Cosa sta succedendo alla Juventus?

Le ore successive a una sconfitta sono un classico. Post d’insulti ad Allegri, ai giocatori, alla società, pessimismo cosmico che Leopardi spostati, rappresentano un must sui social. È molto complicato, se non impossibile, fare un’analisi a caldo di quello che sta succedendo dentro la Juventus in questi primi mesi d’inizio stagione, perché l’emotività del momento tende a farsi sentire e rischia di portare fuori strada. C’è un tratto comune distintivo che collega le partite della squadra d’Allegri ed è l’incapacità di eliminare quei momenti della partita in cui si perde la connessione mentale, che sia di fronte a un gol o un torto subito non cambia, e si entra dentro un black-out in cui tutto può succedere. Non è assenza dal campo, ma la mancanza d’equilibrio che si traduce in tentativi da parte dei singoli di risollevare velocemente il risultato: ognuno prova a fare quello che sa fare meglio, diversi diventano egoisti e s’improvvisa eccessivamente. La mancanza di lucidità e calma in questi frangenti risulta spesso determinante, perché ci si allunga, si perde l’equilibrio in campo e si prendono contropiede. Si è poco squadra. Capita, è calcio bellezza, di sbagliare, ok sbagliamo un po’ troppo, e di prendere gol in mischia, ma è la reazione a essere sbagliata.

Giustamente, poi, si deve parlare di cattiveria, di rabbia, di intensità da portare per novanta minuti, ma sempre partendo dal presupposto che le difficoltà attuali della Juventus sono principalmente mentali. Un giocatore al posto di un altro può avere un effetto benefico, ma di certo non risolve quello che è una costante di questi primi mesi. Vincere è sempre in salita, lo è stato in questi sei anni straordinari in cui si è vinto il campionato, stanca, logora mentalmente, ti spinge a dover vincere sotto pressione: la rosa della Juventus è composta da giocatori esperti e chi fa parte di questa squadra sa che è così. Inoltre, i giocatori lasciano l’impressione di avvertire la sensazione di un uso del Var a corrente alternata, percezione che innervosisce ulteriormente e porta sconforto: non è una scusante, ma è un fattore da non trascurare.

Non ci può e non ci deve essere spazio per la rassegnazione; questa va trasformata in rabbia, concentrazione, attenzione ai dettagli, cattiveria sotto porta, cinismo. Non bastano 10 minuti da incazzati, a babbo morto, per vincere le partite: la Juventus è in parte eccessivamente consapevole dei propri mezzi, per natura meno agguerrita di alcune versione precedenti, gioca troppo col fioretto. Partite come Udine in cui succede di tutto ma vinci possono risultare dannose, mentre la miglior Juventus di questa stagione è stata quella col Milan, proprio perché è stata la classica Juventus: solida, concentrata, cinica, dura. Proprio in quei giorni, e non a caso, Buffon elogiò Higuain per il suo spirito combattivo e battagliero. È arrivato il momento di vincere anche le partite in maniera sporca, giocando con grande concentrazione, determinazione e intensità: le qualità poi faranno la differenza. Subire gol è iniezione di coraggio per le squadre avversarie che, specie in casa, hanno meno paura adesso, sanno che possono segnare: la solidità è spesso sensazione d’essere inscalfibile.

Sta poi ad Allegri trovare il modo per far rendere al meglio il potenziale della squadra. Semplicemente, è far giocare i migliori assieme. È successo nel primo anno, col centrocampo a 4, la scorsa stagione con la svolta con la Lazio, deve accadere anche adesso. Come? È compito dell’allenatore, ma nuovi stimoli tattici e tecnici spesso aiutano ad aumentare la concentrazione. Perché, alla fine, alla Juventus vincere è l’unica cosa che conta. Sono i risultati a pesare, non il divertimento. È ancora presto per essere pessimisti, ma è il momento di salutare gli schiaffi salutari e pedalare forte. In salita, come ogni anno.

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