di Kantor
Rigori, penalità e altre cose divertenti.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]I[/mks_dropcap]l rigore dato ieri alla Roma mi permette di parlare di nuovo dell’evidente problema arbitrale che abbiamo in questo paese; intendiamoci, i problemi veri sono altri, ma di calcio stiamo parlando e l’arbitraggio in una partita di calcio è una delle componenti essenziali del risultato. Il problema ha, come sempre, radici più profonde di quello che sembra; e deriva dal fatto che l’Italia non è un paese totalmente meritocratico. Intendiamoci, nessun paese lo è fino in fondo, ma in Italia la parte “meritocratica” è veramente ridotta…
Ovviamente per mandare avanti il baraccone delle partite hai bisogno di un certo numero di arbitri in serie A; in un mondo ideale arriverebbero prima quelli bravi, poi quelli un po’ meno bravi, poi quelli meno bravi ancora e così via fino ad esaurire i posti disponibili. Ma siamo in Italia e succede quello che succede in ogni altro campo. Quelli bravi arrivano, perché ne hai bisogno e perché altrimenti nessuna baracca va avanti; ma subito sotto quelli bravi (per esempio Orsato, antipatico come nessuno, ma bravissimo) i criteri di scelta cambiano e arrivano quelli che:
1) hanno leccato più culi
2) hanno fatto più favori ai vertici delle loro categorie
3) hanno sponsor politici di rilievo.
Questa massa di manovalanza (eviterò di fare nomi perché non voglio querele) non è messa lì con intenti truffaldini: è lì perché in Italia chi ha il potere lo gestisce sempre a questo modo. E perché, come diceva un mio vecchissimo collega morto da tempo (un barone universitario oldstyle), il VERO potere non è mandare in cattedra uno bravo, ma mandare in cattedra uno mediocre al quale scopi la moglie o la fidanzata.
Il problema è che poi ci sono gli effetti; dato che questi son mediocri, fanno cose mediocri e si vedono. E la soluzione del problema da parte dei vertici è quella di lasciarli in mano alla disonestà del giornalismo italiano senza difenderli minimamente (come Antonio Corsa ha brillantemente spiegato qui). E alla fine succede che anche i peones imparano a difendersi. Difficile capire cosa sia passato nella testa dell’arbitro Maresca quando ha deciso di fischiare un rigore perlomeno incerto a 5 secondi dalla fine; io ho sempre pensato che, in un gioco fluido come il calcio, i fischi non si contano ma si pesano. E fischiare un rigore a 5″ dalla fine è una delle decisioni più tombali che un arbitro può prendere, quindi una di quelle da ponderare di più.
Ma i tempi del calcio non consentono decisioni ponderate; e quindi prevale l’istinto, nel caso di Maresca l’istinto di conservazione. Se per caso il rigore ci fosse stato davvero le conseguenze sarebbero state devastanti per lui; come minimo sarebbe stato additato sui soliti fogli di carta igienica come un “servo der Palazzo” , come massimo (è già successo eh…) qualche solerte giornalista avrebbe pubblicato il suo indirizzo di casa. E l’immediato risultato di questa campagna di stampa sarebbe stata la sua “messa a riposo” per qualche giornata (a proposito, che fine ha fatto Elenito Di Liberatore?) con conseguente perdita di un bel po’ di soldi.
Ma tiriamo le somme: io sono un uomo pratico e sono più interessato agli effetti di un comportamento che alle sue motivazioni. E gli effetti di questa situazione sono che le squadre che hanno, per motivi storici, geografici o di altro tipo, un maggiore sostegno mediatico, sono quelle che traggono vantaggi. Insomma la Roma quest’anno ha segnato il 20% dei suoi goal in campionato su calcio di rigore, una statistica talmente anomala da mettere in difficoltà persino i nerd più puri delle advanced stats.
Poi è chiaro che alla fine i valori sportivi prevalgono sempre; nonostante non sia propriamente amata dai media la Juventus vince da cinque anni, probabilmente vincerà anche il sesto e non c’è campagna mediatica che possa cambiare questo (anche se ci provano, eccome se ci provano…) . Ma preferirei vivere in un mondo migliore.