Perché McKennie è diventato fondamentale per la Juve di Pirlo?

Nella finale di Supercoppa italiana contro il Napoli, abbiamo avuto nuovamente modo di constatare quanto ormai il texano sia diventato indispensabile nei meccanismi della squadra di Pirlo. Sebbene a livello tecnico non sia stata la miglior prestazione offerta sin qui dallo statunitense, la capacità di svolgere diverse funzioni in una singola partita fa di lui un giocatore imprescindibile sotto il profilo squisitamente tattico.

Fase offensiva

Nella fase di costruzione, sgravato dalla mansione di cucire il gioco (ci hanno pensato Arthur e Bentancur) è stato abilissimo nel galleggiare in zona di rifinitura alle spalle dei centrocampisti centrali del Napoli (Demme e Bakayoko) e davanti a Mario Rui. Questo continuo movimento, oltre a favorire i passaggi chiave dei difensori e dei mediani centrali bianconeri in una porzione di campo potenzialmente molto pericolosa, ha disorientato e non poco le scalate dei partenopei, sempre indecisi sul seguirlo o meno.

Quando in zona di rifinitura hanno agito altri uomini (nella foto Bernardeschi) il texano si è preoccupato di riempire gli spazi creatisi alle spalle dei difensori avversari, garantendo alla squadra quella profondità di cui necessita e che per caratteristiche sia Ronaldo che Kulusevski (sebbene ci abbiano provato) non hanno come primaria dote.

Impressionante infine, come in tutte le azioni nelle quali la Juventus è riuscita a sfruttare l’ampiezza, McKennie sia stato capace di riempire l’ area di rigore con un tempismo ed una capacità di trovare la posizione all’ interno della stessa assai rara. Quello della costante presenza di molti uomini all’ interno dei 16 metri, è uno degli aspetti sul quale i bianconeri sono riusciti ad apportare un significativo miglioramento rispetto alla scorsa stagione.

Fase difensiva

Anche nella fase difensiva, molto interessanti – e differenti a seconda della zona di costruzione ospite – le mansioni svolte dallo statunitense. Quando il Napoli ha deciso di manovrare prediligendo il suo lato sinistro, McKennie ha agito da esterno destro classico di un centrocampo a 4 uscendo spesso (ed energicamente) su Mario Rui, ma soprattutto con il supporto prezioso di Cuadrado si è preoccupato di limitare al massimo l’ asse del portoghese con Insigne, ricordando forse quanto bene fecero i 2 in costruzione nella sfortunata trasferta dei partenopei a Milano contro l’Inter.

Interessante la posizione occupata invece, ogni qualvolta il Napoli ha deciso di costruire sul proprio lato destro. Ha sempre stretto tantissimo accanto a Bentancur, innanzitutto per aiutare il compagno (non costretto in questo modo a coprire troppi metri, come contro l’ Inter) ma anche e soprattutto per limitare le verticalizzazioni su Zielinski alle loro spalle e per permettere ad Arthur di alzarsi ed andare a disturbare i costruttori (molto più Demme che Bakayoko).

Conclusioni

I 12.354 m percorsi durante l’ intero match (nessuno più di lui) sono la fotografia che più rende merito all’ impegno e al sacrificio dimostrato ancora una volta da McKennie. Un giocatore in grado di giostrare con la stessa naturalezza in zona di rifinitura, in ampiezza, in area di rigore o in profondità. Per non parlare dell’ enorme contributo che in ogni sua presenza dedica alla fase di non possesso. Molte funzioni in un solo calciatore. Sono convinto che veramente il texano possa essere (tatticamente) l’ uomo in più della Juventus di Pirlo.

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