Cinque domande sugli ultimi cinque minuti6 min di lettura

[mks_dropcap style=”square” size=”62″ bg_color=”#E6E6E6″ txt_color=”#111111″]A[/mks_dropcap]l termine di una partita dominata in lungo e in largo, la Juventus esce con i primi gol subiti in questa Champions League, e soprattutto una prima – stranissima – sconfitta stagionale. Ancora più dolorosa perché inaspettata e sorprendente per l’andamento della partita. I cinque quesiti proposti di seguito sono quelli che affollavano la mia mente prima di addormentarmi col peso sullo stomaco di una sconfitta che fa rosicare, forse condizionate da un Twitter alla disperata ricerca da teste da far rotolare.

 

La Juventus non sa più difendersi bassa?

Con l’ingresso di Barzagli per (un ottimo fin lì) De Sciglio, Allegri ha manifestato l’intenzione di passare al 3-5-2 con Cuadrado e Sandro larghi; un’opzione che cambierà subito dopo il primo gol subito, per tornare al 4-4-2. Ad opinione di chi scrive l’idea era più quella di difendere l’ampiezza che non di abbassare il raggio d’azione per minimizzare i rischi. La sterilizzazione delle fasce passava comunque per il rischio di un fisiologico abbassamento del baricentro, un’eventualità da mettere quantomeno in conto.

Negli ultimi dieci minuti il Manchester United ha puntato con decisione sulla fascia sinistra (la nostra destra) dove Martial si è esibito in una scorribanda notevole prima del gol del pareggio. In effetti le due marcature portano il segno, indelebile, dei calci da fermo. Il primo, per un fallo irruento e francamente poco furbo di Matuidi, fintato benissimo da Young e calciato in maniera molto intelligente da Mata. Il secondo, dove tutta la difesa si preoccupa di tenere le torri – Fellaini e Smalling su tutti – ma non bada alla traiettoria perfettamente tagliata sul secondo palo e perciò di difficile lettura per un portiere (ma su cui comunque Szczęsny non è esente da colpe). Un’ultima occasione per gli inglesi, con Martial in contropiede, era la naturale conseguenza di un anarchico arrembaggio alla fortezza.

Gli ultimi minuti non hanno quindi nemmeno testato la capacità del blocco basso bianconero, rendendo analiticamente impossibile rispondere alla domanda iniziale. Probabilmente rinforzare le fasce per evitare i rifornimenti a Fellaini non è stata una soluzione sbagliata in partenza, ma non è possibile tirarne le somme a posteriori dal momento che il tema degli ultimi minuti non l’ha né comprovata né confutata.

 

Barzagli era necessario?

Che il clamoroso ribaltamento di risultato sia coinciso con l’ingresso di Barzagli ha fatto fare 2+2 con rara rapidità a noi tifosi. È innegabile che comunque il suo ingresso abbia cambiato qualcosa. Possibile che gli altri in campo abbiano interpretato fin troppo in profondità l’intenzione dell’allenatore e si siano adagiati? Barzagli è entrato con un atteggiamento sbagliato, o in stato confusionale? Si è reso responsabile di errori grossolani? L’ultima affermazione è purtroppo fondata. Di sicuro ha sul groppone il fallo che ha regalato la punizione del 1-2, e la sua performance non è stata positiva. Tuttavia è difficile non evidenziare che l’impatto del calciatore è stato negativo, come interpretazione individuale e come cambiamento dell’atteggiamento collettivo. Ad ogni modo, è bene ricordare che l’ingresso del difensore toscano è una trade move di Allegri, che ha funzionato e portato dividendi in più di un’occasione.

Era necessario dunque il cambio? Probabilmente no, perché per come stava andando la partita il Manchester United non stava spingendo e non c’era ragione di temerne un ritorno di fiamma. La volontà di difendere i lati del campo è stata forse un esempio di overthinking da parte di Allegri. Il cambio ha fatto perdere la partita? Altrettanto probabilmente no, ma la prestazione di Barzagli è stata comunque negativa, anche solo dal punto di vista individuale.

 

Abbiamo sbagliato troppo sotto porta?

Sì, mille volte sì. Abbiamo sbagliato troppo in fase di finalizzazione, con Cuadrado e Pjanić soprattutto, ma l’amaro in bocca è lasciato anche da quelle situazioni che non hanno necessariamente avuto uno sbocco nelle conclusioni verso De Gea. La Juventus ha creato tantissimo, capitalizzando molto poco per colpa di errori tecnici e scelte sbagliate. Gli errori tecnici sono stati evidenti specialmente nel secondo tempo, ma anche nel primo ci sono state notevoli cortocircuiti di decision-making. Penso soprattutto a Khedira che non controlla e calcia di prima sul palo – senza intravedere la possibilità di aggiustarsela prima – ma anche scelte collettive disastrose, con la squadra che va a spalmarsi sulla linea di porta quando Ronaldo ha messo in mezzo un paio di rasoterra arretrati da spingere in porta, se solo si fossero lasciati andare i difensori. Un aspetto cruciale da migliorare, per non diventare la squadra che ha bisogno di creare dieci per metterne in porta uno.

 

Di chi è la colpa della sconfitta?

Per quanto nella cultura del mordi e fuggi sia imprescindibile trovare un capro espiatorio, un parafulmine su cui riversare la rabbia, almeno su questi lidi non possiamo limitarci ad analisi così superficiali. La partita si è persa su un paio di episodi girati contro, la colpa potrebbe essere stata semmai di andarseli a cercare. Fosse stata una partita di pallavolo sarebbe finita 3-0 senza storia, con gli avversari che avrebbero raggiunto i venti punti forse nell’ultimo set; ma siccome il calcio è uno sport a punteggio basso, quegli ultimi cinque minuti hanno fatto tutta la differenza del mondo. E allora la colpa della sconfitta è negli episodi, nei falli maldestri di Matuidi e Barzagli, nei (tanti, troppi) gol sbagliati, nella sfortuna, nella tensione negativa del finale, nella presa poco salda di Szczęsny, e in tanto altro ancora. La serie di concause è lunga, ma l’importante è sottolineare che, nel calcio come nelle altre cose più importanti della vita, non c’è una soluzione pronta all’uso per rinfrancare lo spirito deluso. C’è piuttosto da analizzare in profondità e lavorare sulle criticità individuate.

 

Sarà la classica sconfitta della svolta?

Come fu Firenze per Conte, o Genova per Allegri, in molti si sono lanciati in letture azzardate su come questa sconfitta possa far svoltare l’atteggiamento generale della squadra per il resto della stagione. In realtà il solco su cui far defluire il corso tattico della Juventus è già stato tracciato e semmai questa inusitata propensione a subire gli episodi farà accelerare il processo ancor di più. Come si ragionava con Davide Terruzzi in chat, perdere con questa prestazione maiuscola e subendo due gol così episodici (in una partita che, giova ricordarlo, contava molto poco) fa rosicare il doppio, ma preoccupare la metà.

Questa sconfitta non dice nulla sullo stato psicofisico della squadra e ancor di meno sulla bontà del lavoro svolto finora. Proprio perché l’importanza della partita era relativamente bassa, vale la pena sottolineare la prova maiuscola di tutta la squadra per 85 minuti, una delle migliori stagionali al pari con l’andata all’Old Trafford. E semmai, la partita ci dice proprio che la Juventus deve insistere proprio su quanto fatto fino a questo periodo, perché – per dirla con Guardiola – ha molto senso difendere la propria porta tenendo gli avversari il più lontano possibile dalla stessa.