Che il risultato del Wanda Metropolitano sia un macigno sulla strada tra la Juventus e la Champions League è abbastanza pacifico. Che questo gruppo abbia le qualità tecniche e umane per riuscire a ribaltarlo è altrettanto evidente. Ma siccome la prestazione di Madrid è stata oltremodo frustrante per gli spettatori esterni – e possiamo solo immaginare quanto lo sia stata per i calciatori in campo – è opportuno ragionare su che tipo di cambiamenti saranno necessari per far girare la squadra al meglio e propellere dunque un’eventuale impresa. In redazione abbiamo perciò passato un ottimo quantitativo del nostro tempo libero a discutere del miglior modo per affrontare i colchoneros, e tra approcci massimalisti e minimalisti, abbiamo tirato fuori un’infinità di possibili formazioni, moduli, tattiche e strategie. Sono qui ad esporvi la mia personalissima opinione che, come avrete immaginato, ho smussato e limato in seguito ad un continuo confronto con gli altri componenti dello staff.
E infatti vorrei partire da un’idea di Enrico, dal momento che è stato forse l’unico ad esporsi ex ante sui social.
Ma spingere una difesa a tre non è un cambiamento un po’ radicale? Certamente. Ma c’è bisogno di un’inversione a U rispetto a quanto fatto vedere a Madrid, e per parafrasare Robespierre, “non si può desiderare la rivoluzione senza fare la rivoluzione”. Adottare una formazione molto diversa e qualitativamente migliore rispetto all’andata è a mio modo di vedere l’unica strada che possa portarci vicini all’impresa (al netto del solito, imponderabile, meteorite). Per certi versi, non è nemmeno un’idea peregrina, dal momento che tracce di questo cambiamento si sono viste nella partita contro l’Udinese.
In parziale abrogazione della formazione di Enry, la mia, esplicitata qui sotto, prevede l’inversione degli esterni. Quindi: nel malaugurato caso si ritrovasse sulla panchina della Juventus per una notte, Andrea se la giocherebbe cosi.
Una formazione di questo tipo sarebbe corredata da un approccio proattivo. La Juventus ricercherebbe il possesso del pallone e lo utilizzerebbe come grimaldello per smuovere la rigida difesa posizionale dell’Atléti. Sarebbe auspicabile una circolazione a ritmi elevati, possibile grazie all’ottimo tasso tecnico degli interpreti, specialmente sugli esterni; Allegri stesso ha insistito su questo punto dopo l’ultima partita di campionato. La cadenza dei passaggi dovrebbe seguire, ove possibile in base alla pressione avversaria, un pattern da dentro-fuori-dentro inteso come interno-esterno-interno. Questo risponderebbe ad un’esigenza trasversale della partita: stanare gli avversari, verosimilmente a Torino con un baricentro medio molto basso, e anestetizzare le altrettanto probabili folate di pressione offensiva, dirottando un’eventuale perdita del pallone sulle fasce, dove dovrebbe far meno male. Allargare le maglie avversarie con palloni sull’esterno innescherebbe, con questo scaglionamento, triangoli sugli out con gli esterni, i mediani e l’ala di riferimento. I già citati triangoli avrebbero così una triplice funzione: 1. Far avanzare la manovra; 2. Inceppare la struttura posizionale avversaria provocando uscite sul secondo uomo; 3. Liberare il terzo uomo fronte alla porta. Figura geometrica basilare, in un’evoluzione di questo sistema di gioco potrebbe trasformarsi in rombi, se proprio volessimo esagerare (coinvolgendo dunque il centrale sul lato della manovra e/o la punta nella circolazione avanzata).
Il 3-4-3 con questi principi darebbe una dimensione spiccatamente offensiva alla squadra, condizione necessaria ma non sufficiente al ribaltamento del risultato. Oltretutto, e in modo particolare qualora Douglas Costa dovesse essere della partita, varrebbe la pena tentare di sfruttare le qualità degli esterni nell’uno contro uno. I rapidi cambi di campo potrebbero mettere in imbarazzo i terzini rojiblancos a sinistra, dal momento che né Lucas Hernandez né Filipe Luis sembrano poter essere della partita. Al tempo stesso, gli esterni a piede invertito garantirebbero una copertura sufficientemente dinamica degli half space, il vero centro nevralgico delle manovra offensive dei sistemi posizionali. In fase di possesso consolidato, gli esterni potrebbero contare sulle rispettive ali per scambiarsi posizione e funzioni, sperando che il loro marcatore diretto si arrischi a rompere la linea.
Il doble pivote svolgerebbe una funzione delicata in fase di possesso, con compiti di trasmissione soprattutto sul corto, atti come detto a spostare la gravità dell’azione verso l’esterno. In questo senso è da leggersi la preferenza per Bentancur rispetto ad Emre Can, più preciso e ligio nel fornire un supporto vicino a Pjanić. Oltretutto, il doppio mediano permetterebbe di annacquare la fonte di gioco principale rendendola meno evidente e neutralizzando un’eventuale soluzione di pressing cucita su misura per il bosniaco.
Infine, veniamo alla difesa a tre. I tre centrali garantirebbero una maggior protezione dalle micidiali transizioni offensive dell’Atlético, che hanno fatto malissimo all’andata. La novella BCC (?) potrebbe accompagnare individualmente con marcature preventive mirate i due attaccanti e l’ala opposta che verrà inevitabilmente dentro al campo (vedasi Lemar all’andata una volta subentrato). Questa è inoltre un’altra lente attraverso cui vedere il doppio interno di centrocampo: più copertura centrale sulle transizioni. La difesa a tre sarebbe effettivamente controproducente solo se il ritmo del palleggio si dovesse risolvere in un lento tormento, perché finiremmo con avere troppi uomini sotto palla: un altro modo di dire che il modulo importa relativamente, e che devono essere i principi di gioco a guidare la squadra.
Indipendentemente dagli uomini e dalla formazione scelti da Allegri, l’importante sarà mettere in atto un piano gara che punti a dominare tatticamente gli avversari: un’eliminazione prendendo comunque in mano le redini del proprio destino sarebbe infatti più digeribile.
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È il co-responsabile del sito www.AterAlbus.it e di tutta la produzione scritta. "Il campo non mente mai", dice spesso mentendo.