Juve al top per stipendi ma non per fatturato. C'è qualche rischio?

In estate i numeri di Calcio e Finanza hanno sottolineato l’avvicinamento della Juventus alla soglia del 70%, percentuale che esprime il rapporto tra costo della rosa e ricavi complessivi e che viene monitorata anche in relazione alle regole del Fair Play Finanziario (FFP). Un rapporto che, come sottolineato dal giornalista economico del Sole 24 Ore Marco Bellinazzo, in occasione dell’uscita del report di KPMG dello scorso gennaio, la Juventus non sfora, attestandosi infatti sul 50%, poiché nel considerare i ricavi, il FFP tiene conto anche delle plusvalenze.

Lo squilibrio tra stipendi e fatturato

Le regole del FFP non sono violate, ma è altrettanto vero che le grandi spese sostenute per Cristiano Ronaldo nell’estate 2018 per alzare i ricavi e migliorare l’appeal internazionale del brand sono comunque un’operazione finanziaria che porta con sé inevitabili rischi. Il rosso in bilancio per due anni consecutivi – che Banca IMI vede esaurirsi solo nel 2024 – e l’aumento sostanziale del debito finanziario messo sotto controllo (anche) con l’aumento di capitale sono stati ampiamente discussi dagli operatori e dagli addetti ai lavori e confermano che Juventus ha in mente un ambizioso piano di sviluppo che in questa prima fase, però, lascia inevitabili tracce e si associa, inutile negarlo, a rischi.

In un articolo uscito oggi su Gazzetta a firma di Marco Iaria si sottolinea un altro dato che conferma lo squilibrio economico juventino legato al rapporto tra fatturato generale e stipendi dei calciatori. Iaria cita i dati complessivi sugli stipendi 2018/19 e mostra che il gap di stipendi tra Real Madrid e Juventus, che avevamo già analizzato nel nostro articolo sui bilanci a confronto, è solo di 66 milioni (394 dei Blancos contro i 328 dei bianconeri) mentre il fatturato della Casa Blanca è sensibilmente più alto di quello dei piemontesi (757 a 460, già evidenziato dal rapporto Deloitte). Andando in percentuale, come riporta Iaria, il Real versa in stipendi il 20% in più della Juve ma fattura il 65% in più. Questi numeri mostrano che il passo è più lungo della gamba? No, ma certamente mostrano uno squilibrio di cui è bene tenere conto.

Come si tiene sotto controllo il rischio?

Il rischio si tiene sotto controllo aumentando i ricavi e/o diminuendo le spese legate alla rosa. Ecco spiegate le strategie legate alle plusvalenze nel player trading (che aumentano i ricavi) e la vendita di alcuni giocatori (che diminuiscono le spese legate alla rosa). Ma è bene ricordare che sul fronte aumento dei ricavi le plusvalenze non sono la panacea di tutti i mali. Sono uno strumento utile ma non sono e non devono essere l’unico, e soprattutto devono essere associati a un regolare flusso di cassa e di ricavi di altro genere.

Come si aumentano ricavi?

Sul piano finanziario aumentando il valore commerciale, sul piano sportivo andando avanti in Champions League che porta con se un naturale aumento del valore del brand. Fare bene in Europa, infatti, è la chiave ed è una condizione fondamentale. I ricavi legati alla principale competizione continentale sono cruciali sotto almeno due punti di vista: il primo è quello, banale, dell’aumento degli introiti grazie allo stadio e i premi UCL, proseguire il cammino europeo significa anche avanzare nella classifica storica che assegna da due anni a questa parte una bella fetta di guadagni legati alla UCL; il secondo è quello legato all’aumento di valore del brand sul piano internazionale che vuol dire anche più incassi da merchandising.

In conclusione, il rischio si tiene sotto controllo continuando a primeggiare in Italia e andando il più avanti possibile in Champions League. Per guadagnare serve vincere e per vincere servono i guadagni. Alla Juve questo circolo virtuoso è chiaro sin dai tempi dell’inizio dell’era Agnelli-Marotta. Sul piano nazionale la sfida è stata vinta, sul piano europeo e internazionale il percorso è inevitabilmente più lungo e ricco di ostacoli. La Juve ha scelto una strategia aggressiva che come detto comporta rischi di cui ovviamente il management è consapevole.

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