Anche la Juventus ha il suo campione del mondo.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]’avventura in Russia di Blaise Matuidi è cominciata in sordina, come d’altra parte aveva fatto l’anno scorso in bianconero. Così come Massimiliano Allegri nella Juventus, anche DIdier Deschamps ha scelto di schierare la propria squadra con un sistema ibrido, a metà strada tra il 4-2-3-1 e il 4-3-3. Questo assetto particolare, in cui le scalate a centrocampo verso l’esterno costituiscono l’elemento chiave e discernente, ha permesso al basco di sfruttare al meglio le qualità da equilibratore di Blaise Matuidi.
All’inizio, però, ‘Didi’ aveva optato per una formazione più lineare. All’esordio contro l’Australia infatti, aveva schierato i suoi con un 4-3-3 più canonico e senza fronzoli, in cui l’unica eccezione ad una formazione altrimenti da scuola calcio è stato l’utilizzo di Griezmann come falso nueve (ruolo che peraltro lui ricopre con estrema facilità). Il centrocampo vedeva la presenza di Kanté come mediano metodista e Pogba e Tolisso ai suoi lati. Una mediana che voleva trovare il giusto compromesso tra gestione della palla e recupero della stessa, ma che ha presentato qualche perplessità. Per motivi diversi, sia Pogba che Tolisso si sono trovati in difficoltà: il primo ha dovuto coprire porzioni di campo immense, muovendosi soprattutto in orizzontale per tamponare la scarsa vena difensiva di Ousmane Dembélé; Tolisso invece si è ritrovato in imbarazzo nel coprire le uscite fuori sincrono di Kanté, con un movimento in diagonale che non è proprio nelle sue corde. La Francia dovette subire più di una ripartenza potenzialmente fatale. Matuidi prenderà il posto del centrocampista del Bayern proprio per congelare il risultato.
Dopo la prova opaca offerta contro i canguri, Deschamp si convince che il 4-3-3 che aveva in mente non può essere supportato a dovere. Scegli allora di passare il 4-2-3-1 ibrido che farà le fortune della nazionale francese; soprattutto, passa con decisione ad un calcio reattivo, dove la difesa posizionale e la capacità di lettura di Matuidi faranno la differenza, in positivo, per i bleus. A farne le spese è inevitabilmente Ousmane Dembélé, identificato forse non a torto come elemento estraneo all’abnegazione mostrata dagli altri titolari. Da qui, fatta eccezione per l’inutile e soporifera partita contro la Danimarca, Matuidi non lascerà più il posto da titolare.
La sostanza del nuovo modulo si percepisce soprattutto senza palla, un frangente in cui la Francia ha passato gran parte delle sue partite: 44% già contro il modesto Perù, 40% contro la disarmonica Argentina, 36% contro il Belgio dei palleggiatori e addirittura 34% contro la Croazia, quando cioè la spiccata attitudine reattiva si è palesata in tutta la sua efficacia. In questo contesto, Matuidi ha brillato per la sua capacità di occupare dinamicamente l’out di sinistra, bloccando il centro quando gli avversari facevano circolare il pallone basso, e collassando all’occorrenza sull’esterno per supportare Lucas con raddoppi puntuali. Si noti in particolar modo l’efficacia di Matuidi nel proporre registri difensivi diversi a seconda dell’avversario e del contesto tecnico. Nelle due immagini qui sotto, l’account 11tegen11 propone le passmap della Francia nella semifinale contro il Belgio e nella finale contro la Croazia. Più giù, abbiamo inserito le heatmap di Matuidi per completare il quadro.
Ripensiamo a quelle partite. Il Belgio ha attaccato soprattutto intasando il centro del campo, cercando triangolazioni tra i suoi giocatori migliori, e puntellando il centro del campo con le sue mezze punte alla ricerca degli half-space. Martinez aveva cercato disperatamente di allargare il gioco inserendo Ferreira Carrasco, ma i suoi si intestardivano nella ricerca degli spazi di mezzo al centro. Matuidi ha saputo schermare in maniera molto efficace il centro del campo (6 tackle portati con successo su altrettanti tentati, migliore in campo per distacco), muovendosi per lo più in orizzontale e ricevendo in posizione relativamente centrale per poi trasmettere palla ai giocatori incaricati di condurre le transizioni.
Se contro il Belgio Deschamps ha giocato la partita voluta, anticipando i trend tattici dell’avversario e offrendo ineluttabili contromisure, in finale la Croazia ha surclassato gli accorgimenti del CT francese, creando di più e in maniera più pericolosa. Matuidi ha allora adattato il suo gioco, proponendo un esempio fulgido di quanto la tattica individuale sia imprescindibile nel calcio moderno. Se la Croazia ha cercato più insistentemente le fasce, Matuidi ha saputo allargare il proprio gioco, adattando la sua grande mobilità ad un contesto più verticale e meno posizionale. È riuscito ad offrire un’interpretazione posizionalmente più classica e vicina a quella di un esterno di centrocampo a 4 – assetto con cui la Francia ha flirtato spessissimo – pur mantenendo le sue peculiarità. Era una partita che richiedeva più dinamicità e più pensiero verticale, e Matuidi non si è tirato indietro. Questa rinnovata attitudine a difendere l’out si ritrova chiaramente nella passmap, che – giova ricordarlo – restituisce la posizione media di ricezione del pallone. Al netto dell’asimmetria di base del modulo francese (per non parlare di quello croato…) bisogna registrare le grandi difficoltà di Mbappé e Pavard dall’altro lato a difendere le incursioni di Perišić, quando invece possiamo dire che Matuidi e Lucas hanno messo la museruola a Vrsaljko.
Anche in una nazionale dal talento puro sconfinato, le doti di Matuidi hanno convinto immediatamente Deschamps ad affidarsi a lui come vero e proprio jolly equilibratore. Da Allegri a Deschamps, Matuidi ha conquistato i suoi allenatori perché è l’unico a saper mettere in campo qualità trasversali, adattandosi e plasmando se stesso al contesto come una gomma da masticare.