Lo scorso gennaio Deloitte ha pubblicato il suo report annuale, la Football Money League 2019 stilando per il quattordicesimo anno consecutivo la classifica dei club con i maggiori ricavi del calcio europeo. La DFML fornisce una fotografia degli introiti dei più importanti club europei, esclusi gli introiti provenienti dal player trading, facendo riferimento ai dati ufficiali disponibili e relativi alla stagione sportiva appena conclusa. Il grafico sottostante, di per sé eloquente, attesta che per il 12esimo anno negli ultimi 14, il Real Madrid è il club con i maggiori ricavi nel panorama europeo con i suoi 750,9 milioni di euro. Per la prima volta dal suo ritorno in Uefa Champions League, cioè dal 2013, Juventus esce dalla top 10 assestandosi all’undicesimo posto dietro al Tottenham che la ha scavalcata.
Nonostante le ottime performance economiche e sportive dell’era di Andrea Agnelli, il gap economico rispetto alla prima è continuato a crescere passando dai 247 milioni di euro del 2013 (+91%) ai 356 milioni del 2018 (+90%), certificando che se Juventus cresce, il Real Madrid continua a mantenere mediamente quasi il doppio dei ricavi.
Tuttavia non è stato sempre cosi, perché agli inizi degli anni 2000, Juventus era stabilmente nella top 5 per ricavi, quarta nel 2005 e terza nel 2006, ad appena 41 milioni di euro di distanza dal Real Madrid, che con i suoi 292 milioni di euro, fatturava appena il 16% in più. Nell’estate del 2006, lo scoppio di Calciopoli e la retrocessione in serie B hanno creato un punto di discontinuità, arrestando di fatto il processo di crescita economico e di immagine di cui hanno invece usufruito i maggiori competitor di quel periodo: Real Madrid chiaramente, ma anche Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United. Questi quattro club a partire dalla stagione del ritorno di Juventus in Serie A nel 2007/08, hanno cannibalizzato i primi quattro posti della Deloitte Football Money League.
Purtroppo la DFML non è stata l’unica cosa ad essere stata cannibalizzata. Infatti l’elevata capacità di spesa è stata pienamente messa a frutto, consentendo a questi club di portare a casa 10 delle ultime 14 edizioni della UEFA Champions League (fino al 2018). Il grafico sottostante, se mai ce ne fosse bisogno, rafforza il concetto che per chi ha più soldi vincere è più facile. Se la differenza di fatturato tra vincente e perdente della finale è piuttosto ampia (come è successo a partire dal 2013) vincere, per chi ha molti più soldi, è ancora più probabile.
Negli ultimi 14 anni (escluso il 2019), solo in tre occasioni la vincente ha fatturato meno della perdente, il Liverpool nel 2005, quello del 3-0 a fine primo tempo contro il Milan, l’Inter nel 2010, il cui fatturato veniva puntualmente rimpinguato a fine stagione dagli aumenti di capitale di Massimo Moratti per coprire gli ingenti buchi di bilancio, e il Chelsea nel 2012, la cui differenza con il Bayern Monaco era per la verità piuttosto esigua.
A partire dal 2008, Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United hanno innescato un meccanismo virtuoso fatto di vittorie, crescita del fatturato e crescita del marchio, che nel giro di un decennio le ha portate a scavare un solco importante con tutti gli altri club europei. A inizio del 2019, KPMG football benchmark, ha pubblicato il suo report annuale, The European Elite 2019, stilando la classifica dei club più preziosi nel panorama europeo. Ancora una volta, i sopracitati club occupano le prime posizioni.
Questa speciale classifica evidenzia che Juventus, oggi per valore, sta dietro non solo ai già citati quattro, ma anche ad altri cinque club, che non a caso militano nel campionato di calcio più ricco e famoso al mondo, la Premier League. Il fatto che questi cinque club, a cui si somma il PSG dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani, precedano la Juventus anche nella Deloitte Football Money League 2019 non è ovviamente una coincidenza.
Eppure nel 2013, come mostrato nel grafico seguente, Juventus fatturava più o meno allo stesso modo di Arsenal, Manchester City e Chelsea e più di Liverpool e Tottenham.
Se si guarda all’andamento storico del fatturato della Juventus alcune cose appaiono abbastanza chiare: primo, la retrocessione in serie B ha comportato un danno enorme sia a livello economico che di immagine e ha precluso un tentativo di sviluppo simile a quello di Real Madrid e delle altre ricchissime; secondo, la gestione di Cobolli Gigli-Blanc ha appiattito la crescita dei ricavi, portando il fatturato della stagione 2010-11, primo anno di presidenza di Andrea Agnelli, simile a quello della stagione di B di quattro anni prima; terzo, nonostante le buone performance economico-sportive della Juve, a partire dal 2013 l’assenza di un sistema Serie A competitivo con la Premier League, come più volte rimarcato dallo stesso presidente Andrea Agnelli, ha contribuito in maniera determinante all’incremento del gap economico anche rispetto a club di livello inferiore ai rivali storici, collocando Juventus in terza fascia in compagnia di Arsenal e Tottenham.
Nel giro di un decennio Juventus ha accumulato un ritardo economico piuttosto ampio, innescato dalla retrocessione in Serie B ma amplificato da un sistema Serie A non più propriamente competitivo. Questo si è ovviamente riflesso sulla capacità di mettere sotto contratto i giocatori più importanti, come avveniva invece a cavallo degli anni 2000, e di conseguenza sul rendimento nella massima competizione europea.
Continua…