Dopo 6 partite (4 di campionato e 2 in Champions) si può dire che, prevedibilmente, la Juventus sia ancora un cantiere aperto.
Il cambio di allenatore (col passaggio da Maurizio Sarri ad Andrea Pirlo), dello staff tecnico e una preseason più corta del solito (i bianconeri hanno terminato la scorsa stagione il 7 agosto) facevano presagire delle difficoltà in avvio, fra l’altro comuni a quelle di altri club che hanno cambiato tanto fra l’ultima annata e quella attualmente in corso. Tuttavia, la partenza della Juve è stata al di sotto di quelle che erano le attese e le problematiche che la squadra sta affrontando sono forse superiori a quello che si poteva immaginare.
La transizione dal calcio di Sarri a quello di Pirlo è stata finora insoddisfacente, con i campioni d’Italia che si trovano a dover navigare in mezzo a problematiche strutturali che, al netto dei tanti cambi operati sul mercato, sembrano (almeno in parte) riproporre alcune delle criticità riscontrate già l’anno passato sotto la precedente gestione tecnica.
In questo senso, le partite contro Crotone, Verona e Barcellona rappresentano tre indizi che potrebbero fare una prova, pur nella diversità degli avversari affrontati. Contro il Crotone, l’impressione è stata quella di partita nella quale la panchina non ha aiutato la squadra, non leggendo alcune situazioni verificatesi in campo.
Nella sfida ai gialloblù, ancora una volta (come già accaduto nel passato recente) è stata la forte pressione individuale messa in campo dagli uomini di Ivan Jurić a creare più di qualche problema ai bianconeri.
Infine, in coppa dei Campioni, la Juventus è sembrata inerme contro un avversario comunque non irresistibile e reduce da un clásico tutt’altro che esaltante.
In generale, la squadra di Pirlo è apparsa in difficoltà in entrambe le fasi di gioco. Quando si tratta di costruire, i bianconeri riescono abbastanza bene a far uscire palla da dietro in situazioni di scarso o nullo pressing avversario. Vice versa, contro una prima pressione forte, il costrutto 3+2 sul quale si basa il primo possesso juventino va in difficoltà.
Quando poi la palla viene portata nell’altra metà campo, si evidenziano tutta una serie di problemi che fanno della Juventus appena la 11° squadra in serie A per IPO (Indice di Pericolosità Offensiva).
L’occupazione dei cinque corridoi verticali da parte degli invasori non è infatti sempre funzionale, come si è visto nel caso di Dybala e Kulusevski, finiti più volte nella stessa zona di campo contro il Barcellona.
In una squadra che gioca un calcio di possesso, in campo corto, calciatori come lo svedese o Chiesa (che erano abituati ad avere grandi spazi davanti) sembrano in questo momento in difficoltà. Lo scaglionamento offensivo della squadra risente della tendenza dei giocatori a rimanere troppo statici per aspettare il pallone sui piedi invece che muoversi per creare zone da attaccare. La squadra fa fatica a liberare uomini in zona di rifinitura (fra le linee avversarie).
In non possesso, poi, il 4-4-2 appare troppo scolastico e passivo, con l’undici bianconero che fa fatica ad assimilare una fase difensiva più attiva, così come già visto l’anno scorso.
In campionato, contro gli avversari fin qui incontrati, queste lacune sono rimaste coperte. E infatti l’IRD (Indice di Rischio Difensivo) bianconero è il 4° nella massima serie (41.6). Tuttavia, in Champions, contro avversari superiori (nel caso dei blaugrana), si sono evidenziati i limiti del momento attuale, con anche una prima pressione inefficace che costringe spesso la squadra a difendere in campo aperto contro pericolose transizioni. Fra l’altro, sia catalani che Crotone e Verona impostavano con una difesa a tre.
Il tempo per cambiare marcia c’è. Spetta ora a Pirlo scegliere se continuare sulla strada intrapresa (sperando in una veloce assimilazione dei suoi concetti da parte dei giocatori) o se invece cambiare strada e provare a trovare un compromesso, come ha cercato di fare Sarri in precedenza.