L’ho chiesto a Maurizio Biggi, mio amico ed ex arbitro di basket di Serie A. – Antonio Corsa.
Questa è sempre stata una delle domande più ricorrenti che molti mi hanno fatto a riguardo dell’utilizzo della tecnologia nelle partite che arbitravo, probabilmente perché gli attenti osservatori si sono accorti che alcuni meccanismi oliati e consueti venivano messi in discussione da quel monitor appoggiato al tavolo degli ufficiali di campo.
Fino a qualche anno fa, nel basket, l’Instant Replay System veniva utilizzato solo per situazioni oggettive e molto basiche, che non influivano in nessun modo nelle dinamiche della gara e venivano viste in molti casi come un valido aiuto in quelle situazioni “grigie” che capitano in una gara e che puoi dirimere solo con il contributo video.
Problemi col cronometro, tiri da due o tre punti, responsabile della palla fuori negli ultimi due minuti o tiro effettuato all’interno dei tempi erano situazioni che non comportavano problemi all’interno della squadra arbitrale e sono state assimilate senza difficoltà da tutto l’ambiente; i grattacapi sono iniziati quando è stata introdotta la casistica relativa ai contatti (i falli) e alla possibilità di modificare una decisione presa da un arbitro in campo, aumentando la sanzione o depenalizzandola dopo averla monitorata con la tecnologia.
Principalmente, perché ogni arbitro di qualsiasi sport quando fischia è convinto al 100% della bontà della sua decisione e mal tollera chi la mette in discussione, figuratevi se a contraddirla è un collega: nascono potenziali piccole guerre di potere e posizione che sono inevitabili e fanno parte del sistema, ma che portano poi a delle conseguenze nel proseguo della gara perché il rischio di condizionare l’arbitro con meno personalità o esperienza è altissimo.
Per ovviare a questo rischio, si dovrebbe vedere la tecnologia come un alleato degli arbitri e non come un nemico. Chi la utilizza, dovrebbe ridurre il più possibile il margine d’errore, da sempre l’obiettivo, mantenendo quando possibile la centralità degli arbitri in campo e una serena accettazione della eventuale correzione.
Una decisione corretta e credibile in presa diretta deve rimanere la prima prerogativa di ogni arbitro e nessuna telecamera dovrà mai far cambiare il loro modo di arbitrare, ma ignorarne la presenza, nel 2021, non è accettabile e comportamenti e modalità rodate da anni devono essere adattate allo strumento tecnologico quando l’arbitro ha necessità di essere aiutato perché la sua unica visione dell’azione non gli ha permesso di prendere la decisione corretta.
Dalla mia esperienza cestistica, penso che un corretto uso dei gesti in campo aiuterebbe in maniera significativa il lavoro di squadra, evitando conflitti nelle decisioni che come visto prima potrebbero portare tensioni nelle squadre arbitrali e agevolerebbe il compito a chi ha la corresponsabilità di processare l’episodio con la tecnologia; se un arbitro di basket valuta una situazione non sanzionabile, deve limitarsi a non fischiare ed evitare segnali non convenzionali, perché con il campo ristretto e zone di competenza molto labili il rischio di un fischio (diverso) di un collega è altissimo con conseguente perdita di credibilità in caso di gesti inopportuni e conflittuali.
Allo stesso modo, un arbitro di calcio deve farsi aiutare nelle situazioni dubbie evitando segnali fatti per rassicurare tutti i contendenti, ma frutto di una sola visuale che spesso non è sempre la migliore, favorendo così l’aiuto del collega nella VAR Room che interviene solo se l’errore è grave ed evidente e può avvalersi di 24 telecamere che spesso supportano la decisione del campo ma, in caso contrario, non mandano un messaggio distorto e palesemente conflittuale che diventa poi nutrimento per denigrare gli arbitri o recriminare (vedi dichiarazioni di Inzaghi che è proprio partendo dalla gestualità dell’arbitro che si è lamentato dello “scavalcamento” del VAR).
Rispondendo alla domanda iniziale, dico perciò che sì, la tecnologia ha cambiato l’arbitraggio, ma in meglio, sempre che noi arbitri abbiamo la capacità di vederla come un alleato che serva a tutelare la cosa più importante di tutto, ovvero la regolarità della gara. e che sia il più coerente ed uniforme possibile, nonostante la soggettività nelle interpretazioni sia e resti il bello e il brutto dell’arbitraggio e non sarà mai sostituita da nessuna macchina.