di Alessandra Roversi
Alessandra Roversi sulla cessione di Bonucci al Milan e sulla scelta aziendale della Juventus d’accontentare i giocatori.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]P[/mks_dropcap]rovate a immaginare che odiate il vostro lavoro, non sopportate più il vostro capo o semplicemente non gradite le vostre mansioni come una volta. Fate una lettera di dimissione, la consegnate al capo delle risorse umane e la sua risposta è: “no, non l’accettiamo. Torna a lavorare e te ne stai lì fino a quando noi decidiamo il contrario”.
Oppure immaginate che vi troviate bene nel vostro posto di lavoro, ma un giorno vi chiamano per dirvi che vi hanno trasferito in Norvegia. Voi non avete scelta e potete solo accettare.
Quando si parla della gestione di una squadra di calcio, si fa sempre differenza tra la gestione amministrativa e quella sportiva. Ed è anche giusto che sia così, visto che anche dal punto di vista puramente amministrativo i calciatori vivono in un mondo a sé. Hanno dei contratti particolari, che non hanno nulla a che fare con quello di un impiegato di banca o un capo d’informatica di un’azienda qualunque.
La realtà è che i calciatori sono un po’ come le proprie figurine: devono essere scambiati (per soldi o per altre figurine) per continuare a restare in circolazione, altrimenti finiscono nel cassetto. E se ci pensate è un dramma.
Andrea Pirlo, Carlos Tévez, Arturo Vidal e Paul Pogba. Sono tre anni che la Juventus saluta ogni estate almeno un nome eccellente e, puntualmente si scatena l’ormai consueto ‘moriremo tutti’ nei social network. L’ultimo della lista è Bonucci. Se ne va al Milan. Le cifre sono sicuramente inferiori a quelle che si vedono in Premier per giocatori infinitamente inferiori a uno del migliori centrali del mondo, però lui ha voluto andare dai ‘rossoneri’ ed è stato accontentato. Senza rancore e senza quella rabbia che ha il tifoso medio in questo momento, che non l’avrebbe mai venduto in Italia.
Se, però, un giocatore non vuole continuare in una società, perché dovresti trattenerlo contro voglia? I tifosi non riescono a perdonare ancora all’attuale dirigenza la linea intrapresa di lasciar andare qualunque giocatore chieda di essere ceduto. Personalmente, la ritengo una scelta molto coraggiosa e, soprattutto, ammirevole. Sotto la guida di Agnelli dall’estate del 2010, la Juventus ha provato a umanizzare i giocatori dando loro la possibilità di consegnare la lettera di dimissione come se fossero impiegati amministrativi anziché sportivi. Nel caso di Tévez, hanno anche dovuto fare un po’ i ‘salti mortali’ a livello di bilancio con delle contropartite affinché non ci fosse una minusvalenza, ma l’hanno accontentato come hanno fatto con tutti gli altri. Questa scelta si chiama umanizzare i giocatori. Trattarli da umani e non da figurine. Non siamo abituati, ma oggettivamente è una cosa che è avanti anni luce dalla gestione del calcio d’oggi.