha trovato nulla di meglio che non provare a riversarsi in avanti, creando inevitabilmente più spazio per la Juventus. Il piano gara di Nicola è però povero in questo senso, e il primo tiro verso la porta di Buffon è registrato al 62° minuto, peraltro inoffensivo. Sbloccata la partita, la Juventus ha potuto fare ciò che più predilige, ossia difendersi attraverso il possesso del pallone, tenendo così gli avversari lontani dalla propria porta.
Le sostituzioni di Allegri sono state poi conservative, del modulo e del sistema di gioco. Nicola invece è tornato al 4-3-3, per provare a ridare alla squadra una connotazione più offensiva, o quantomeno un canovaccio che i suoi sapessero interpretare in quei pochi momenti con la palla tra i piedi. In realtà solo nelle intenzioni, perché i pericoli portati a Buffon sono stati inconsistenti. C’è stato anzi il tempo perché Higuaín trovasse il sedicesimo centro in campionato, su delizioso suggerimento di Rincón che verticalizza un’ottima conduzione collettiva in orizzontale.