La realtà non sorprende

di Davide Terruzzi


La partita col Real Madrid non ha sorpreso. Hanno vinto i più forti e più bravi. Ha vinto una leggenda dello sport. È un’amara verità per la Juventus. È la realtà dei fatti.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]o sport ha le sue regole. Semplici, lineari, facili. Vincono i più forti e i più bravi. Ed è esattamente quello che è capitato anche ieri a Torino. Il Real Madrid è complessivamente una squadra migliore della Juventus, ha il merito di avere una leggenda dello sport come Cristiano Ronaldo, sta dominando in Europa da diversi anni, ha vinto dimostrandosi nuovamente più forte.

Il Real Madrid ha fatto il Real Madrid. Ha giocato la sua solita partita, sfruttato gli errori, tenuto il pallone, concesso, ti è ripartito in faccia, ti ha innervosito, ha vinto con pieno merito. La partita è stata aperta, combattuta, ma l’aver giocato bene, il “a testa alta”, contano meno di zero. La Juventus ha perso perché negli episodi ha sbagliato decisamente di più: subito ha difeso malamente trovandosi sotto di un gol, è stata poi imprecisa in alcune circostanze, sfortunata in altre, ma la maggiore precisione del Real Madrid è chirurgia, è qualità e tecnica. La differenza tra le due squadre sta nel quando e nel come. Nelle scelte e nell’esecuzione gli spagnoli sono più bravi. Non sbagliano. Hanno una qualità diffusa superiore alla nostra in ogni settore, specialmente a centrocampo. Sono tranquilli, confidenti, consapevoli, abituati. La Juventus è stata brava a non scomporsi dopo il primo gol, si è un po’ innervosita per alcuni episodi (bravi quelli del Real a giocare anche con la giusta furbizia), vedi la simulazione di Dybala, è stata punita nuovamente, poi ha mollato definitivamente, sbagliando nettamente, ed è crollata. La tensione ha giocato brutti scherzi in alcuni, compiendo errori cui non si è abituati, e ha tolto quel pizzico di lucidità che spesso fa la differenza; crollato il sogno e l’obiettivo, i nervi hanno ceduto definitivamente e poteva finire molto peggio.

Nulla di sorprendente, perché la differenza di valori tra le due squadre è nota. La Juventus è arrivata in fondo due volte su quattro con Allegri in panchina compiendo dei capolavori di tattica, di tenuta mentale, con episodi favorevoli, in un’epoca in cui dominano il Real e il Barcellona, Ronaldo e Messi: per arrivare in finale ha dovuto superare loro incontrandole in occasioni in cui non erano il massimo ed è stata brava ad approfittarne, cedendo poi a loro sia a Berlino che a Cardiff. In questi anni la Juventus è cresciuta nella comprensione dei momenti della partita, ma è un gradino sotto alle due spagnole (e anche al Bayern e al City): non solo per l’assenza di due fenomeni assoluti, ma per una qualità media inferiore. Ora si chiederà di cambiare, di buttare via il bambino, si vorrà la rivoluzione, ma non è una questione di bel gioco, di schemi, di moduli: il Real Madrid ha un allenatore che è un ottimo organizzatore e gestore, ma sono i calciatori a fare la differenza. La differenza è Kroos Modric Marcelo Isco, al netto del Mostro. La Juventus è inferiore a diverse squadre a centrocampo: nel corso delle stagioni ha perso qualità in questo settore, non può spesso palleggiare perché, escluso Pjanic, non ha interpreti adatti per farlo, non può compiere spesso le scelte giuste perché ai giocatori manca qualcosa. Il mercato, ben sapendo che si vive anche grazie alle plusvalenze e probabilmente una cessione ci sarà, dovrà intervenire in questo reparto per alzare la qualità del gioco. Tolto Guardiola che è Guardiola, gli altri allenatori delle big europee non fanno la differenza: non è il tecnico a essere un problema, ma la qualità a centrocampo e un pizzico di personalità in alcuni elementi che devono passare anche attraverso queste botte.

Basterà per vincere la Champions? Probabilmente no, perché fino a quando ci saranno Messi e Ronaldo, le due spagnole sono sempre le favorite. La Juventus non ha bisogno di rinnegare il propio modello, inseguendo sirene ed esempi altrove, ma è consapevole da anni che per vincere in Europa un atteggiamento speculativo non serve ed è controproducente. Bisogna passare da partite come quelle col Real, prendersi legnate personali come nel caso di Dybala per comprendere gli errori, gare in cui si gioca bene ma si sbaglia di più e si paga la differente qualità. L’atteggiamento, tattico e di gioco di Torino è quello giusto; quello visto col Tottenham no. Ripartire dal Real Madrid, non ripetendo più gli ultimi venti minuti, comprensibile il calo vistoso ma decisamente sbagliato, alzando la qualità del centrocampo e imparando dagli sbagli. La Champions deve essere un obiettivo, come il campionato e la Coppa Italia, che non può essere programmato, ma può e deve essere l’occasione per alzare sempre più l’asticella, guadagnando in tecnica, tranquillità e personalità.

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