Il magnifico primo gol della Juventus con l’Udinese, quello che nasce da uno squisito scambio tra Higuain e Dybala, è l’ennesima causa per alimentare un dibattito che ormai imperversa in Italia.
Grande è la confusione sotto il cielo della narrazione del calcio giocato. Il nuovo anno è iniziato nel peggiore dei modi per come il nostro amato sport viene affrontato: il risultato è un dibattito completamente inquinato da un mix letale di ignoranza e malafede nel quale è assai difficile fare selezione tra la narrazione e quanto dice il campo.
L’ultimo spunto di polemica è la classificazione degli allenatori tra risultatisti e giochisti, tra quelli che insomma vorrebbero che la propria squadra ottenga la vittoria e coloro i quali invece preferirebbero scegliere la strada dell’estetica per poi giungere eventualmente al risultato. Una querelle che non ha senso d’esistere e non bisogna avere frequentato un corso a Coverciano o avere nel proprio cv un patentino da allenatore per comprendere come qualsiasi persona chiamata a guidare una squadra voglia vederla vincere grazie alle proprie idee. Ognuno di noi si augurerebbe lo stesso: vincere, il che ovviamente non comporta “alza la coppa, capitano, alzala”, perché per un tecnico significa centrare il traguardo posto dalla società che ti paga ogni mese. Per arrivare a questo obiettivo le strade possono essere diverse, alcune contrapposte alle altre, ma l’allenatore di qualità è quello che riesce ad arrivare a destinazione scegliendo la via più congeniale alle sue idee e alla caratteristiche dei giocatori che allena.
Questa classificazione insensata viene alimentata ad arte anche da alcuni ex allenatori che amano mettersi in cattedra per affermare e sentirsi dire che quel modo (il proprio) di giocare e intendere il calcio è l’unico vincente. Lo fa Arrigo Sacchi dalle colonne della Gazzetta; lo fa Fabio Capello in televisione; lo fa Massimiliano Allegri nelle interviste che rilascia. Non esiste, ed è talmente ovvio da scrivere che uno non avrebbe mai pensato di dover digitare la prossima frase, un unico modo per vincere, altrimenti qualsiasi allenatore andrebbe a replicare quel modello. Anzi, pure un top tecnico come Guardiola deve evolversi e adattarsi alle caratteristiche dei giocatori e della realtà in cui si trova pur mantenendo saldi i suoi principi; lo stesso Lippi, lo dimostrano le sue Juventus, lo ha fatto. Ed è quello che Maurizio Sarri intende svolgere oggi e lo afferma in conferenza quando sottolinea come la squadra che allena oggi non può essere come il Napoli che guidava qualche anno fa.
Il dibattito di cui sopra è ancora maggiormente inquinato tra chi segue abitualmente la Juventus. Lo è perché tra coloro che reputano legittimamente Massimiliano Allegri un grande tecnico che non andava esonerato ci sono coloro che utilizzano argomentazioni scellerate per andare a screditare, non criticare, la scelta della società e l’operato attuale di Sarri. Lo spunto più recente riguarda il primo gol realizzato contro l’Udinese in Coppa Italia: nello scambio continuo, una continua giocata a due, c’è chi ci ha visto unicamente tecnica individuale, sintonia naturale, libertà concessa ai giocatori, senza che ci sia un elemento tattico. Ora, e voglio essere chiaro, chi afferma questo o non sa minimamente cosa sia la tattica o/è in malafede.
“Altro che schemi, quella è la libertà, la tecnica, dei giocatori come diceva Allegri”. Questa è la argomentazione nemmeno troppo nascosta. Ed è una minchiata. Perché quella giocata nasce dalla tattica, nasce da una situazione voluta da Sarri, uno che chiede appunto sviluppo centrale e fraseggio nello stretto, provata in allenamento nelle partite a tema e nelle esercitazioni. Chi ha buona memoria si ricorda un allenamento estivo, uno dei primi, in cui lo stesso Sarri si libera urlando “oh così mi piace” riferendosi proprio a una combinazione stretta tra Cristiano Ronaldo e Higuain. Alla base di quella giocata ci sono competenza, capacità e continuità: solamente dando continuità a qualcosa puoi fare in modo che non sia estemporanea, dando ai giocatori quel linguaggio comune per leggere la realtà e praticare quello che si vuole.
Lo fa Sarri, lo faceva Allegri ma in un altro modo. La giocata sul secondo palo per Mandzukic è tattica, è una scelta, è una soluzione efficace. Affermare che queste giocate sono unicamente tecnica e libertà significa sminuire il lavoro e i meriti di qualsiasi allenatore oltre che a inquinare ulteriormente il dibattito e alimentare confusione. Noi vogliamo parlare dei meriti e delle difficoltà che Sarri sta incontrando, noi vogliamo parlare di calcio commentando serenamente quello che accade.