Se con la Sampdoria si sono visti ottimi preamboli della Juve che verrà, contro la Roma sono stati commessi tanti, troppi errori. In realtà, basterebbe prendere quell’articolo scritto dopo la prima partita di Serie A e ribaltarlo, perché molte delle luci di quella partita sono le ombre della trasferta all’Olimpico.
Pirlo mischia le carte in tavola, virando verso un 3-4-1-2 / 4-4-2 un po’ diverso con Morata accanto a Ronaldo, Ramsey alle loro spalle, Cuadrado a sinistra e Kulusevski largo a destra. Confermato il doppio pivot con Rabiot e McKennie. Fonseca, consolidando il lavoro fatto dalla ripresa post-COVID, mette in campo la Roma con un 3-4-2-1.
1. Le transizioni negative
La cosa peggiore della partita è stato certamente il comportamento senza palla dei bianconeri. La difesa a tre dei padroni di casa raramente usciva sugli esterni, tagliando quindi fuori il pressing delle ali. Morata e Ronaldo hanno recuperato 1 pallone in due, e una volta saltato il primo pressing la Roma aveva un porto sicuro per il pallone tra le solide spalle di Džeko, preziosissimo per la risalita del campo dei padroni di casa.
La Juventus ha adottato un atteggiamento ambiguo. Se i due attaccanti non abbozzavano altro che la pressione corta, la seconda linea portava un pressing altissimo, ma veniva solertemente scavalcata dalla verticalità di Pellegrini e Mancini, istruiti a cercare sempre Džeko e la linea a rimorchio del bosniaco. La difesa allora subiva costantemente situazioni di palla scoperta in parità numerica e non poteva far altro che scappare sempre verso la porta.
Così, la Roma ha avuto gioco facile nel disporre di una Juventus mal messa in campo, spaccata, e incredibilmente lunga. I padroni di casa hanno spesso potuto attaccare la linea difensiva con Džeko, Mhkitarian e Pedro indifferentemente, tutti e tre fronte alla porta e con i compagni in disponibilità. Lavorare sui meccanismi di transizione è una priorità inderogabile, anche in ragione dello sciocco gol concesso.
2. Il doppio attaccante
Molti degli squilibri sono dipesi dal (non) lavoro del doppio attaccante – e i rimanenti da scelte sbagliate di formazione. Morata e Cristiano hanno giocato troppo vicini e con compiti verosimilmente simili, pestandosi i piedi vicendevolmente e inaridendo le soluzioni per la manovra.
Al netto della prestazione disastrosa dello spagnolo (solo 25 tocchi in 57 minuti e 11 passaggi), troppo spesso i due hanno dato l’idea di avere lo stesso ruolo. Ogni volta che il centrocampo poteva giocare in verticale, entrambi allungavano la Roma; quando la squadra riusciva a raggiungere gli esterni, entrambi stazionavano statici al centro; nessuno dei due si è aperto con costanza nell’ultimo terzo di campo per portare via il centrale e propiziare l’ingresso di un centrocampista a rimorchio; nessuno dei due è stato in grado di ricevere spalle alla porta e far salire la squadra (Ronaldo per indole, Morata per incapacità tecnica).
Il risultato è stato spingere Ronaldo troppo sull’out ad inizio azione e nascondere Morata dietro la marcatura di Ibañez e lo schermo di Veretout.
3. Ampiezza e profondità
Nulla di quello che era stato preparato (o che possiamo immaginare fosse stato preparato) è poi stato eseguito. La Juventus ha avuto notevoli difficoltà a trovare gli esterni e ad isolarli, principalmente per la bravura della squadra di Fonseca a tenere coperto il pallone giocando uomo su uomo, tarpando così il motore dell’attacco bianconero. Inoltre, agendo a piede invertito, sia Kulusevski che soprattutto Cuadrado avevano tendenza a venire dentro il campo, mancando dunque nel fornire ampiezza e agevolando il compito dell’ultima linea giallorossa.
Nemmeno il gioco ad elastico nel corridoio centrale è riuscito: in assenza di Kulusevski, l’unico che poteva venire incontro e giocare la parete è stato Ramsey, autore di una partita molto generosa ma comunque insufficiente negli smarcamenti, sempre adombrati benissimo da Veretout e Pellegrini. I due mediani della Juventus, in più, non spiccano certo per doti creative ed ecco che l’attacco posizionale diventava stagnante. Qualche miglioria si è vista nel secondo tempo con gli ingressi di Costa e soprattutto Arthur, ma quando la partita era ormai compromessa per l’uomo in meno.
4. Giro palla
Senza sfoghi esterni alla manovra, sono emersi numerosi problemi nella velocità d’esecuzione. In mancanza di opzioni davanti a sé, Bonucci non ha saputo imprimere la giusta rapidità all’uscita palla, e Chiellini non è mai riuscito a dargli manforte. Solo alcune saltuarie sortite di Danilo, uno dei pochi a strappare la sufficienza, sono state in grado di sbloccare un possesso altrimenti molto confuso: sia palla al piede che con ottimi filtranti verso Morata, Danilo è stato l’unico a far comprendere alla squadra che tipo di ritmo serve al pallone.
Una buona fotografia delle difficoltà a far girare la sfera sono i 12 palloni persi da Rabiot nei 62′ giocati, un numero altissimo per colui che era deputato ad essere il primo regista a centrocampo: il francese non aveva mai opzioni disponibili, abbassava la testa e perdeva palla sul pressing di Pellegrini. Il palleggio è migliorato molto con l’ingresso di Arthur e Bentancur, che disposti efficacemente su linee sfalsate hanno offerto boccate d’ossigeno e superiorità posizionale nel centro del campo.
5. Le scelte di Pirlo
Ultimo punto sulla nostra lista ma non certo quello di minore importanza o impatto sulla prestazione, sono le scelte cervellotiche di Pirlo. Schierare Morata dopo pochi allenamenti, e al contempo provare esperimenti assolutamente inediti come Cuadrado a sinistra e Kulusevski a destra sono scelte difficili da interpretare.
Il fallimento di questi espedienti è stato abbastanza evidente sin dai primissimi minuti di gioco: con la Roma a specchio, Cuadrado e Kulusevski non hanno mai ricevuto né isolati sull’out né in corsa: troppo facile per Santon e Spinazzola limitarne il contributo offensivo se i nostri esterni ricevono sui piedi e in mezzo al traffico. Lontano dalla porta, lo svedese ha sofferto molto la presenza di tanti uomini davanti a sé e non è mai stato messo in condizione di puntare la porta.
Morata ha vissuto probabilmente la sua peggior serata con la maglia bianconera – non un grande preambolo per la seconda parentesi a Torino. Non era chiaro che ruolo dovesse assumere in fase di possesso, e il suo contributo senza palla è stato impalpabile.
Scelte stravaganti, soprattutto perché in controtendenza rispetto alla partita con la Samp dove molti degli accorgimenti avevano funzionato a dovere (a cominciare dal doppio trequartista). Gliele perdoniamo: d’altronde, è alle prime esperienze. Ma quando leggiamo e diciamo che la Juve deve lavorare, non sono solo i giocatori a doverlo fare.