In questi ultimi anni, la netta ascesa del calcio femminile a livello nazionale ed internazionale, ha portato alcuni esponenti, ex addetti ai lavori del calcio maschile, a rilasciare delle dichiarazioni in merito ad eventuali cambiamenti delle regole per le ragazze come per esempio avviene in altri sport per favorirne l’aumento dello spettacolo.
L’ultimo in ordine cronologico è stato Fabio Capello che, a margine della premiazione dei Laureus Awards, si chiedeva come mai non si era ancora giunti alla riduzione delle dimensioni delle porte e del campo di gioco per il calcio femminile.
Scrivendo questo articolo non pretendo di avere ragione ma vorrei portare il lettore a farsi una propria idea sul perché questi cambiamenti sarebbero prima di tutto un grosso ostacolo per la crescita del movimento, soprattutto in questo momento storico e come, alla fine, non siano così necessari come si potrebbe pensare.
Partiamo da una premessa: qui in Italia il calcio femminile sta profondamente cambiando stagione dopo stagione grazie all’entrata in campo della Juventus e poi a catena di tante altre squadre professionistiche maschili che hanno visto nel femminile un ulteriore possibilità di crescita; un calcio in cui la stessa Fifa crede molto, tanto da decidere di investire 1 miliardo di euro in questo quadriennio 2019-2024.
Oggi, nei diversi paesi in giro per il mondo, il calcio femminile viaggia a varie velocità: ci sono gli Usa che sono un mondo a parte e che eccelle in questa disciplina da almeno due decenni. C’è poi l’Europa, divisa fra paesi in cui il calcio femminile è già sport professionistico e che hanno iniziato a programmare da diversi anni (Francia, Germania, Inghilterra, Spagna), altri in cui il percorso è appena all’inizio come in Italia.
Ci sono poi quelle realtà, europee e non, dove fino a poco tempo fa esisteva appena una nazionale e che solo negli ultimi mesi si sono mosse per creare un proprio movimento con la nascita di un campionato interno. In un momento del genere è quindi importante valutare qualsiasi cambiamento o scelta che può sfavorire lo sviluppo in giro per il mondo di questo meraviglioso sport.
Nel corso del tempo, oltre alle dimensioni di porte e campo, si era anche parlato di accorciare i tempi di gioco, minore dei 90 minuti regolamentari. Questa è la modifica più facilmente attuabile per il calcio femminile ma non sono i 10 minuti in più o in meno a garantire uno spettacolo maggiore per questo sport. Piuttosto, come sta avvenendo in questo momento storico in Italia, è evidente come sia sufficiente garantire una preparazione atletica adeguata alle ragazze, dando loro i mezzi per giocare con la stessa intensità per tutti i 90 minuti. In fondo, per esempio, la maratona in atletica viene corsa sia da uomini che da donne, l’unica palese differenza è ovviamente il tempo in cui questa distanza viene coperta. Diverso invece è il discorso se parliamo di una riduzione delle dimensioni delle porte e/o del campo.
Impraticabilità
Queste modifiche andrebbero innanzitutto contro il principio di favorire l’espansione del calcio femminile nel mondo perché avvantaggerebbero ancora di più i paesi (e le società sportive) più ricche e lascerebbero indietro coloro che non possono permettersi strutture nuove.
Oltre ad una questione di denaro, nei paesi e nelle società meno abbienti, si arriverebbe ad una grossa difficoltà logistica nel reperire nelle vicinanze strutture adeguate non solo per le partite ufficiali ma anche per gli allenamenti. Se oggi una ragazzina può magari trovare una società sportiva nell’arco di pochi chilometri, un domani sarebbe costretta a veder aumentato anche considerevolmente questa distanza con il rischio concreto di abbandono del calcio e ripiego su qualche altro sport più vicino a casa. In fondo lo stesso VAR o la goal line technology sono strumenti importanti ma sono adottati solo in alcune manifestazioni: se sono così utili perché allora non allargarne l’utilizzo? Costi ed impraticabilità, lo stesso medesimo concetto che varrebbe in questa occasione.
Quindi avremmo meno diffusione, meno tesserate ed un grosso ostacolo soprattutto per i paesi che non dispongono di risorse da destinare al calcio femminile. Il calcio è uno sport popolare e facilmente praticabile, perché andarlo a complicare per le ragazze per una mera questione “soggettiva”?
Quindi piuttosto che ragionare sui cambiamenti di regolamento, sarebbe forse utile approfondire questo tema da un altro punto di vista ovvero esaminare perché esistono questi problemi e se ci sono effettivamente altri modi meno “traumatici” per risolverli.
I cambiamenti non sono necessari
Il calcio maschile è nato oltre 100 anni fa ed è continuato a cambiare nel corso dei decenni in quello attuale in cui prima di essere calciatori è essenziale essere atleti. C’è stato infatti un progressivo aumento della velocità ed intensità di gioco, e anche (e soprattutto) per i portieri c’è stata una selezione naturale del ruolo con, nella maggioranza dei casi, uomini dall’altezza media ben superiore al 1.80m.
Il calcio femminile ha mosso, anche in Italia, i primi timidi passi nel secolo scorso (testimone per esempio la squadra femminile di Borsalino in Alessandria del dopoguerra nel 1948) ma solo verso la fine degli anni 60’, si sono disputati i primi campionati fino ad arrivare alla stagione 1986/87, la prima stagione ufficiale sotto l’egida di FIGC/LND.
Si tratta quindi di uno sport veramente giovane che ha avuto poche possibilità di evolvere con gli scarsi mezzi a disposizione: solo dai primi anni 2000 in alcuni paesi europei è iniziata una vera programmazione ed investimenti di cui oggi si vedono i frutti (Francia in primis, Germania, Inghilterra). In Italia, come sappiamo il cambiamento è recentissimo.
Chi ha seguito fin dall’inizio la Juventus women, ha visto questi miglioramenti che hanno portato a risultati storici come la qualificazione al mondiale dopo 20 anni di assenza e, successivamente, ad un quarto di finale battute a testa alta solamente dalle campionesse d’Europa e vice campionesse del mondo dell’Olanda. Tradotto: oggi le calciatrici italiane si sono avvicinate maggiormente anche all’etichetta di atlete e per questo riescono a tenere il campo con la stessa intensità per tutti i 90’, azzerando o quasi quel gap fisico che le nostre ragazze si trovavano di fronte a livello internazionale.
In Europa ed in altre parti del mondo, questo succede già da molti anni e, con un aumento del livello medio delle squadre anche da un punto di vista tecnico e tattico, si vedono sempre più partite equilibrate dove l’ultimo dei problemi sono le dimensioni del campo.
La differenza fra i due sessi è biologia: è evidente e lo sarà per sempre ma in una partita di calcio femminile si potranno apprezzare altre caratteristiche che sono meno predominanti di quello maschile attuale e vicerversa.
Un calcio che, per certi versi, ricorda molto quello passato, più lento, meno fisico ma comunque in grado di regalare le stesse emozioni. A molti tifosi potranno piacere entrambi, ad altri piacerà l’uno rispetto all’altro ma diventa esclusivamente una scelta soggettiva in cui entrambi hanno il diritto sacrosanto di avere pari dignità e possibilità.
Il “problema” della qualità è poi soprattutto dovuto al numero di praticanti.
È intuitivo il fatto che il bacino di calciatori sia decisamente più numeroso di quello femminile per cui, alla differenza biologica fra i sessi, si somma anche la possibilità di pescare per le squadre di alto livello, da un bacino nettamente più ampio.
In tanti altri paesi Europei, come si vede dalla tabella più in alto, il numero delle tesserate è più ampio di quello Italiano (13° posto europeo come numero di tesserate) ma lo è ancora maggiore, rispetto agli altri paesi, la proporzione fra calciatori e calciatrici.
In questi ultimi anni, in Italia, si sono gettate importanti basi per il futuro che incominceranno a vedersi solamente fra qualche anno, quando la nuova generazione di bambine che sin da piccole hanno potuto lavorare sfruttando organizzazione e strutture all’avanguardia delle società professionistiche e allenarsi con mister preparati, si affacceranno nella massima serie.
In questo contesto è da inserire anche la proposta della riduzione delle dimensioni delle porte. Non è assolutamente vero che una donna non può difendere con profitto la porta da calcio: citofonare a portieri come è stata Hope Solo oppure come sono oggi Alyssa Naeher, Ashlyn Harris, Christine Endler, Sari Van Veenendaal o la nostra Laura Giuliani.
Tutte ragazze di talento che avranno meno esplosività di un collega maschio ma sono in grado di togliere un tiro dall’incrocio dei pali senza problemi. Come scritto precedentemente, il problema è che ce ne sono poche perché il numero di portieri donne in giro per il mondo è esiguo.
In più, molti degli attuali estremi difensori,(almeno così succedeva in Italia) iniziano ad allenarsi con l’allenatore dei portieri solamente a tarda età quando raggiungono la prima squadra.
Anche per questo aspetto, con un po’ di pazienza e l’aumento delle praticanti, in un futuro non troppo lontano, vedremo sempre molti più portieri sul livello delle numero uno citate in precedenza.
Personalmente penso che al calcio femminile per poter essere più spettacolare e crescere non servano cambi di regolamento e questo lo dicono a gran voce anche le stesse ragazze o le ex calciatrici come Carolina Morace.
Al calcio femminile va dato innanzitutto il tempo e lo spazio per crescere, visibilità e coraggio da parte delle società (ma soprattutto degli sponsor) nel credere in uno sport giovane che ha ampi margini di miglioramento e che la stessa FIFA ha definito il “calcio del futuro”. A questo sport serve che i tifosi di calcio maschile diano a queste ragazze una occasione senza pregiudizi e senza aspettarsi di ritrovare nel femminile lo stesso calcio giocato dagli uomini. Ci sarà minore intensità e forza fisica, i contrasti saranno meno ruvidi ma al contempo prevarrà un calcio più tecnico/tattico meno veloce ma comunque estremamente piacevole e gradevole da vedere.
Non è il campo più piccolo di 10 metri o la porta ridotta in lunghezza di 1 metro a regalare più o meno emozioni: il calcio femminile è perfetto così com’è.