Se è vero che una squadra non si giudica da una partita, la finale di Coupe de la Ligue contro il Paris Saint-Germain ha dato comunque le uniche indicazioni a nostra disposizione sullo status dei francesi, dato che è l’unica uscita ufficiale dell’Olympique Lyon dopo lo stop imposto dalla pandemia.
C’era grande curiosità attorno alla squadra di Garcia, e sono certo che buona parte del pubblico televisivo sia stato composto da juventini. Rispetto alle ultime uscite invernali, il Lione è cambiato, specialmente davanti. Ha riabbracciato il figliol prodigo Memphis Depay, vero e proprio centro di gravità della squadra, ma ha perso Tousart, che aveva segnato il gol vittoria contro la Juventus nella pessima partita di Lione e che si è accasato all’Herta Berlino.
Contro il PSG, Garcia ha schierato la squadra con un 3-5-2 molto flessibile, al limite del caotico, continuando dunque con la difesa a tre verso cui stava orientando la squadra in inverno.
Quel che più di tutto salta agli occhi, sono l’intensità e il coraggio con cui il Lione ha attuato un pressing veramente ambizioso contro l’uscita palla dei parigini. Specialmente all’inizio, l’OL accettava una parità numerica sull’ultima linea pur di portare più uomini possibile in avanti.
La buona notizia, semmai, è che il resto della squadra ha mal supportato questo pressing aggressivo e ha mancato diverse uscite quando il PSG riusciva a far avanzare il pallone verso il centrocampo, soprattutto perché Guimarães spesso si ritrovava in inferiorità. Bucando un’uscita, una potenziale riconquista diventava una transizione da affrontare in inferiorità numerica.
Queste situazioni hanno contribuito a restituire l’immagine di un match con squadre molto lunghe: il PSG ha trovato spesso l’imbucata verso i suoi attaccanti, e sebbene i terzi di difesa abbiano tenuto bene Neymar e Di Maria, il Lione ha concesso veramente troppe transizioni al PSG. E questi sono rischi che Garcia avrebbe evitato volentieri di correre.
Quando invece il pressing non portava frutti (o danni), la squadra si adagiava su un 5-3-2 dal baricentro medio. Aouar (giovane prodigio che descrivevamo qui) aveva licenza di raggiungere la linea di Memphis e Dembélé, e dare fastidio a Gueye in costruzione cambiando la strutture della squadra.
In fase di possesso il Lione ha offerto una buona prestazione, alternando fasi convincenti ad altre un po’ confusionarie. Gran parte della manovra di Garcia passa dai quinti Cornet e Dubois, trovati con grande puntualità dai centrocampisti. Gli scarichi orizzontali offrivano l’abbrivio per lanciare gli esterni in verticale, e – con il quinto sul fondo e gli avversari collassati in area – il Lione sa occupare benissimo l’area con i centrocampisti, in particolare le mezzali. Aouar e Cacqueret in effetti davano uno sfogo costante tra le linee, e supportavano benissimo l’ambiziosa manovra offensiva portandosi, con coraggio, sempre a ridosso di Dembélé: una sorta di quadrilatero con Memphis all’ultimo vertice, e un campanello d’allarme per il pigro centrocampo juventino. Ad ogni modo, se entrambe le mezzali potevano permettersi sortite offensive così profonde, questo è grazie alla grande mobilità di Guimarães, che spesso ha tenuto il centrocampo da solo.
Quando invece il Lione ha potuto combinare in velocità, come nel primo tempo supplementare sfruttando gli scompensi del PSG, ha dimostrato di essere una squadra a proprio agio con un trama più diretta e verticale. D’altra parte, tra Memphis e Aouar, il tasso tecnico è elevato, e il franco-algerino è stato probabilmente il migliore in campo per l’OL.
Al di là del risultato, che è rimasto in bilico per 120 minuti, il Lione ha dato prova di essere una squadra in salute. Pur calati fisicamente nel finale, gli uomini di Garcia sembrano aver sposato le strategie del loro tecnico, magari senza applicarle con grande precisione durante l’arco del match e prendendosi qualche rischio di troppo, ma comunque in maniera convinta. La confusione che li accompagnava in inverno non li ha abbandonati, ma la squadra sembra in salute. La Juventus è avvisata.
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È il co-responsabile del sito www.AterAlbus.it e di tutta la produzione scritta. "Il campo non mente mai", dice spesso mentendo.