Non credo esista un singolo tifoso che non abbia cullato l’ipotesi di vedere Pep Guardiola sulla panchina della Juventus. Questa ipotesi, razionalmente lontana e inarrivabile, ha improvvisamente subito un’accelerata notevole in seguito ad autorevoli voci di mercato che, fuori dal coro della stampa mainstream, lo continuano tutt’oggi a darlo non solo come prima scelta, ma addirittura come molto vicino al trasferimento a Torino. Per uno che sogna ad occhi aperti, credere allo sbarco dell’alieno non è abbastanza: bisogna proprio immaginarsi il buon Pep che con il giaccone targato Jeep disegna cinque corridoi sul campo di allenamento della Continassa, e sgrida Bentancur perché non ha aperto la gamba per girarsi fronte porta mentre controlla un pallone. E poi si mette in campo la formazione. Ma come sarebbe la Juventus del catalano? Quali dei suoi principi andrebbe a privilegiare? Quali giocatori ne beneficerebbero? Di che tipo di mercato avrebbe bisogno?
In effetti, prima di lanciarsi in sperticate fantasie di gioco, è bene ricordare che per Guardiola esistono pochi concetti davvero insindacabili, ma da questi non si puo per l’appunto prescindere. Le sue squadre vogliono e si prendono il possesso della sfera, con prolungate fasi di paziente attacco posizionale. In questo vale la pena rimarcare come il possesso sia soltanto un mezzo per disordinare la struttura posizionale avversaria (celebre, in questo senso, la frase “el tiqui taca es una mierda”, e dunque la differenza con Allegri che utilizzava il possesso come strumento difensivo). Le sue squadre lo fanno attraverso la ricerca costante del terzo uomo dietro la linea di pressione, occupando benissimo il campo sia in ampiezza che in profondità. Forse, le spaziature e il corretto scaglionamento in campo sono l’aspetto del gioco di Guardiola ad essere meno commentato e lodato, pur restando uno dei capisaldi dell’ex-Barça. Lungi dall’esser l’integralista di cui viene sovente accusato, nel tempo Guardiola ha saputo rinnovare se stesso adattandosi al contesto – culturale prima anche che tecnico – in cui si è ritrovato immerso. Il tutto senza rinunciare ai suoi principi, divenuti ormai veri e proprio brand.
Come giocare?
A ben vedere, la rosa della Juventus non è poi così inadatta al suo gioco, fatto di associazionismo spinto e uomini tra (tutte) le linee, ma anche di una felice esasperazione dei concetti di campo stretto e campo largo. Guardiola troverebbe nello Szczęsny 2.0 della Juventus un portiere moderno, in grado di sostenere il giro palla basso, resistere alla pressione avversaria e capace anche di intuizioni per niente banali con la palla. Szczęsny sarebbe a suo agio nel giocare fuori dalla propria area di rigore, come aveva accennato in autunno, un fattore che porterebbe a maturazione definitiva il suo apprendistato da sweeper keeper.
Bonucci e Chiellini non sarebbero soltanto una coppia affiatata, ma aderirebbero molto bene all’assortimento che Pep aveva plasmato tra Laporte e Kompany, aggiungendovi anzi diversi livelli. Se dell’ammirazione di Guardiola verso Bonucci sappiamo tutto, l’utilizzo di Chiellini ad inizio manovra potrebbe risultare sorprendente per alcuni, quando invece è bene rimarcare che il capitano ha un cervello calcistico superiore e le sue letture (con e senza palla) si calerebbero senza dubbio con facilità nel sistema Guardiola. Oltretutto, un giocatore della caratura di Chiellini non si farebbe molti problemi a difendere 30 metri più avanti. In questo contesto, a beneficiarne sarebbe certamente Rugani: già testato in una difesa alta (Empoli), il numero 24 è molto più a suo agio quando deve tenere la zona piuttosto che nelle situazioni in cui gli viene chiesto di seguire l’uomo in profondità. Il tutto senza dimenticare che Emre Can sa fare questo e più ruoli, permettendo anzi alla squadra una discesa fluida verso un 343.
Mi viene difficile trovare una coppia di esterni bassi più adatta al gioco di Guardiola rispetto a quella che ci ritroviamo in casa. Pep, che ha fatto spendere fantastilioni all’emiro per assicurarsi terzini degni di questo nome (e neanche i top mondo) si fregherebbe le mani al pensiero di Cancelo e Alex Sandro sulle fasce. La varietà di soluzioni che i due possono offrire, magari in combinazione con esterni alti, porterebbe Guardiola a sfruttare l’ampiezza, i triangoli con mezzala e ala, ma anche e soprattutto soluzioni più imprevedibili come l’underlapping nei corridoi centrali, di cui per esempio Cancelo è pioniere. E questa è un’opzione talmente cara a Guardiola, che il catalano l’ha sistematizzata sino a dipingere un ruolo completamente nuovo, soprannominato per l’appunto “falso terzino”.
Dalla cintola in su, le opzioni si moltiplicano. Dando per buona l’adozione di un 4141 come negli ultimi anni in Inghilterra, Guardiola si ritroverebbe a dover reinventare un centrocampista nella posizione di mediano. Fermo restando che Pjanić può farlo, a patto di avere giocatori dinamici ed associativi davanti e un baricentro mediamente alto, si potrebbe effettivamente andare sul mercato per un giocatore dal profilo simile a Marquinhos. Questo libererebbe Pjanić qualche metro più avanti, mettendone in risalto le doti di palleggio nello stretto e l’istintività con la palla. Ramsey sarebbe l’altra mezzala, oscillando perfettamente tra la necessità di smistamento, la copertura degli spazi, e la spiccata verticalità – una caratteristica di Guardiola troppo spesso passata in sordina.
In avanti la caratteristica ed ariosa produzione offensiva di Pep troverebbe una bocca di fuoco formidabile in Cristiano, specialmente alla luce dell’importanza che i cross bassi rivestono nel paradigma guardiolano 3.0. Con il portoghese esterno a sinistra, si dovrebbe rinunciare all’occupazione del campo in ampiezza – a meno di far ricevere Alex Sandro sempre abbondantemente dentro il campo avversario – ma se ne guadagnerebbe in efficacia offensiva. È dunque già abbastanza facile immaginare uno sviluppo della manovra a destra, con finalizzazione opposta. Ci sarebbe altresì molta curiosità attorno a Dybala: se alcuni lo invocano a mo’ di mezz’ala, noi non possiamo non lasciarci suggestionare da un ruolo à la Agüero. Riportato finalmente al centro dell’attacco, con un lavoro minimo sui movimenti con Cristiano, Dybala potrebbe raggiungere appieno il suo potenziale di attaccante, alternando movimenti orizzontali in costruzione della manovra a repentine tracce verticali negli ultimi 20 metri. Guardiola darebbe nuovo lustro a Douglas Costa che proprio con il catalano in Baviera ha vissuto le sue migliori stagioni. Si dovrebbe adattare ad una posizione sul piede debole, ma gli scambi con Pjanić e Cancelo promettono bene da quel lato.
Ovviamente questa non è che una delle opzioni a disposizione di Guardiola. Per quelli che sono i suoi principi, essi possono trovare applicazione in altri moduli (i quali, giova ricordarlo, non rivestono che un ruolo marginale nel calcio moderno e in particolar modo nel “suo” calcio). Ad esempio, ci sarebbe tanta curiosità attorno ad un potenziale ritorno alla difesa a tre. Con Can terzo di destra, nel ruolo del fu Barzagli, si potrebbero avanzare sia Cancelo che Alex Sandro senza quindi rinunciare all’occupazione di tutta l’ampiezza da entrambi i lati. Un centrocampo a due, come quello che aveva adottato in Baviera, troverebbe in Pjanić e Bentancur due degni interpreti, ma bisognerebbe trovare il modo di non lasciar sguarnito nessuno dei corridoi intermedi (Dybala? Bernardeschi?). Il tridente offensivo potrebbe ruotare gli uomini. Già affrontata la soluzione con Costa a destra e Dybala al centro, vale la pena esplorare i movimenti di Cristiano unica punta, magari in sincrono con le ali che a turno gli vanno a portar via uomini dal centro del campo.
Quello da cui non si scappa, sarebbe finalmente uno sfruttamento adeguato delle capacità di palleggio dei giocatori al centro del campo, dato che nelle ultime involuzioni allegriane la Juventus aveva privilegiato soluzioni a rischio zero con immediato smistamento sugli esterni. Bernardeschi e Cuadrado, ad esempio, offrono soluzioni importanti nei corridoi intermedi, e secondo chi scrive proprio il colombiano potrebbe candidarsi ad un ruolo di primo piano: le capacità tecniche, intellettive ed atletiche sono già di livello, gli andrebbe imposto “solo” il decision-making, che però in un sistema altamente specializzato come quello di Guardiola diventa una caratteristica innata a tutta la rosa. Perché è questo il tratto più distintivo di Guardiola: crea giocatori pensanti.
A tal proposito, bisogna per forza di cose menzionare il contributo che un allenatore che insegna tecnica darebbe a giocatori che di tecnica hanno bisogno. A cominciare da Bernardeschi, che potrebbe finalmente avere un allenatore che gli apprenda la postura di ricezione, o anche lo stesso Dybala, finalmente messo davanti ad un maestro in grado di fargli capire cosa non va nei suoi controlli.
Quale mercato?
Alcune partenze sarebbero fisiologiche. Khedira e Mandžukić sarebbero più di semplici indiziati, anche alla luce del mai celato astio del croato verso lo stesso Guardiola ai tempi del Bayern. Matuidi sarebbe relegato ad un ruolo minore, ma per l’importanza del francese all’interno delle dinamiche di spogliatoio e per l’alto QI dell’ex PSG ho delle difficoltà a vederlo messo alla porta senza batter ciglio.
Dando per scontato l’acquisto di un difensore centrale, necessario anche solo per questioni numeriche, servirebbe poi un centrocampista. E qui bisogna vedere che utilizzo si vuol dare a Pjanić, perché le opzioni di un frangiflutti metodista come Marquinhos o di una mezz’ala associativa come Thiago restano entrambe delle idee molto valide, suggestive, e dall’applicazione immediata. Sergej Milinković-Savić avrebbe un ruolo di primo piano con Guardiola? Fermo restando che un giocatore con il suo livello di comprensione del gioco si inserirebbe con chiunque, il serbo sarebbe a mio avviso il “ponte” perfetto tra il calcio di Guardiola e il contesto culturale italiano, un giocatore in grado di insegnare a Guardiola come giocare in Italia e allo stesso tempo base grezza su cui lavorare per plasmare il guardiolismo 4.0. Difficilmente si andrà ad intervenire sul reparto avanzato, a meno di eventuali uscite da rattoppare (Dybala?).
Avere Guardiola
Eleggere Guardiola significa operare una scelta in netta discontinuità con il passato. E non solo con il recente ciclo allegriano, di cui è facile vedere l’antitesi rispetto al buon Pep. A mio avviso, l’aspetto sul quale andrebbe maggiormente ad incidere è proprio il ruolo di insegnante, per i giocatori della Juventus e per la Serie A tutta; non vi è un solo contesto in cui Guardiola non abbia lasciato un marchio a fuoco, indelebile e fondamentale per lo sviluppo dei movimenti nazionali. Il catalano andrebbe a portare una vera e propria rivoluzione culturale, portandosi magari dietro gli allenatori italiani più disponibili al cambiamento (Conte, Giampaolo, Gasperini, De Zerbi, volendo gli stessi Spalletti, Di Francesco e Sarri, dovessero avere una panchina in Italia). Un’iniezione di fiducia, novità e modernismo di cui tutto il movimento calcistico italiano sembra avvertire la necessità, quasi come se attendessimo disperatamente un profeta straniero. Guardiola andrebbe a rinfrescare la cappella sistina con modernità e brio, insegnando al Calcio quello che sembra aver perso negli ultimi vent’anni: ossia la capacità stessa all’apprendimento, il learning to learn. E non potrebbe che essere la Juventus, apripista e avanguardista sotto tutti i punti di vista, a fare da traino anche per questa rivoluzione.