La Juventus ha ingaggiato le prestazioni sportive di Gianluigi Buffon. E già cosi fa strano. Fa ancora più strano pensare che la Juventus l’ha ripreso dopo l’anno che il portierone ha trascorso a Parigi. Quali sono le ragioni che hanno spinto la società a compiere una scelta, per certi versi, reazionaria?
Ci sono diverse teorie accreditate. Alcuni sostengono che la Juventus abbia preso l’iniziativa e abbia contattato Buffon, altre invertono la prospettiva e vogliono lo stesso Buffon spingedere per un ritorno. A me a volte piace immaginare i dirigenti bianconeri sghignazzare e farsi beffe di tutti noi e delle innumerevoli, inutili polemiche che puntualmente si scatenano sui social ad ogni decisione presa dalla nostra squadra del cuore. Nulla di realistico, chiaramente, perché una società seria come la Juventus non presta certo attenzione alle zuffe twitteriane che contraddistinguono la community bianconera. Però è innegabile che, pur involontariamente, la nostra dirigenza sia una garanzia in questo senso: l’esonero di Allegri, l’arrivo di Sarri, l’eventuale cessione di Cancelo. Tutte questioni per certi versi controintuitive e sorprendenti, su cui abbiamo buttato ore e ore del nostro tempo su Twitter. Ora, un altro colpo di scena: Buffon torna alla Juve!
Genesi
Inutile negarlo, nel momento in cui Di Marzio ha dato la notizia, tutti noi tifosi siamo rimasti basiti. Era da qualche giorno che questa voce circolava, seppur senza troppa convinzione, e nel momento esatto in cui avevamo cominciato a contemplare l’idea il processo si era subito arrestato. “Impossibile”, ci siamo detti. “La Juve non farebbe mai una cosa del genere!”.
E invece è successo davvero e c’è voluto qualche minuto a realizzarlo. Non è difficile capire la scelta dalla prospettiva di Gigi stesso. Non è nemmeno questo il punto. Ciò che invece sembra più interessante è cercare di comprendere la logica con cui ha agito la società, compiendo una scelta all’apparenza incomprensibile, appunto.
Il presupposto da cui partire è l’imminente dipartita di Perin. L’ex Genoa è rimasto insoddisfatto del minutaggio a disposizione, e presa coscienza dell’impossibilità di insidiare Szczęsny nel ruolo di numero uno, pare abbia chiesto la cessione in una squadra con meno ambizioni dove proporsi come titolare. La Juve, quindi, cercava di fatto un portiere di esperienza che possa dare garanzie nelle poche (si spera) partite in cui Szczęsny non sarà impiegato. Magari, aggiungiamoci anche che la società è entrata nell’ottica di non investire risorse nel ruolo (leggasi: non reinvestire la probabile plusvalenza derivante da Perin).
E fin qui, nulla di strano. Certo, dopo una buona prima parte di stagione al PSG Buffon si è reso protagonista di alcuni errori troppo grandi da far passare in cavalleria, ma da secondo, per poche partite stagionali, Gigi sembra in grado di dare le garanzie che la Juve cerca. Inoltre, l’elemento chiave è che la sua presenza nello spogliatoio può facilitare la veicolazione dei valori juventini dentro e fuori dal campo. Non una banalità. A questo punto sorge però spontanea una domanda: perché non tenerlo già l’anno scorso?
Passaggi di consegne
Per rispondere credo sia necessario partire da quel 17 Maggio 2018, giorno della conferenza d’addio di Buffon alla Juventus. Tra i vari passaggi di un’ora emotivamente segnante, ne ho scelto uno che già all’epoca mi colpì particolarmente:
“La Juve ha un portiere che vale me e ha 27 anni, e con la mia presenza sarebbe sempre costretto a subire paragoni inutili, che non farebbero il bene di nessuno”
Messaggio chiarissimo. Era arrivato il momento di Szczęsny, che si apprestava a raccogliere l’eredità più pesante della storia del ruolo. La presenza di Buffon poteva però essere ingombrante, perché dopo aver “vissuto” il più grande della storia recente la tentazione di chiedere a gran voce il suo ritorno tra i pali sarebbe stata troppo ghiotta per chiunque, al primo errore commesso da Tek.
Invece ci ha pensato lo stesso Buffon a dissipare gli ultimi, fugaci dubbi.
Gerarchie chiare e quindi decisione sacrosanta, degna di una società che vuole programmare al meglio il futuro. Cos’è cambiato allora, nel giro di un anno?
Tutto, ma forse non ce ne siamo nemmeno accorti. Il primo anno d. B. è filato via liscio come l’olio, senza che nessuno sentisse la sua mancanza, almeno in campo. Noi forse non ci abbiamo fatto caso, proprio perché Szczęsny si è dimostrato un portiere non solo di altissimo livello, ma anche dotato della leadership necessaria a guidare la retroguardia bianconera. C’è un’intervista molto significativa al riguardo, in cui il polacco spiega perché secondo lui è importante conoscere alla perfezione l’italiano: non solo per potersi fare capire, ma anche per trasmettere proprio quel senso di leadership che tranquillizza e dà fiducia alla propria difesa.
Numero 77
Io, personalmente, non ho mai sentito dire a colleghi juventini “eh, non c’è più Buffon”. Mai, nemmeno una volta. Ed è proprio questo a dover dare la dimensione della stagione disputata da Szczęsny. Potrebbe dunque essere questa la grande differenza con un anno fa: la Juve potrebbe aver ritenuto pressoché nullo il rischio di ritrovarsi alle prese con “paragoni inutili”. La Juve potrebbe aver pensato che ormai ci siamo, giustamente, abituati a Wojciech e che a nessuno salterebbe mai in mente di ridiscutere le gerarchie fra i pali. La presenza di Buffon non sarebbe più un’ombra sul nostro primo portiere, il cui ruolo di numero 1 non è e non sarà in discussione – né metaforicamente né letteralmente, come abbiamo sentito.
Piuttosto, come già accennato in precedenza, il ritorno di Gigi servirebbe a rafforzare ancora di più uno spogliatoio già di per sé molto coeso ma che si appresta ad inserire elementi nuovi, alcuni anche molto giovani. Forse è questa la logica che ha mosso la Juventus. Szczęsny ha le spalle larghissime e nemmeno il ritorno del “numero uno dei numeri uno” può metterlo in difficoltà. Gigi, invece, si appresta a lasciare ancora una volta il segno sul mondo bianconero, stavolta in maniera diversa rispetto al passato.