Dopo la vittoria in chiaroscuro contro l’Udinese, dalla Juventus ci si attendeva una prova di forza contro l’attuale capolista. La gara contro il Milan, benché incastonata in un calendario fittissimo, capita ad un buon punto del percorso intrapreso in estate e proseguito non senza alti e bassi. Insomma, per la prima volta da tanto tempo la Juventus era chiamata a dimostrare di essere ancora la miglior squadra della Serie A (e sarà così di nuovo tra una settimana).
Dal lato campo, era interessante capire se Pirlo fosse riuscito a raddrizzare la barra e a riprendere il filo del discorso, spezzato nella brutta prestazione contro la Fiorentina. Il centrocampo a tre e la ritrovata intensità in non possesso erano stati due tasselli importanti del miniciclo di convincenti prestazioni da Barcellona all’Atalanta, ma sembravano essersi smarrite.
Contro il Milan, complici le assenze di Morata, Alex Sandro e Cuadrado (vera e propria chiave di volta della corsia destra) Pirlo non cambia e sceglie di dare continuità al sistema 3-5-2 / 4-4-2 schierando Frabotta a sinistra. Chiesa viene schierato nuovamente a destra, per trovare continuità dopo le ultime ottime prestazioni, e Danilo a mo’ di braccetto dallo stesso lato – lasciandolo scalare da quarto di difesa in non possesso consolidato. A centrocampo, Bentancur viene ancora preferito ad Arthur come vertice (ma più probabilmente per le doti di interdizione, dato che nel suo raggio di azione andava a gravitare Çalhanoğlu). Se Atene piange, Sparta non ride: Pioli stesso deve far fronte a numerose assenze, che lo costringono a schierare Calabria nella coppia di centrocampo e il 21enne Dalot a destra.
Pressing vs uscita palla
Uno dei temi tattici principali dell’incontro è stato lo scontro tra un sistema di pressing molto organizzato ed aggressivo come quello del Milan e l’uscita palla della Juventus. Storicamente uno dei più marcati talloni d’Achille dei bianconeri, la prima costruzione ha subito uno stress test notevole a causa della pressione continua del Milan.
Qui sotto un’immagine esemplificativa. Il Milan porta ben sei giocatori a ridosso della difesa bianconera. Siccome la Juve è tornata indietro da sinistra, la linea a tre è immaginariamente ricostruita con Frabotta molto più basso di Danilo. In questa disposizione, Leão e l’esterno lato palla (Castillejo) ballano tra i centrali, Çalhanoğlu e uno dei due mediani (più spesso Calabria) seguono Bentancur e la mezz’ala che si abbassa – in questo caso addirittura Dybala, le cui “staccate” a venire incontro hanno aiutato più di quanto fosse lecito aspettarsi. Con Castillejo in traccia interna è addirittura Dalot ad alzarsi su Frabotta, mentre Danilo, più alto, è controllato da Hauge con la coppia Chiesa-Theo defilata verso il centrocampo.
La pressione del Milan era spiccatamente orientata all’uomo, con un’aggressività notevole e l’idea di dirottare la manovra verso l’esterno, ove possibile. Specialmente Leão e Castillejo non si facevano tanti problemi a pressare Szczęsny fin dentro l’area piccola, con il polacco che è ricorso al lancio lungo per dare ossigeno alla squadra anche più del dovuto.
La Juventus è uscita più spesso a sinistra, soprattutto nel primo tempo, grazie al lavoro della catena Frabotta – Ramsey – Cristiano su quel lato. Tuttavia, le soluzioni più efficaci sembravano venire dall’altro lato, dove alla manovra si aggiungeva Bentancur, sempre molto generoso con le aperture verso l’esterno.
Ancora più spesso che con soluzioni organiche, la Juventus ne è uscita grazie al lavoro dei singoli. Quando il singolo giocatore riusciva ad eludere la pressione dell’avversario ne scaturiva una superiorità numerica immediata, che ha permesso alla Juventus di riguadagnare velocemente grandi quantità di campo. Nell’immagine qui sotto Bonucci si gira con una grande giocata e, approfittando di un angolo di pressione approssimativo da parte di Çalhanoğlu, riesce a liberare la corsa di Bentancur.
Tuttavia far affidamento sulle capacità tecniche dei singoli è stata un’arma a doppio taglio per la Juventus. Soprattutto nel primo tempo, infatti, l’approssimazione tecnica di Bentancur, Ramsey ed altri ancora ha prodotto un numero consistente di palle perse in porzioni di campo pericolose, che ha conseguentemente dato l’abbrivio per temibili transizioni corte del Milan. Una circostanza evitabile, che infatti è stata poi corretta con l’aiuto più sistematico da parte degli esterni in grado di dare appoggi più svelti e vicini.
Attaccare in campo lungo
Questa pressione asfissiante ha portato una conseguenza notevole per gli equilibri della partita: ha infatti “costretto” la Juventus ad attaccare in campo largo. Ben poche sono stati gli attacchi posizionali dei bianconeri, e la maggior parte dei pericoli sono stati portati quando la Juventus è riuscita ad eludere il pressing di Pioli ripartendo in campo aperto. In questo scenario, la Juventus ha potuto attaccare una squadra sbilanciata, spesso con il solo Kessié a difendere la linea. Chiesa, Dybala e Ronaldo, ma anche un generosissimo Rabiot hanno potuto così breakkare l’azione ribaltando il campo in maniera rapidissima. Nonostante l’assenza di Morata, fenomenale in queste situazioni, la Juventus è riuscita ad occupare bene i corridoi del campo, alzando anche il pallone quando necessario (molto sfruttata la direttrice Dybala – Ronaldo, con entrambe le punte larghe)
Un altro tema fondamentale è stata la capacità degli uomini di Pirlo di isolare Chiesa contro Theo, autore di una partita difensiva quantomeno confusa. Il neo-bianconero è stato bravissimo ad alternare movimenti ad entrare con le corse a prendere il fondo: in questo Chiesa compensava benissimo sia con Dybala (quando il 10 veniva incontro, Chiesa si allungava) che con Ronaldo (che prendeva posizioni più centrali portando via un uomo per evitargli il raddoppio). Una circostanza molto ben preparata da parte di Pirlo e che si rivelerà determinante per il risultato.
Abbiamo ritrovato la difesa posizionale?
Senza palla (e senza McKennie) la Juventus è riuscita raramente a recuperare il pallone in zone pericolose. Di conseguenza, ha passato lunghe fasi del match in difesa posizionale, con un 4-4-2 molto stretto e forse esageratamente basso. Se da un lato questo ha concesso molto (troppo) campo al Milan, va sottolineata la grande prova di Bonucci e di De Ligt che sono stati attentissimi a non concedere ricezioni in area di rigore. Il Milan ha sì tirato ben 20 volte verso la porta di Szczęsny, ma da questi tiri insistiti ha ricavato solamente 1.03 xG, segno che le conclusioni di scarsa qualità erano le uniche concesse.
Vale la pena anche menzionare la grande prova difensiva di Chiesa, che è stato un’ombra su Theo, andando quasi a comporre una linea a 5 quando il francese saliva e Hauge entrava dentro il campo. Danilo sentitamente ringrazia per l’aiuto.
I cambi di Pirlo
Benché un po’ tardivi, i cambi di Pirlo hanno puntellato i difetti della squadra e soprattutto sono stati fondamentali per consolidare il risultato. McKennie ha dato un contributo decisivo nello sporcare il giro palla del Milan (e poi ha pure segnato…). Arthur, invocato da tutta la tifoseria per dare sicurezza all’uscita palla, ha invece “messo in banca” il giro palla, usato come arma per difendersi per tenere il Milan lontano dall’area di rigore. Il brasiliano è formidabile nel gestire pallone e tempi di uscita, e al contempo l’uscita di Bentancur ha evitato all’ex Boca un potenziale secondo giallo. Kuluševski sarà anche senza una posizione definita in campo, ma è innegabile che abbia dato una grossa mano a riempire gli spazi lasciati liberi da un Milan ormai stanco. Insomma, cambi funzionali ad un piano gara già efficace.
La Juventus ne esce con una prestazione solida, da squadra. Chi si aspettava una Juve in grado di dominare questo Milan ne sarà deluso, ma sarebbe stato chiedere troppo ad una squadra con assenze di rilievo contro un avversario che non perdeva da 27 partite. Al contrario, Pirlo ne esce con tante certezze in più, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista caratteriale: di sicuro un buon auspicio per le partite che ci attendono.