di Benedetto Minerva
La Juventus ha completato l’acquisto di sei grossi nomi in estate, a fronte di una cessione dolorosa ma remunerativa. Vediamo un po’ di numeri!
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]a Juventus ha concluso la prima fase della campagna trasferimenti 2016/17 con una spesa complessiva di 162,5 milioni di euro ed un saldo negativo tra acquisti e cessioni di appena € 4,9 milioni. Superato, dunque, il livello record di spesa del 2015/16 di € 149 milioni, la Juventus si piazza appena sotto i livelli di investimento delle due inglesi United e City con i loro € 190 e 215 milioni circa, lasciandosi alle spalle big del calibro di Chelsea, Bayern Monaco, Barcellona e Real Madrid. Al di là delle cifre investite quello che è opportuno analizzare è l’impatto economico e finanziario che questa finestra di calciomercato avrà nel bilancio bianconero 2016/17.
Di seguito le principali operazioni di acquisto e cessioni della sessione estiva bianconera, ricordando che nei flussi di cassa vengono conteggiati esclusivamente i costi dei cartellini al netto degli oneri ed eventuali bonus, escludendo ovviamente quelli che saranno gli eventuali valori di riscatto nei casi dei trasferimenti a titolo temporaneo.
L’acquisto di Higuain per € 90 milioni, quello di Pjanic per € 32 milioni, Pjaca per € 23 milioni, il riscatto di Lemina per € 9,5 milioni, l’ingaggio a parametro zero di Dani Alves ed il prestito per € 3 milioni di Benatia, hanno comportato maggiori costi per circa € 75 milioni, di cui € 31,4 milioni per ammortamenti annui e € 43,6 milioni (dato ufficioso) per ingaggi al lordo. A tali acquisti va aggiunto quello di Cuadrado, prestito oneroso triennale a € 5 milioni annui con facoltà (obbligo al raggiungimento di determinati obiettivi sportivi durante la durata contrattuale) di acquisto a titolo definitivo a fronte di € 25 milioni a cui detrarre quanto eventualmente già versato per l’acquisto temporaneo. L’acquisto di Cuadrado, dunque, non comporterà maggiori costi derivanti dal suo ammortamento, che avverrà solo a partire dall’esercizio in cui si verificherà la sua acquisizione definitiva.
Le cessioni di Pogba (€ 105 milioni), Morata (€ 30 milioni), Padoin (€ 0,6 milioni), Isla (€ 4 milioni), Pereyra (€ 13 milioni), la cessione temporanea di Zaza (€ 5 milioni), oltre alla scadenza di contratto di Caceres e Martinez, hanno comportato minori costi per € 41,7 milioni circa, di cui € 14,2 milioni per minori ammortamenti ed € 27,5 milioni (dato ufficioso) da risparmio ingaggi.
Dal punto di vista economico patrimoniale, dunque, la campagna trasferimenti della Juventus avrà (presumibilmente) un’incidenza negativa in conto economico pari a € 33,3 milioni circa dovuta a maggiori ammortamenti per € 17,2 milioni e maggiori ingaggi per € 16,1 milioni circa. Effetti negativi che, per il solo esercizio 2016/17, saranno compensati, dai circa € 89,5 milioni di plusvalenza derivanti dalle cessioni di Pogba (€ 72,6 milioni), Morata (€ 16 milioni), Isla (€ 0,7 milioni) e Pereyra (0,2 milioni). Una campagna trasferimenti che finanziariamente, oltre a rispettare i vincoli imposti dalle norme del FFP (livello degli stipendi attesi inferiore al 70% dei ricavi), non inficia quel sostanziale equilibrio di bilancio che se da un lato ha visto la società di Corso Galfer incrementare il livello dei costi operativi dai 196,3 milioni del 2011 ai 300,7 stimati per il 2016, dall’altro ha visto crescere il proprio fatturato dai 172,1 milioni del 2011 ai 387,5 milioni del 2016 (stimati dall’ultima semestrale Exor). Dall’insediamento del Presidente Andrea Agnelli (maggio 2010), la Juventus ha effettuato (compresa la prima fase della campagna trasferimenti 2016/17) acquisti per circa 690 milioni, cessioni per 404 milioni e fatto registrare plusvalenze per oltre 216 milioni.
La Juventus ha iniziato da appena un anno il suo percorso di crescita nella gestione autonoma del merchandising ed è facile ipotizzare come, già nei prossimi anni, l’opera di sviluppo del proprio brand oltreoceano (Cina, Giappone, Stati Uniti ed Australia), oltre all’indotto del progetto J-Village, porteranno ad un incremento dei ricavi commerciali tali da continuare a sostenere l’aumento dei costi della gestione sportiva.
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di Davide Terruzzi
Higuain e Pjanic i game changer della Juve, Pjaca quello potenzialmente in grado di “costringere” Allegri ad un cambio modulo. L’analisi del mercato con gli occhi del tecnico bianconero.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]G[/mks_dropcap]iorni fa mi è capitato di rivedere la semifinale d’andata con il Real Madrid. Sono passati appena due anni, ma il trattamento di rimodellamento della rosa della Juventus è stato profondo, talmente massiccio da consegnare ad Allegri una squadra nettamente diversa. L’ultima campagna trasferimenti, senza dimenticare quella della scorsa estate con la cessione di Vidal e l’acquisto di Alex Sandro, ha portato a Torino un parco calciatori più tecnico e meno fisico, forse più rispondente ai desiderata dell’allenatore, sempre più che convinto che la pulizia e l’esecuzione delle giocate siano decisive.
La Juve versione 2016/2017 parte inevitabilmente dal 3-5-2, il modulo di riferimento di una squadra che ha nella BBC uno dei principali punti di forza; Allegri però non è un estremista tattico, preferisce allenare dei concetti, creare quell’alchimia tecnica che deve esaltare le qualità dei giocatori. Nel biennio precedente, la sua Juventus ha spesso cambiato modulo nel corso della partita, assecondandone quasi i momenti: la rosa a disposizione consente al tecnico ora qualsiasi possibilità, aprendo la porta a diversi scenari.
L’interrogativo maggiore riguarda la posizione di Pjanic: posto che Lemina è un interno box to box, il centrocampista ex Roma dovrebbe iniziare nel ruolo di regista. Il bosniaco è un giocatore dalle grandi visioni di gioco, molto abile nel giocare sia sul corto che sul lungo, distribuendo i passaggi anche in verticale, con un eccezionale dominio della palla e una tecnica che gli permette di mantenerne il possesso nonostante la pressione avversaria. E quando rientrerà Marchisio? Il numero otto è stato l’equilibratore di questo biennio, ma in questa posizione è stato depotenziato: la Juventus ha perso un giocatore come Pogba, ma potrebbe spostare Marchisio nel ruolo di interno sinistro, dove ha dato il meglio di sé sotto Conte. Insomma si potrebbe rivedere qualcosa già visto nel primo anno di Allegri, quando era Pirlo a giocare da regista e Claudio ad agire sulla sua sinistra, sebbene il modulo di partenza fosse il 4-3-1-2. Non dovrebbero sorgere grossi problemi a livello difensivo: Pjanic copre bene la propria posizione, legge le traiettorie dei passaggi e intercetta diversi palloni a partita (1.6 contro 3.3 di Marchisio) ed è abbastanza mobile da poter coprire velocemente gli spazi ai suoi fianchi e alle sue spalle.
L’altro giocatore che cambierà la Juventus è Gonzalo Higuain. L’attaccante argentino non avrà certo bisogno di tempo per adattarsi al nuovo contesto, sebbene il sistema di Sarri sia diverso rispetto a quello bianconero: in confronto al suo ultimo anno sarà meno coinvolto nella fase di rifinitura del gioco, lasciando questo compito agli interni, agli esterni e a Dybala, ma gli verranno chiesti movimenti sull’ultima linea avversaria per attaccare la profondità e gli spazi ai fianchi dei difensori. Il centravanti possiede un bagaglio tecnico e tattico eccezionale, una profonda conoscenza dei movimenti per smarcarsi e liberare linee di passaggio per servire lui o i compagni: il gol con la Fiorentina all’esordio ne è un esempio, grazie a quel taglio verso l’esterno per aprire la possibilità di servire l’inserimento di Khedira. Higuain è inoltre molto abile nel muoversi all’interno dell’area di rigore, arma che potrebbe risultare decisiva grazie alla qualità tecnica di Alex Sandro e Dani Alves, due che sanno mettere in mezzo invitanti palloni. L’argentino potrebbe giocare persino da seconda punta, al fianco di Mandzukic, mettendo in mostra quella capacità di raccordo tra i reparti e i movimenti ad aprirsi sugli esterni visti a Napoli e Madrid.
Detto di Dani Alves, che diventerà invece un altro regista occulto della Juventus, un giocatore fondamentale per rompere il pressing avversario, il nuovo acquisto che maggiormente incuriosisce è Pjaca, l’unico probabilmente in grado di “costringere” Allegri a cambiare modulo. Il croato va ancora impostato tatticamente, ma ha una tecnica notevole, un dribbling secco, una progressione micidiale: potrebbe essere lui il giocatore che crea quelle percussioni tanto desiderate dal tecnico. Più avanti la Juventus potrebbe schierarsi anche con un 4-3-2-1 con il croato sul centro-sinistra e Dybala sul centro-destra, un sistema dove Pjaca agirebbe maggiormente come seconda punta aprendosi anche sulla fascia sinistra. Dalla sua esplosione, quindi, dipende un eventuale cambio modulo, possibilità che potrebbe essere garantita anche dal ritorno di Cuadrado che però sembra essere acquistato principalmente per giocare nel 3-5-2.
L’ultima Juventus di Allegri è stata una squadra anche in grado di difendersi bassa e poi risalire velocemente il campo grazie alla forza fisica e tecnica di Pogba, alla progressione di Alex Sandro, alla rapidità di Cuadrado e alla velocità di Morata, ma la versione 2016/2017 sarà un po’ più tecnica e questo probabilmente necessiterà probabilmente un approccio diverso, con un recupero palla più alto. Il diffuso tasso tecnico potrebbe e dovrebbe consentire quella che è stato un limite degli ultimi anni, quella capacità di riposarsi col pallone, gestire e congelare il risultato abbassando i ritmi, palleggiando con una ottima padronanza della palla e una sapiente comprensione degli spazi. Una Juventus che dovrebbe prendere campo grazie a un maggiore possesso, controllando le partite non solamente senza palla con la forza tattica- difensiva, ma anche tecnicamente, mandando a vuoto i tentativi di pressing avversari e riuscendo, grazie anche le qualità dei singoli, creare e trovare varchi contro squadre che si chiudono.
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del prof. Kantor
Siamo migliorati veramente? Siamo corti a centrocampo? E la Coppa d’Africa? Rischia di rovinare tutto?
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]P[/mks_dropcap]arlare del mercato non è mai semplice, specie per uno come me che alla fine di queste dinamiche capisce poco o nulla. È molto più facile per me parlare dei giocatori, del loro impatto sulla squadra o più in generale del tipo di reazioni che un mercato causa nei media e nella tifoseria. Ora i primi due argomenti sono stati coperti benissimo da Davide e non credo si possa aggiungere nulla di significativo; come opinione generale dico che questa è la rosa più forte e completa che la Juventus abbia mai avuto da che la seguo e che era difficile fare meglio di così, viste le costrizioni del mercato. Certo la cessione di Pogba, specie nei termini in cui si sta palesando in queste ultime settimane, non è una cosa facile da digerire. E appare chiaro che il suo arrivo alla Juve quattro anni fa a parametro zero implicava una sorta di Third Party Ownership “mascherata” da parte di Raiola. Ma il problema con Raiola è sempre il solito; ogni volta pensi: “basta fare affari con lui!”. Ma poi rifletti e ti convinci che razionalmente fare affari con lui conviene a tutti. E infatti tutti continuano a farne.
La novità di quest’anno è senza dubbio il fatto che, mentre moltissimi tifosi sono caduti di nuovo nel giochino perverso di giudicare una campagna acquisti dagli affari sfumati (e non da quelli fatti), i media ci sono andati molto, molto più cauti. Probabilmente memori della figura di guano fatta l’anno scorso, quando avevano intonato un de profundis precoce per una squadra che era evidentemente e chiaramente superiore di una spanna a tutte le altre, quest’anno si sono lanciati in lodi quasi imbarazzanti. Certo che rispetto alla concorrenza (quella italiana non ne parliamo, ma anche quella europea) la Juventus ha una profondità di rosa quasi illegale; per esempio può togliersi lo sfizio di schierare un attacco Higuain/Dybala una partita e dopo tre giorni schierare Pjaca/Mandzukic/Cuadrado in un 4-3-3 micidiale. Similmente una volta può fare il classico 3-5-2 con Alves e Sandro esterni e la volta dopo schierare una difesa a quattro Lichtsteiner/Benatia/Rugani/Evra che sarebbe quella titolare quasi ovunque.
Ma il centrocampo? È lì che secondo molti siamo deficitari. In realtà rispetto all’anno scorso si è semplicemente sostituito Pogba con Pjanic (e non è un miglioramento); però quello che faceva Pogba in fase offensiva lo può fare Pjanic (e pure meglio per me) mentre per la fase difensiva hai a disposizione due giocatori (Lemina e Asa) che l’anno scorso non hanno giocato quasi mai per vari motivi. Che Pogba sia un giocatore insostituibile è stato spiegato in lungo e in largo ed è assolutamente vero; e infatti la Juventus non ha neanche cercato di sostituirlo. Ha semplicemente preso un certo numero di giocatori (sei) che globalmente migliorano la qualità della squadra. E dato che il calcio è, per l’appunto, un gioco di squadra non è peregrino pensare che le cose siano migliorate.
Chiudo con due parole sulla Coppa d’Africa, che pare essere diventata il cruccio di molti tifosotti (e il benchmark con cui misurare la campagna acquisti “fallimentare” di Marotta); ricordo a tutti che quella Coppa dura un mese, che si disputa tra gennaio e febbraio quando non ci sono le coppe internazionali, che la Juventus avrà in rosa in quel periodo altri cinque centrocampisti e che, se proprio ci dovesse essere un accumulo di sfiga stellare in quel reparto, in quel periodo il mercato è aperto. Certo, chi si vuole disperare è padronissimo di continuare a farlo, ma per favore non faccia troppo rumore; quando guardo quello che mi piace, il casino mi rende nervoso.
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di Antonio Corsa
“La Juventus non vende i propri campioni”, ripete sempre Marotta. Poi, però, alla minima richiesta di cessione pare cedere subito. Perchè?
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]N[/mks_dropcap]e avevamo già avuto dimostrazione la scorsa estate, quando a fronte delle richieste di Tevez, la Juventus liberò il calciatore “per riconoscenza” e cercò di conseguenza un accordo economico con il Boca Juniors per non registrare una minusvalenza. Stessa cosa era accaduta con Coman, accontentato nella sua insistente richiesta di cessione verso il Bayern Monaco e, prima di lui, con Pirlo (tecnicamente ancora con un anno di contratto). Mettiamola così: “la Juve non vende i propri campioni (non avendo la necessità economica di farlo)”, come ci è stato spesso ripetuto, ma non trattiene nessuno controvoglia e, nel limite del possibile, accontenta la volontà dei calciatori. Una filosofia che è risultata nettamente in contrasto con almeno due casi che ci hanno riguardato da vicino, quest’estate: il no del PSG al passaggio in bianconero di Matuidi (nonostante le richieste anche pubbliche del calciatore, deluso e scontento) e il no dello Zenit all’acquisto last minute di Witsel (nonostante il giocatore fosse in Sede a Torino, avesse superato le visite mediche e avesse addirittura scelto il suo nuovo numero di maglia). Fanno meglio loro? Facciamo meglio noi? Noi siamo “deboli”? Loro “duri”?
Non lo so. Mi sono posto anch’io questa domanda, più volte, e la prima risposta è sempre quella di pancia, critica nei nostri confronti. Poi, però, ragionandoci a mente fredda, le perplessità scompaiono quasi sempre. Per un Lichtsteiner che resta e che – nonostante ciò – giura di impegnarsi e dare tutto per la maglia (e sono sicuro lo farà, da gran professionista quale è), ci sono tanti giocatori che invece, messi dinanzi a situazioni come quelle di Matuidi o Witsel, crollano psicologicamente, non rendono come dovrebbero e creano anche problemi a breve o medio termine.
Si è sempre lodato lo “spogliatoio” della Juventus e la sua “mentalità”, veri valori aggiunti. Non si creano dal nulla e non è l’aria di Vinovo a favorire un’atmosfera magica e la coesione tra i vari giocatori: è piuttosto la voglia e il desiderio da parte di tutti di remare nella stessa direzione, di avere piacere di stare assieme e giocare assieme, di voler fare sacrifici per raggiungere un obiettivo comune più grande di una mera soddisfazione personale, di voler vincere come squadra e con quella squadra. La Juventus è storicamente attentissima all’aspetto psicologico e di gestione del gruppo, oltre che a quello tecnico: i giocatori sono spesso selezionati anche per le qualità umane, oltre che calcistiche. Insomma, il non fare a braccio di ferro per trattenere gli scontenti, se da un lato indebolisce probabilmente il brand Juve e ci rende “deboli” alla vista degli spettatori esterni, dall’altra costituisce la miglior benzina per accendere il fuoco di quelli rimasti e potrebbe costituire il vero segreto meglio nascosto dalla Società.
Finora, i risultati sportivi hanno dato ragione alla Juventus. L’augurio è che anche questa volta vada così.