Chi ha iniziato a seguire il calcio femminile da pochi anni, non ha avuto il privilegio di vedere giocare alcuni dei talenti della generazione passata. Queste donne hanno tracciato, grazie alla loro passione e agli immensi sacrifici fatti per rimanere ai massimi livelli, una strada che le calciatrici del presente hanno l’onere e l’onore di portare avanti.
Il mondiale 2019 in Francia rimarrà indelebile per molti momenti: la doppietta di Bonansea, la tripletta di Girelli e le sue lacrime contro l’Olanda, le parate di Giuliani ma anche per i tiri micidiali da fuori di una giovane ragazza milanese, Aurora Galli.
Aurora, per tutti semplicemente Iaia, è nata a Milano il 13 dicembre 1996 e cresciuta in un piccolo paese in provincia di Pavia, Tromello, insieme ai suoi genitori, il fratello Alessandro, più grande di 6 anni e la sorella Andrea, più grande di 3.
La più piccola della famiglia Galli si appassiona sin da piccola al calcio tifando Inter e già a 4 anni aveva il pallone fra i piedi: il passaggio dalle partitelle con gli amici e la sorella al parco, alla prima squadra giovanile è stato naturale.
I primi tornei e campionati sono con la divisa della formazione mista della Pro Vigevano, fino a 11 ann,i prima di essere notata e reclutata dal Garlasco che la inserisce nelle proprie squadre maschili di categoria: prima negli esordienti e poi con i giovanissimi provinciali con cui vince anche il campionato.
“C’è una ragazzina molto brava che gioca con i maschi”, la voce arriva fino all’Inter Milano e le nerazzurre non si fanno scappare questo talento tesserandola per le proprie formazioni giovanili femminili.
E’ proprio qui che, nel 2011, Galli si toglie altre soddisfazioni vincendo il campionato delle Allieve Nazionali per poi farsi notare al Trofeo delle Regioni: quelle prestazioni le valgono anche la selezione per l’U17 a soli 15 anni con cui debutta a fine ottobre contro le pari età della Macedonia.
La costante che accompagna sempre Iaia è la famiglia: non importa se d’estate, d’inverno, con la pioggia o con la neve, ad aspettarla dopo ogni allenamento c’è sempre Andrea con un grande sorriso.
La stagione successiva, ad appena 17 anni, debutta in prima squadra con la maglia nerazzurra in serie A2 e l’anno dopo è un punto fermo della formazione che vince il proprio girone e conquista la serie A.
Come già successo fino ad ora, il suo talento è sulla bocca di tutti gli osservatori ed è la Torres neocampionessa d’Italia, ad assicurarsi questo giovane talento.
Aurora è subito al centro del progetto e gioca titolare dalla prima partita contribuendo alla vittoria della Supercoppa Italiana, della Coppa Italia ed al secondo posto in campionato.
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La Supercoppa Italiana è il primo trofeo importante per Iaia
Proprio in questa prima stagione sarda, debutta anche in Uefa Women Champion’s League in terra russa: arriva una sconfitta di misura, “vendicata” però al ritorno con la vittoria che vale i quarti di finale.
La distanza da casa si fa sentire ma la voglia di giocare a calcio è ancora più grande: queste esperienze fatte in giovane età, fuori dalla casa di famiglia temprano il suo carattere e le permettono di maturare velocemente.
Dopo il fallimento della Torres nell’estate 2015, Aurora si riavvicina a casa ripartendo da Mozzanica, Bergamo, per poi passare l’estate successiva ad un’altra squadra storica del nostro calcio, l’ASGM Verona con cui chiude il campionato con 22 presenze e 2 reti segnate.
Nonostante ancora la giovane età è un punto fermo di tutte le sue squadre di club e le sue prestazioni sono di altissimo livello, tanto da valerle a fine 2015 la prima convocazione con la nazionale maggiore.
L’estate del 2017 è quella della svolta per Iaia: dopo aver debuttato in un grande torneo, l’Europeo in Olanda nella vittoria ininfluente per 3-2 contro la Svezia (questa partita è però importante nella storia della nazionale perché segna l’addio al calcio ad 11 di Melania Gabbiadini), arriva una chiamata inattesa.
“Ciao Iaia, sono Rita (Guarino). Ti voglio con me alla Juve”.
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Primo giorno in bianconero con l’amica Lisa Boattin
Quella chiamata le cambia la vita perché a Torino, diversamente dalle altre squadre in cui ha militato, mette radici profonde ed in poco tempo diventa una delle intoccabili della Coach bianconera.
La sua solarità, l’essere sempre positiva, il suo altruismo la rende in fretta una delle leader silenziose del gruppo bianconero.
Nella prima stagione torinese, Iaia esplode anche dal punto di vista realizzativo: 7 reti totali fra campionato e Coppa Italia (5+2) ed uno dei rigori realizzati che a Vercelli regalano il primo scudetto alle bianconere.
Grazie a Guarino ed ai “consigli” di Stefano Braghin che la pungola spesso nel provare a calciare da fuori area tanto da sfidarla a finire una stagione in doppia cifra nelle reti realizzate, Aurora diventa sempre di più anche una specialista dei gol da fuori.
Al Mondiale i 2 missili da oltre 25 metri che finiscono in fondo al sacco di Giamaica e Cina portano proprio la sua firma e sono gol pesantissimi.
E’ il momento più alto finora raggiunto in nazionale ma Aurora sta già scaldando il piede, l’Europeo inglese è proprio dietro l’angolo.
Una vita da mediano, non solo ringhiando sulle caviglie delle avversarie, ma come tutti i centrocampisti moderni gestendo anche una quantità infinita di palloni in fase di costruzione. Solo questo la rende una pedina preziosa, in maglia bianconera o azzurra poco importa. Ma Aurora è ancora di più, è una ragazza a cui è stato dato un talento fin da giovane e quel dono l’ha onorato sempre con il (tanto) lavoro, la passione e l’altruismo di fare una corsa in più per aiutare una compagna in difficoltà.
Caratteristiche simili a quelle di Iaia Galli appartengono sicuramente ad una icona, appunto, del calcio femminile italiano del passato: Alessia Tuttino. Spesso paragonata all’ex collega Gennaro Gattuso per grinta ed agonismo, Tuttino è anche dotata di ottima tecnica palla al piede. I pochi gol segnati in carriera sono spesso arrivati da fuori area, esattamente come la bianconera Galli.
Mediano di grande personalità, corsa, resistenza atletica ed intensità, con i suoi modesti 163 cm di altezza è stata per anni il perno del centrocampo della Nazionale nonché delle squadre di vertice della Serie A. Juventina DOC, racconta di essersi ispirata proprio ai mediani che negli anni hanno vestito la maglia bianconera.
Conosciamola meglio.
Alessia Tuttino nasce a Udine il 15 marzo 1983 e indossa gli scarpini da calcio all’età di 7 anni, con i pulcini prima ed esordienti poi della squadra (maschile) del Basiliano. Raggiunta la soglia massima che consentiva alle giovani calciatrici di giocare con i colleghi del sesso opposto, compiuti i 14 anni Alessia sposa il progetto del Tenelo Club Rivignano, dove rimarrà fino al 2001 disputando, nel frattempo, i campionati di serie C e B.
A 18 anni si sposta in quella che diventerà la città-simbolo di tutta la sua carriera: Verona. Dopo una stagione al Foroni, nell’annata 2002-2003 Alessia firma per il Bardolino Verona. Qui si consacra definitivamente come una delle migliori centrocampiste italiane in circolazione, e nelle sette stagioni di permanenza nella terra di Romeo e Giulietta colleziona ben 4 Scudetti, 2 Coppe Italia e 3 Supercoppe. “Lì ho vissuto gli anni migliori – racconta – perché ho vinto tutto con quella maglia. Il ricordo più bello è stata la semifinale di Champions League.”
Dopo una parentesi poco fortunata al Chiasiellis, Tuttino disputa una buona stagione alla Roma CF andando a segno 4 volte in 23 partite disputate, per poi approdare nel 2011 al Tavagnacco, altra società “della vita” di Alessia. Qui rimane fino al 2018: nel frattempo colleziona ben 166 presenze in maglia gialloblù ed aggiunge altre due Coppe Italia al suo già ricco palmarés. “È stata un’esperienza bella ed entusiasmante, perché avevo al mio fianco giocatrici come Camporese, Brumana e Masia. C’era un bel progetto in atto, vincemmo per due volte la Coppa Italia e sfiorammo alcune volte lo Scudetto.”
Poi l’addio (anzi, l’arrivederci) al calcio giocato: nel 2018 non rinnova il contratto con il Tavagnacco e si svincola. Alessia ha un altro grande sogno da realizzare: quello di mettere su famiglia. Sogno che realizza lo stesso anno, quando sposa Lorenzo e poi dà alla luce il suo primogenito Tommaso.
“Sport e maternità dovrebbero andare a braccetto, perché praticare sport aiuta sia a diventare mamme che ad esserlo, e soprattutto si può organizzare il tempo in maniera migliore.”
La Tuttino calciatrice è però stata un punto di riferimento non solo di Bardolino e Tavagnacco, bensì anche della Nazionale, in riferimento alla quale ha il grande rammarico di non aver potuto disputare i Mondiali. Ha vestito la maglia azzurra dal 2005 e partecipato agli europei del 2009 (segnando anche il gol-vittoria contro l’Inghilterra nella fase a gironi) e nel 2013. In totale colleziona 133 presenze e 16 reti. Oggi racconta: “Spero che la Nazionale Italiana diventi un top team del calcio femminile mondiale, anche per tutti i sacrifici che abbiamo fatto noi ragazze della vecchia generazione. Vorrei che questo sport venisse praticato in maniera professionale e professionistica. Sono le istituzioni a dover credere in questo sport: fino ad ora le uniche a crederci siamo state noi.”
Come detto, Alessia non ha però appeso gli scarpini al chiodo in maniera definitiva. Recuperata una buona condizione atletica nel post-maternità, torna a farsi sentire la voglia di scendere in campo. E dove farlo se non “a casa propria”? Così a settembre 2020 firma nuovamente per il Tavagnacco, nel frattempo retrocesso in Serie B. “Mi mancava l’adrenalina da campo. Dopo aver avuto Tommaso ho deciso di giocare nuovamente e riavere un po’ di tempo per me stessa. Il direttore sportivo Tosolini mi ha chiamato dicendo di provare a fare un allenamento e da lì sono nuovamente ripartita.”
Racconta inoltre che le piacerebbe rimanere, in futuro, nell’ambiente calcistico, magari dietro ad una scrivania da dirigente oppure in panchina come allenatrice. Ma nel frattempo pensa solo a trascinare al vertice del campionato la sua squadra storica, che al momento occupa la terza posizione in classifica. La rivedremo nella massima serie? Mai dire mai…