Nei mesi invernali la Juventus ha archiviato, con successo, sia la questione campionato (la matematica del trentasettesimo dovrebbe arrivare già sabato) che la sbornia della rimonta portata all’Atlético. Dopo il sorteggio dell’urna di Nyon, la compagine bianconera ha avuto tutto il tempo necessario ed auspicabile per preparare al meglio l’importantissima sfida di Champions League contro i campioni d’Olanda dell’Ajax.
Ciononostante, alcune assenze pesanti hanno finito per condizionare la formazione schierata da Massimiliano Allegri. Chiellini è capitano e leader indiscusso della difesa, ma è forse la defezione di Emre Can a condizionare di più l’assetto scelto; il tedesco era il fulcro di quell’ibrido a metà tra il 3-5-2 e il 4-4-2 che Allegri aveva proposto con successo in Champions e poi affinato in campionato. Venendo a mancare la chiave di volta, tutto il sistema ha finito per collassare su se stesso, ripiegando verso un più sicuro e ortodosso 4-3-3. Szczęsny; Cancelo, Rugani, Bonucci, Alex Sandro; Bentancur, Pjanić, Matuidi; Bernardeschi, Ronaldo, Mandžukić.
Erik ten Hag dal canto suo ha recuperato de Jong, in forse inizialmente per una botta alla caviglia, e può schierare la formazione tipo – se si eccettua la squalifica del terzino Mazraoui. Il 4-2-3-1 dei lancieri recita: Onana, Veltman, de Ligt, Blind, Tagliafico; Schöne, de Jong; Ziyech, Van de Beek, Neres; Tadić.
In realtà lo schieramento dei padroni di casa è molto più flessibile di quanto non dicano i numeri. Frankie de Jong in effetti si abbassava molto spesso sul centro sinistra della propria difesa per facilitare l’uscita del pallone: con i terzini alti a larghissimi, questo disegnava quasi un 3-4-3 piatto che per precisione delle posizioni non poteva essere un caso estemporaneo. Inoltre, il passaggio dal più iconico 4-3-3 ad un centrocampo a due fu intrapreso per assecondare le caratteristiche di inserimento di Van de Beek, nonché per sfruttarne le doti di riaggressione ed averlo così in porzioni di campo più avanzate. Compensando i suoi movimenti su tracce verticali, Tadić è quindi libero di cercarsi la miglior zona di ricezione, spesso alle spalle del centrocampo avversario, ed innescare così le funamboliche ali.
Il leit-motiv della gara è stata infatti una pressione costante dell’Ajax sulla difesa della Juventus, che si è tradotta in una netta supremazia territoriale. L’Ajax non soltanto ha comandato il gioco tenendo il pallone per il 58%, ma ha applicato il mantra cruijffiano di recupero immediato del pallone, tornandoselo a prendere ben 23 volte nella metà campo bianconera, con un’altezza media di recupero di 45 metri. A differenza di altre squadre, Real Madrid in testa, la Juventus ha però accettato di buon grado una situazione di passività. Rispolverando una brillante difesa dell’area di rigore, Allegri ha basato il proprio piano gara sulla negazione di quella profondità indispensabile al gioco dell’Ajax. E per la maggior parte della gara questo ha funzionato.
Ciononostante, l’Ajax è stato in grado di creare qualche grattacapo al 4-4-2 in non possesso della Juventus. Nel primo tempo i maggiori pericoli si sono manifestati quando gli olandesi sono riusciti a liberare Ziyech al tiro dopo combinazioni strette (situazione che si è riproposta per ben tre volte). Oltretutto, il tridente ajacide rimaneva molto mobile, scambiandosi spesso di posizione. Va detto inoltre che l’Ajax giocava molto stretta, e questo facilitava il compito della difesa, che poteva concentrarsi sul lato palla senza preoccuparsi di eventuali cambi di gioco: preoccupata dalla difesa della profondità, la Juventus si è trovata ad avere gioco facile anche nella difesa dell’ampiezza. Se da un lato è vero che la Juventus lasciava arrivare l’Ajax ai trenta metri senza apparente difficoltà, l’ottima difesa posizionale dei bianconeri mandava fuori giri la pressione dell’Ajax, frustrandone la passione con una fase difensiva quasi irreprensibile. In fin dei conti, l’Ajax non ha creato grandissimi pericoli all’atto pratico.
I problemi per la Juventus arrivavano nel momento in cui doveva però costruire. Nei piani di Allegri, probabilmente, la Juventus avrebbe dovuto sfruttare con maggior costanza e certamente maggior precisione le praterie lasciate dietro il centrocampo dalla riaggressione avversaria; ma questo è avvenuto decisamente di rado. Il gegenpressing avversario ha infatti costretto la Juventus a molti errori in fase di uscita e non è un caso che i maggiori “sciupatori” di palloni siano stati quei giocatori deputati ad un’uscita più pulita (Cancelo 11 palloni persi, Pjanić e Bonucci 8). L’Ajax castrava la costruzione della Juve con due espedienti: il primo consiste nella semplice schermatura di Pjanić da parte di Van de Beek, che l’ha seguito praticamente a tutto campo con grande applicazione. Il secondo è stato invece aver tenuto i tre attaccanti molto stretti e vicini tra loro: questo, unito alla grande densità in zona palla, ha permesso all’Ajax di soffocare ogni transizione della Juventus.
A causa della pressione, la Juventus ha risolto molti possessi bassi con il lancio lungo. Una delle armi del primo tempo è stata dunque il lancio lungo su Mandžukić, che però non è apparso brillante e non è riuscito né a tenere palloni per far salire la squadra, né ad offrire seconde palle giocabili a Bernardeschi. La posizione del numero 33 vale un approfondimento: se nel 4-4-2 senza palla l’ex viola occupava la casella di esterno destro, con la palla era libero di svariare, raccogliere palloni dalle punte, ed innescare ripartenze. In effetti, la squadra di Massimiliano Allegri si avvicinava alla porta avversaria solo dopo esser riuscita a consolidare il possesso.
In questo contesto, entrambe le reti nascono da episodi piuttosto rari durante le fasi principali della partita. La Juventus passa in vantaggio su un break: una situazione che avrebbe dovuto sfruttare più spesso, ma che invece non è riuscita a prendere con costanza. L’Ajax invece ha approfittato di un errore individuale di Cancelo, che sbaglia non tanto il controllo, quanto piuttosto la postura nel difendere l’uno vs uno con Neres: il portoghese sarà altrimenti irreprensibile in fase di non possesso per tutta la gara (da rivedere invece il suo contributo con il pallone tra i piedi).
Con la gara in equilibrio, e a 20 minuti dalla fine, Allegri opera le sostituzioni che avrebbero dovuto cambiare l’inerzia della sfida. Dybala e soprattutto Douglas Costa servivano a spaccare la gara e sfruttare finalmente lo spazio dietro il centrocampo avversario. Il brasiliano in particolare è rientrato alla grande dopo il lungo infortunio, e si è preso in poco tempo la palma di riferimento offensivo per i compagni. La Juve è stata brava a pescarlo in isolamento sulla sinistra, e Veltman non è stato all’altezza dell’arduo compito (soprattutto dopo oltre un’ora di gioco e fatica). Costa ha completato con successo 5 dribbling su 5 tentati – solo Bentancur ha fatto meglio, 6 su 6, ma su tutta la partita – ha colpito un palo, ma soprattutto ha dato l’impressione di poter guadagnare tanto campo in qualsiasi momento, che è esattamente quello di cui la Juventus ha avuto bisogno per tutta la gara. Una sorta di salvifica oasi nel deserto. E probabilmente questa è stata esattamente la gara immaginata da Allegri, come svolgimento: d’altra parte lui è stato ad un palo dal jackpot.
Per la gara di Torino, la Juventus deve ripartire da queste transizioni se vuole impensierire l’Ajax. Non solo: bisogna anche rendersi conto che l’Ajax spingerà sin dal primo minuto per cercare quel preziosissimo gol in trasferta, e questo esporrà ancor di più i suoi scompensi in difesa. Un’occasione che la Juventus non dovrà mancare se vuole continuare il percorso verso la finale di Madrid.