Da quando Andrea Pirlo è stato chiamato ad allenare la Juventus, la questione relativa alla posizione in campo di Paulo Dybala è tornata prepotentemente al centro del dibattito (ne è mai uscita veramente?).
Al Palermo, al suo arrivo in Italia, la Joya veniva impiegato da prima punta, con Franco Vázquez da no.10 alle sue spalle. Questo posizionamento ha favorito l’ascesa di un giocatore che, nelle 89 partite disputate in rosanero, ebbe a realizzare 21 reti, guadagnandosi la chiamata della Juve al termine della stagione 2014/2015.
Arrivato in bianconero, l’argentino ha iniziato un lungo peregrinare per il campo che lo ha portato dal giocare come seconda punta (accanto a Mandžukić) fino al giostrare sempre più lontano dalla porta avversaria. Allegri aveva bisogno di lui da “collante” tra reparti, ma era anche generalmente convinto della impossibilità per l’argentino di poter fare il centravanti in una grande squadra. Con l’arrivo di Cristiano Ronaldo, questa tendenza di Dybala ad agire lontano dagli ultimi sedici metri si è accentuata. Il numero 10 a quel punto è stato prevalentemente impiegato per aiutare la squadra nella risalita del campo.
Cominciò allora a serpeggiare fra fans e media l’idea che il portoghese e Dybala fossero tatticamente incompatibili. Nel giugno 2019 viene presentato alla stampa il nuovo tecnico, Maurizio Sarri. Secondo l’allenatore toscano «Ronaldo e Dybala possono giocare assieme».
Con l’ex tecnico del Napoli in panchina, Dybala ha accentuato la sua inclinazione a giocare nel mezzo spazio destro, contribuendo a creare quel sovraccarico di uomini che Sarri ha utilizzato per moltiplicare le linee di passaggio e consolidare il possesso bianconero dal quel lato.
Una posizione che si è sposata con l’inclinazione dell’argentino a venire incontro al portatore di palla per ricevere palla sui piedi, con la conseguenza però di rendergli difficile la possibilità di andare a riempire l’area avversaria.
In pratica, da quando ha lasciato Palermo l’argentino si è progressivamente allontanato dagli ultimi sedici metri per assurgere ad una funzione meno da attaccante e più da rifinitore. In questo senso, nel calcio di Pirlo il Dybala bianconero rientra nella categoria degli invasori, cioè dei giocatori deputati appunto ad invadere la metà campo offensiva.
Tuttavia, questi giocatori devono anche avere una predisposizione ad attaccare la profondità che Dybala sembra non avere o aver perso. Nel modello di gioco proposto dal nuovo allenatore la squadra sviluppa con un 3-2/4-1, vale a dire con cinque costruttori e altrettanti invasori. In fase di possesso la squadra è chiamata ad occupare le zone di ampiezza (quelle esterne) e rifinitura (fra le linee di difesa e centrocampo avversarie) ma anche ad attaccare la profondità.
Come dice Viscidi, per far gol bisogna andare oltre la linea difensiva dell’altra squadra. La questione Dybala riguarda quindi la sua attitudine ad andare in profondità, anche con corse di ‘sacrificio’, cioè non premiate da un passaggio ma utili per far rinculare la linea avversaria e liberare i compagni.
Cioè esattamente le stesse cose ribadite da Pirlo nel dopo-gara del derby quando ha dichiarato che, quando gli avversari si chiudono, ‹‹hai bisogno di muoverti, di trovare più spazio, attaccare più volte la profondità per liberare spazi anche per altri giocatori››. Di contro, andare ad abbassarsi verso il portatore quando quest’ultimo può avanzare o giocare palla in avanti (situazione di palla aperta) finisce per ridurre il numero degli invasori.
Una soluzione potrebbe essere quella di convincere Dybala a tornare a giocare in posizione più avanzata, da attaccante, vicino alla porta avversaria. Una situazione alla quale l’argentino non sembra più abituato ma che, con un dovuto ricondizionamento, potrebbe risolvere il problema di dove utilizzarlo al meglio.