Dopo il buon pareggio di Madrid e con un solo allenamento nelle gambe, la Juventus si rituffa nella Serie A. Incontrare il Verona significa giocare con un avversario sulla carta abbordabile, che non chiede energie psicofisiche eccessive dopo la prova in Champions League. Tuttavia, la squadra di Jurić ha messo in grande difficoltà la Juventus, specialmente nella prima frazione.
Da buon discepolo di Gasperini, Jurić ha portato a Verona tre caratteristiche del proprio maestro molto riconoscibili: la difesa a tre, l’aggressività, e le marcature uomo su uomo a tutto campo. Proprio le ultime due componenti hanno messo in grande difficoltà la Juventus, e nelle prossime righe cercheremo di capire perché.
Il 3-4-3 dei veneti regalava al match dei duelli individuali disseminati lungo tutto il campo. Non un caso, e anzi una disposizione ricercata con minuzia.
In effetti, in non possesso Verre stringeva la posizione e si occupava di marcare Bentancur, soffocando così la fonte di gioco della Juventus. Gli altri due attaccanti andavano schermare le linee di passaggio ai centrali, mentre gli esterni di centrocampo si spalmavano sui terzini bianconeri, assicurandosi di tenerli nella metà campo dei padroni di casa. Le mezzali erano accompagnate da Veloso e Amrabat, entrambi autori di partite molto generose. Senza paura né della parità numerica sull’ultima linea né di tenere la linea di difesa a centrocampo, Jurić ha affrontato i campioni d’Italia a viso aperto e con un piano gara molto definito.
La costruzione bassa della Juventus, come ammesso dallo stesso Sarri in conferenza post-partita, soffre ancora di qualche insicurezza (psicologica, secondo l’allenatore). Su queste insicurezze il Verona ha costruito la propria partita, memore delle difficoltà incontrate dalla Juve nella trasferta con la Viola. Come fu a Firenze infatti, oscurare il playmaker porta maggiori responsabilità sia ai terzini che alle mezzali. Quest’ultime però, abbassandosi, hanno portato i diretti marcatori ancor più vicini al cuore della costruzione, favorendo la densità in zona palla ricercata dal Verona. Grazie a questa densità e al moto perpetuo dei suoi giocatori, nel primo tempo il Verona ha recuperato ben 15 palloni nella metà campo della Juventus
Per di più Bentancur, ma anche Ramsey e Matuidi, si limitavano a giocare la pared con i centrali che si vedevano restituita la palla immediatamente. L’uruguaiano ha sofferto particolarmente questo tipo di gioco, toccando appena 36 palloni nei 51 minuti in cui è stato in campo. Se invece uno dei centrocampisti tentava di controllare il pallone e poi girarsi fronte alla porta, la seconda linea di pressione dei veneti si alzava immediatamente per prevenire il collasso del pressing (ogni tanto anche ricorrendo alle maniere forti). Passare da una situazione di palla coperta a una di palla scoperta è deleterio e avrebbe fatto saltare tutto il meccanismo di pressing.
Se Matuidi prova ad offrire una linea ai compagni, Amrabat lo segue profondissimo, lasciandogli solo il retropassaggio come opzione.
Inoltre, né Alex Sandro né Danilo si sono mai presi il rischio di abbassare il diretto marcatore e creare spazio per l’allargamento della mezz’ala con corse in profondità (lo ha fatto solo, un po’ casualmente, Danilo all’inizio dell’incontro). Ad ogni modo, i due terzini sono stati uno sfogo naturale per la manovra, e non deve sorprendere che siano stati i giocatori a toccare più palloni (83 Sandro, 82 Danilo).
Questa asetticità ha acuito le situazioni preparate dal Verona e ha messo in imbarazzo la prima costruzione della squadra, che non è riuscita né a coinvolgere Buffon – comunque mai veramente a suo agio con i piedi – né a trovare soluzioni alternative al lancio lungo. Tutto questo ha spaccato la Juve in due tronconi, abbandonando di fatto gli attaccanti e relegandoli lontano dalla palla. Solo alcuni movimenti di Dybala a venire incontro hanno dato sporadica superiorità numerica al centrocampo bianconero.
Nel secondo tempo l’intensità del Verona è calata, ma la squadra di Jurić ha continuato a tenere mediamente lunga la Juventus, costringendola a difendere rincorrendo palla ed avversari.
Probabilmente l’aver cambiato tanti uomini ha tolto certezze alla squadra, e specialmente in difesa il tasso tecnico è sceso di parecchio (Demiral per de Ligt e Szczęsny per Buffon) con conseguenze forti per l’uscita palla. Secondo Sarri vanno oliati alcuni meccanismi, in particolar modo degli esterni; ma è soprattutto la dimensione psicologica, la timidezza, a far sì che il sistema codificato di uscita della sfera si inceppi contro pressioni ariose e iperoffensive. Curiosamente, si tratta dello stesso difetto ravvisato in situazioni completamente diverse, ossia le marcature a zona in area di rigore in occasione dei gol dell’Atlético. Una cosa è certa: la Juventus ha il potenziale per uscire da questi colli di bottiglia, e il suo allenatore ha il potenziale per insegnarle a dovere.