Il primo tempo contro i salentini è stato tutt’altro che esaltante e ha messo in luce molti dei difetti della Juventus. La seconda frazione, invece, ha lasciato ben sperare per il futuro.
Al di là delle quattro reti segnate, la prestazione contro il Lecce è stata buona ma non ottima. Soprattutto, gli osservatori si saranno accorti di uno iato tra la sterilità e le difficoltà palla al piede del primo tempo e la fluidità della ripresa. A prescindere dall’espulsione di Lucioni, che se non altro ha esacerbato la strategia conservativa di Liverani, la Juventus ha in effetti mostrato buone doti in palleggio, un ottimo dinamismo con il pallone e il coraggio di cercare smarcamenti senza.
Se nel primo tempo la Juventus aveva praticamente un solo sfogo per la manovra – ossia la fascia destra con Cuadrado, Bentancur, Bernardeschi e anche le discese di Dybala – questa strategia non ha dato i frutti sperati. Bentancur ha peccato un po’ nell’attacco del fondo e Dybala e Bernardeschi, nella loro staticità, hanno finito per agevolare il compito dei difensori leccesi. A causa di questo sbilanciamento e in ragione di spaziature non sempre corrette del centrocampo, la Juventus si è trovata anche a dover gestire qualche ripartenza di troppo, con porzioni di campo grandissime lasciate alle progressioni degli avversari.
Invece, nella ripresa Sarri ha mischiato le carte. L’ingresso di Douglas Costa, in particolare, si è rivelato decisivo per spingere gli equilibri della partita in favore dei padroni di casa. Con il brasiliano ospite fisso della fascia destra, è stato Bernardeschi a dover traslocare: far partire le corse del carrarese qualche metro più indietro è stato benefico. Bernardeschi ha giocato a sinistra, ma non in posizione di mezz’ala come molti si attendevano, bensì da vero e proprio esterno. Questa “simmetria” era evidente nelle fasi di possesso lungo e ragionato.
In queste fasi – peraltro prolungate nella ripresa – la Juventus si è disposta con una sorta di 4-4-2 molto alto in cui le ali stazionavano costantemente sulla linea degli attaccanti: un assetto che le ha permesso di portare i maggiori pericoli alla porta di Gabriel. Sono in effetti i minuti tra il 50’ e il 68’ (con l’uscita dell’uruguagliano) quelli in cui la manovra della Juventus ha posto le condizioni per far svoltare a proprio favore la partita.
Douglas Costa ha potuto ricevere e puntare l’uomo in posizioni più avanzate (contrariamente a quanto successo con il Napoli, ad esempio). I dribbling di Costa sono strumenti preziosi, perché obbligano i difendenti a correre all’indietro per rimediare ad un’inferiorità numerica; tuttavia, per essere veramente efficaci, devono creare i anche pressupposti per concretizzare tale superiorità. Fargli saltare un avversario a centrocampo, con altri tre addosso e nessun compagno disponibile, è una strategia banalmente fallata. Invece, con il Lecce, Costa poteva ricevere più avanzato; Dybala e Bentancur gli toglievano avversari e pressione, e gli offrivano buone soluzioni di passaggio. Bernardeschi, dall’altro lato, tagliava spesso dentro il campo per favorire un restringimento della squadra avversaria e lasciare la porta aperta agli inserimenti di Matuidi (in crescendo). A una spaziatura migliore tra giocatori si è unita una rapidità di palleggio certamente aiutata dal cambio di interpreti (e perché no, magari anche dalla stanchezza degli avversari).
Sappiamo che il centrocampo a due visto con il Lecce non è una soluzione gradita a Sarri. Tuttavia accogliamo con piacere un’altra smussatura di quei tratti definiti “integralisti”, se non altro perché ha permesso alla Juventus di giocare meglio. E chissà che non possa essere una soluzione da riproporre in futuro.