La scheda di Mohamed Ihattaren

Mohamed Amine Ihattaren nasce il 12 febbraio 2002 a Utrecht, da genitori marocchini. La sua storia personale è profondamente legata alle sue origini, alla sua famiglia, e al suo quartiere a Utrecht; è cresciuto infatti a  Kanaleneiland, zona multiculturale della periferia meridionale segnata da povertà ed esclusione sociale. Da Utrecht e dalle sue minoranze proviene però anche un altro grande talento dal doppio passaporto: quell’Ibrahim Afellay a cui Ihattaren è tutt’oggi paragonato. 

Ihattaren comincia a calciare palloni nel SV Houten, in provincia di Utrecht. A 8 anni però lo notano gli osservatori del PSV, si trasferisce a Eindhoven e farà tutta la trafila con i Boeren, dove rimane fino ad oggi. 

Nel 2018 firma il suo primo contratto da professionista, e l’anno successivo esordisce in prima squadra. Da allora, colleziona 56 presenze e 6 reti con il PSV; in Nazionale maggiore viene convocato nel settembre 2020 a soli 18 anni, senza esordire. 

Capacità coordinative e condizionali

Ihattaren è alto poco più di 180 centimetri e possiamo provare ad indovinare il suo peso in una 70ina di chili abbondanti (è difficile trovare un riscontro preciso data la giovane età). Fisico già impostato, mesoformo, possiede una discreta esplosività sul breve, che difficilmente però trasforma in progressione sul lungo. 

Dà prova di una buona resistenza aerobica ed ha un’eccellente forza nelle gambe: nonostante sia ancora molto giovane , sembra assolutamente in grado di reggere i duelli ed i contrasti con difensori più dotati fisicamente (una qualità che lo aiuta moltissimo nel coprire e proteggere la palla). 

Ha una postura eretta molto pronunciata e mostra una corsa estremamente pulita ed elegante, fatta di tanti appoggi rapidi; in conduzione ama tenere la palla vicina al corpo, e dà la sensazione di star correndo come se non avesse la palla tra i piedi, una peculiarità che solo i grandissimi hanno.

Qualità tecniche

Mancino naturale, Mohamed Ihattaren è un giocatore dalla tecnica di base sfavillante. È in grado di trattare ed accarezzare il pallone con qualsiasi parte del suo piede preferito, e non lesina colpi di pura classe – colpi di tacco, croquetas, veroniche, trivele, scavetti, etc. Non è propriamente un monopiede, dato che comunque sa usare il destro sia per controllare che per passare e concludere, ma la preferenza per il sinistro è spiccata. Insomma, possiede un rapporto con la sfera davvero intimo e personale, che nutre flettendo il mancino per accarezzarlo sempre nel modo più appropriato.

Tuttavia, l’aspetto che più mi preme sottolineare della sua tecnica è il calcio. Ihattaren calcia divinamente, da qualsiasi posizione, con una consapevolezza del proprio corpo e del proprio piede che è rara anche nel calcio d’élite ed è un assoluto piacere per gli occhi. Questo vale naturalmente per i tiri (in Eredivisie ne prendeva circa 3.35 p90’ l’anno scorso) ma anche per i passaggi, specialmente quando decide di alzare la palla. 

Vi invito a guardare i cerchi che disegna col compasso e a non invidiargli muscolatura della gamba e relativa coordinazione. 

Ihattaren è anche un discreto dribblatore. In Eredivisie completa 3 dribbling ogni 90’, con una percentuale di successo del 65%. Nonostante abbia le capacità per tentare dribbling barocchi, la sua specialità rimane tenere la palla attaccata alla punta del piede e semplicemente spostare il bacino superando in velocità il malcapitato che non sarò in grado di cambiare direzione o di staccare gli appoggi con la necessaria rapidità. Per fare un paragone blasfemo: come Messi. 

Il suo primissimo allenatore all’Houten dichiarò che “fu soprannominato ‘Ibi’ perché il suo stile di gioco assomiglia a quello di Ibrahim Afellay”. Se questo paragone è effettivamente calzante per le origini (entrambi di Utrecht ed entrambi marocchini), Ihattaren è un giocatore molto più creativo. 

Qualità tattiche

Ihattaren ha passato la maggior parte del suo percorso a giocare da ala destra in un 4-3-3, e quelli sembrano essere effettivamente compiti e posizione naturale per lui. È comunque in grado di distinguersi molto bene anche sull’out sinistro, o come un più classico trequartista. L’anno scorso, quando il nuovo allenatore Schmidt ha virato su un 4-4-2, ha avuto difficoltà ad imporsi a centrocampo in una linea a quattro. 

Le sue qualità tecniche lo portano ad essere formidabile per far progredire l’azione: sia da fermo, dribblando o trovando passaggi taglia-linee, che lanciato fronte porta, è sempre in grado di offrire uno sviluppo al possesso. Sebbene sia un giocatore molto associativo, non possiamo fare a meno di sototlineare che ogni sua giocata presenta un’innegabile tensione verticale: i lanci, i passaggi, gli assist, sono tutti pensati per far progredire l’azione. Quando riceve spalle alla porta, sa proteggere molto bene la palla grazie agli appoggi solidi e sicuri e ad un buon gioco di braccia; grazie alla scaltrezza tecnica, sa anche girarsi benissimo pivotando sull’avversario. 

La sua capacità di influenzare l’azione nella trequarti avversaria è enorme; diventa cosi lo sfogo naturale della squadra, un centro di gravità che attrae pallone, compagni e avversari. È un tipo di giocatore che ha più l’assist che il gol nelle proprie gambe: non è un caso che pur calcando zone di campo avanzate non abbia uno score eccellente quanto a marcature. A titolo d’esempio: nelle quattro apparizioni in Europa League l’anno scorso ha messo a referto più expected assist (0.22 p90’) che expected goals (0.15 p90’). 

Qualità mentali

Esser riuscito ad emergere in un contesto ipercompetitivo e ad imporsi in un top team nazionale a soli 17 anni non può che lasciarci presumere grandi qualità mentali. Soprattutto se consideriamo il background difficile. 

Per sua stessa ammissione, un tragico evento ne ha scalfito il morale: la morte del padre, avvenuta nel 2019. Non possiamo sapere se questa circostanza ne abbia segnato o ne stia segnando il rendimento e lo sviluppo, ma si tratta certamente di un macigno per chiunque. 

Alla Juventus (e alla Samp)

Sappiamo che Ihattaren era in scadenza col PSV nel 2024. Sappiamo anche che l’ambiente non gira più attorno al suo numero 10 come prima (cambio modulo e Schmidt che gli sta preferendo spesso il coetaneo Madueke) e che di conseguenza Raiola stava provando a portarlo via. 

Tuttavia, sappiamo anche che la Juventus ha un discreto sovraffollamento nella sua zona di campo preferita: i suoi migliori giocatori offensivi – Dybala, Kuluševski e Chiesa – giocano tutti da quel lato ed è già difficile solo provare ad immaginarseli in campo insieme, figuriamoci con un quarto giocatore da aggiungere alla lista. 

Sulla scorta di queste informazioni, un prestito in Serie A non era poi una cattiva idea. La Sampdoria nelle partite giocate finora si è sempre disposta in campo con un 4-4-2 molto accorto, con D’Aversa preoccupato più di chiudere gli spazi che non di crearne. Per di più, la titolarità di Candreva e di Damsgaard non sembra essere in discussione. Ecco allora che lo spazio per il giovane olandese potrebbe essere poco, e forse anche fuori ruolo.

Possiamo provare ad immaginare che tolga il posto a Candreva, con la Samp meno prona alla difesa posizionale; realisticamente tuttavia, potrebbe trovare spazio da seconda punta, accanto al capitano Fabio Quagliarella. 

Ad ogni modo, consigliamo vivamente di seguire la Sampdoria quest’anno: Ihattaren è un diamante puro, che aspetta solo il contesto giusto per brillare; un acquisto intelligente, per costi e modalità, ma soprattutto un investimento dal ritorno assicurato. 

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