La partita con la Roma ha visto una Juventus difendere bassa e vincere all’insegno del cinismo. Immediatamente e nei giorni successivi sono stati fatti molti paragoni con le squadre di Allegri, ma la soluzione vista con i giallorossi sembra essere un intelligente adattamento momentaneo senza rinunciare totalmente alle proprie idee.
Così, d’istinto, sabato pomeriggio durante il primo tempo mi è venuto questo interrogativo. Provocatorio, anche. La squadra di Allegri era infatti spesso abituata a difendersi bassa, con una per anni eccellente e magistrale difesa posizionale, diventando quasi il manifesto di squadra solida, compatta e cinica. Quella che la formazione di Pirlo per i primi mesi non è stata.
Come ha dichiarato lo stesso allenatore bianconero, la Juventus aveva scelto una strategia ad hoc per arginare i punti di forza della avversaria: gli uomini di Fonseca, tra i più pericolosi nell’attacco in campo aperto e abilissimi a creare numerose occasioni da partita a partita, si son trovati sorprendentemente contro una formazione che ha negato loro la profondità, difendendosi spesso nella propria trequarti difensiva. Onestamente dobbiamo dire come i bianconeri abbiano iniziato con la volontà di effettuare un pressing alto per ostacolare e rallentare la costruzione della Roma, ma si è dovuta arrendere di fronte alla scarsa efficacia della pressione portata e alla capacità degli avversari di avviare la manovra proponendo diverse soluzioni.
Anche i dati statistici ci raccontano questo:
Pirlo ha rinnegato se stesso in nome della ragion di stato?
Premesso che nessun allenatore ha in gloria le proprie idee a discapito del risultato, ma che anzi mette le proprie convinzioni a servizio per ottenere le vittorie, la realtà è molto più sfumata ed esce da un binario dicotomico che può alimentari discorsi più basilari. Andrea Pirlo ha espresso i principi guida in più occasioni e soprattutto sta iniziando a dare alla propria una squadra una identità ben definita, quella di una formazione che vuole imporre e controllare il gioco applicando le proprie idee. Come abbiamo già avuto occasione di ricordare, tra i componenti del suo staff troviamo Antonio Gagliardi, uomo chiave, chiamato anche a studiare gli avversari. Non è quindi difficile immaginare come lo studio attento della Roma abbia consigliato all’allenatore e ai suoi “consiglieri” una strategia ad hoc per l’occasione, studiata per togliere i punti di forza.
C’è anche molta consapevolezza delle proprie difficoltà in quanto fatto da Pirlo. Perché la Juventus è una squadra, come abbiamo detto, in difficoltà nel pressare in maniera organizzata e corale, una situazione di gioco in cui i bianconeri balbettano, lasciando ancora troppo a desiderare. Una pressione inefficace, come visto nei primi minuti di gioco, avrebbe consentito alla Roma di trovare agevolmente spazi allungando gli avversari e di attaccare in campo aperto. L’assenza di Bentancur, inoltre, ha tolto quel giocatore imprescindibile in mezzo per rallentare le transizioni avversarie.
C’è chi invece sostiene che questo atteggiamento sia coinciso col rientro di Chiellini, come se il suo utilizzo implichi necessariamente una difesa bassa.
Come giustamente fa notare Jacopo Azzolini, il capitano bianconero si è trovato a suo anni addietro in un sistema più aggressivo; di tempo ne è passato, gli infortuni hanno avuto il proprio peso, ma Chiellini sano è tranquillamente in grado di difendere in avanti, specialmente se al suo fianco c’è qualcuno in grado di coprirlo e di giocare come lui.
Esiste un altro fattore da prendere in considerazione. Il ritmo forsennato e continuo: la Juventus gioca ogni tre giorni praticamente da sempre. Quello che vuole fare Pirlo implica una condizione atletica straripante, supporto fondamentale per difendere sempre in avanti. Non a caso stiamo vedendo una squadra che cala dopo un’ora di gioco, non ancora in grado di gestire i ritmi della partita rallentandoli con un uso sapiente del possesso.
Juventus allegriana, quindi? La mia risposta è no. Mi auguro possa esserlo a livello di risultati e di sensazione d’insuperabilità che le migliori versioni del tecnico livornese lasciavano, ma questa squadra ha dei principi di gioco diversi che si vedono anche in gare come quella con la Roma. Guardate alla azione che porta al secondo gol, dove si vede una squadra che manovra partendo dal basso, chiamando il pressing avversario, allargando Bonucci e Chiellini con Arthur che viene a prendersi la palla, Danilo e Alex Sandro che si affiancano a turno a Rabiot in mediana. La strategia col pallone era chiara: invitare la Roma a pressare, cercare la verticalizzazione per attaccare la profondità. Ed è la stessa dell’andata. Nel primo tempo non è riuscita per errori in verticalizzazioni e per una rigidità nelle posizioni che favorivano la pressione avversaria, ma soprattutto per un baricentro eccessivamente basso che agevolava il contropressing giallorosso (calato nella ripresa) e un eccesso di frenesia col pallone.
Il risultato è quello di una squadra che ha creato davvero poco. Troppo poco. Quella che è stata una soluzione efficace (coi difetti visti sopra) non può rappresentare la chiave per il resto della stagione, perché la Juventus verrebbe schiacciata dall’intensità degli avversari e continuerebbe a creare in maniera insufficiente. Andrea Pirlo si trova nella delicata situazione in cui donare alla propria squadra una identità ben precisa, continuando a lavorare sui propri principi di gioco e migliorando tutte le fasi in cui si è attualmente carenti, e ottenere risultati per risalire in campionato. Non esiste una contrapposizione chiara e netta tra le due necessità e la strada passa anche l’intelligenza di adattarsi e di avere piena consapevolezza della propria situazione attuale.