Un bilancio argomentato del matrimonio tra Cristiano Ronaldo e la Juventus, dal punto di vista sportivo, economico, ed affettivo.
Il 10 luglio 2018 ho passato l’intero pomeriggio ad aggiornare il profilo twitter della Juventus e quello del Real Madrid, nella speranza di veder ufficializzato un sogno coccolato nei giorni precedenti. Trascinavo e rilasciavo il dito sullo schermo del telefono, spasmodicamente, con quel livello di assuefazione e vuoto cognitivo che solamente i social sanno nutrire; all’ufficialità, regalata dal sito dei merengues, ho liberato la tensione ed esultato come se la Juve avesse segnato in una partita di Champions League, correndo e saltando per casa. Tre anni dopo mi ritrovo a scrivere un articolo molto negativo sull’impatto di Cristiano Ronaldo alla Juventus.
L’operazione Cristiano Ronaldo è stata un fallimento. Non trovo altri termini per definirla, né ho voglia di annacquare la mia opinione spendendo parole come “negativa” o caute perifrasi come “si poteva far meglio”. Alla terza voce della definizione di ‘fallimento’ su Treccani, troviamo: “Esito negativo, disastroso, grave insuccesso”, e quest’ultima è proprio quella che descrive bene, a mio avviso, l’intero triennio.
Le lenti attraverso cui valutare questi anni dell’extraterrestre a Torino sono essenzialmente due: quella sportiva (trattata da Davide qui) e quella economica (passata in rassegna da Massimo qui). Dico questo perché fondamentalmente l’acquisto del giocatore più mediatico al mondo rispondeva a due esigenze: la prima, alzare il livello della squadra per puntare con decisione alla Champions League; la seconda, posizionare la Juventus ancora più in alto nel panorama mondiale, aumentando le entrate da sponsor e merchandising e facendo crescere il fatturato nonostante il costo elevato del suo ingaggio. È bene comunque sottolineare come, a mio avviso, le due dimensioni sono inestricabilmente legate: teniamo d’occhio il suo operato in campo sapendo che costa una fortuna e giudichiamo il suo costo a bilancio sulla scorta delle performance sportive.
Sportivamente parlando
Cristiano Ronaldo ha segnato 101 reti in 134 presenze con la maglia bianconera: 81 in Serie A, 14 in Champions League, 4 in Coppa Italia e 2 in Supercoppa. In questi tre anni, la Juventus ha vinto 2 Scudetti, 2 Supercoppe, 1 Coppa Italia. In Champions League, la vera cartina tornasole del suo impatto, si è fermata ai quarti e poi due volte agli ottavi, cedendo il passo a squadre sempre e progressivamente più abbordabili (Ajax, Lione, Porto). Una Champions League che Andrea Agnelli ha posto come obiettivo dichiarato per tutti e tre gli anni (per quello appena cominciato invece, curiosamente, no). Cristiano però, con noi, ha segnato molto di meno rispetto al suo storico.
A chi spiega questi numeri con la fallacia secondo cui “in Italia i difensori sanno difendere, mica come in Spagna”, fate vedere la serie in Champions League: 6-4-4. Ha giocato meno partite? Neanche tanto: 9-8-6 vs 12-13-13 dell’ultimo triennio madrileno. E ancora: quante prestazioni fantasmagoriche ricordiamo a parte la tripletta all’Atléti il primo anno?
Per giunta, il monte gol della Juventus pre-Cristiano era in linea con quello dal 2018 in poi, se non addirittura superiore: motivo per cui è difficile sostenere che il calo sia dovuto all’inadeguatezza tecnica della squadra, e sembrerebbe anzi ascrivibile ad un calo generale delle sue performance (ci sta, il tempo passa anche lui).
Insomma, sia Cristiano Ronaldo che la Juventus hanno visto le proprie performance sprofondare. Se sia una questione legata all’età che avanza per il primo o all’inadeguatezza tecnica per la squadra, lo lascio giudicare a voi. È tuttavia un dato di fatto che la Juventus negli anni precedenti al suo arrivo aveva fatto un ottavo (vs Bayern), una finale (vs Real) e un quarto (vs Real), uscendo contro squadroni per un nonnulla. Lo stesso portoghese non aveva mai mancato una semifinale di Champions dal 2009/10. Un matrimonio poco conveniente per entrambe le parti.
Cristiano Ronaldo ha comunque marcato due record con la maglia bianconera: il giocatore a segnare per più partite consecutive in Serie A (11) e il giocatore con più reti in una singola stagione (37 nel 2019/2020, la sua annata migliore con la Juve). Ma a mio avviso i suoi risultati personali contano molto poco se poi le performance di squadra sono andate in calando: il calcio non è uno sport individuale, e lui stesso – almeno a parole – ha sempre lasciato intendere che i record personali sono secondi agli obiettivi collettivi.
Per di più, lui non è “uno qualsiasi”, la Juventus non l’ha ingaggiato per fargli vincere la classifica cannonieri (cosa che gli è riuscita solo una volta, nella stagione scorsa) o la scarpa d’oro, ma per conseguire risultati sportivi di squadra. Non sono arrivati, e lui è responsabile tanto quanto gli altri calciatori – se non di più. Insomma, Cristiano Ronaldo è parte integrante della quadra, non è un 12esimo giocatore che segna gol quando serve senza doversi accollare altri oneri.
Già, il campo. Cristiano ha costretto i suoi allenatori a fare i salti mortali. Allegri, Sarri e Pirlo sono stati tutti accomunati dal tentativo di farlo giocare al centro dell’attacco, ricevendo per tutta risposta rifiuti in serie e un’insopportabile anarchia sul rettangolo di gioco. Se è legittimo ritenere che Cristiano dovesse essere al centro del progetto Juventus, non lo è pensare che potesse esserne al di sopra.
Economicamente parlando
Non credo di avere le conoscenze necessarie per parlare compiutamente di conti economici. In questa sede, mi limito a rimandare all’articolo di approfondimento del suo impatto a bilancio appena arrivato e a quello complessivo del triennio. Cristiano Ronaldo NON si è ripagato con la vendita di magliette (una bufala che qualcuno per fortuna ebbe immediatamente a smentire), e se è innegabile che abbia contribuito in maniera decisiva alla revisione di accordi di sponsorizzazione (adidas e Jeep su tutti) è innegabile che con la pandemia di Covid-19 i suoi costi – già alti, troppo alti – siano diventati insormontabili.
Già, il Covid. Non c’è dubbio che abbia influito pesantemente sui bilanci delle squadre di calcio, ce lo hanno ripetuto fino alla nausea. Tuttavia, era evidente già dal primo immacolato bilancio, che il salto fosse più lungo della gamba. Di certo la pandemia ci ha messo il carico, ma forse ha anche convenientemente mascherato l’errore contabile.
A questo va aggiunto che la Juventus è stata appesantita dal suo ingaggio e che l’impossibilità di agire sul mercato ha inevitabilmente portato ad un peggioramente tecnico della rosa. Tolto il 2018/2019, dove a mio avviso c’era una rosa di qualità superiore a molte altre pretendenti alla Champions League, la Juve ha visto un depauperamento tecnico non indifferente, dato soprattutto dall’incapacità cronica di agire a centrocampo. Non siete d’accordo sul fatto che la squadra sia in caduta libera? Legittimo, ma allora se la squadra era competitiva bisogna giudicare ancora più pesantemente le débâcle sportive.
Tutto il resto
Avevo detto che le dimensioni per giudicare la sua esperienza in bianconero erano sostanzialmente due (sportiva ed economica). Ho mentito, e credo che varrebbe la pena introdurre altre piccole varianti nella bilancia finale.
Ad esempio, dal punto di vista mediatico? Inizialmente l’operazione ha vissuto di luce riflessa del successo di CR7. Ricordiamo tutti l’incessante crescita verticale del fandom sui social, che ha portato la Juventus ad essere la quarta squadra di calcio più seguita sul web. Ma poi? L’uscita di scena del campione portoghese non è stata una bella pubblicità per nessuno, e i social stanno facendo la conta dei danni in diretta. Che figura ci fa la Juventus a lasciar andare il suo campione a tre giorni dalla chiusura del mercato? E lui, accolto come un re e scappato come un ladro? Quanto ci metterebbe un appassionato qualsiasi a capire che nessuna delle due parti voleva continuare un matrimonio che stava in piedi solo perché c’erano (tanti) soldi di mezzo?
E ancora. A sentire le voci dei beninformati, a Cristiano Ronaldo sono stati concessi comportamenti fuori le righe che avrebbero portato a sanzioni esemplari se commessi da altri tesserati: ritardi, rifiuti di sostenere alcune sessioni di allenamenti, assenze mascherate da permessi, etc. Di conseguenza, altri giocatori avrebbero preso l’abitudine agli stessi comportamenti – diciamo “poco professionali” – senza paura di ritorsioni, venendo completamente a mancare la funzione dissuasiva delle sanzioni. Quale gruppo di lavoro puo sostenersi su queste premesse?
C’è un lato, quello emotivo, nel quale secondo me il matrimonio è stato un successo: l’aver fatto sognare i tifosi, i bambini, chiunque avesse ammirato il campionissimo sbarcato a Torino. Affettivamente, almeno all’inizio, è stato un giubilio, un’onda travolgente che ha fatto tremare le stesse fondamenta del nostro tifo. Il fatto è che poi questo terremoto ha lasciato macerie.
Tiriamo le somme
Insomma, col senno di poi per me l’operazione è stata fallimentare. E si badi bene, lo è stata per lui tanto quanto per noi: il declino sportivo lo ha vissuto lui in prima persona. Per un atleta ossessionato dalla vittoria questi anni a Torino devono essere stati una prigionia dorata – ma tra i carcerieri c’è anche lo stesso Ronaldo. È innegabile che la Juventus non sia stata all’altezza di Cristiano Ronaldo; ma lui è stato all’altezza di se stesso e della sua storia?
Se qualcuno, a distanza di anni mi chiedesse quanto è stato bello vivere la parentesi di CR7 alla Juventus, sono sicuro che comincerei con un’avversativa: “Si, ma…”. Sento spesso dire che poter raccontare di aver avuto Cristiano Ronaldo nella propria squadra deve essere un orgoglio. E questo è anche condivisibile: parliamo pur sempre di uno dei più grandi del nostro sport preferito. Ma siamo sicuri di volerlo raccontare tacendo delle difficoltà e del declino della squadra?