Dopo il primo appuntamento, continuiamo il nostro viaggio attraverso i primi mesi in bianconero di Maurizio Sarri. Oggi ci concentriamo sullo sviluppo del progetto tecnico.
Il campo
Arrivato dopo una lunga e logorante attesa, Maurizio Sarri con le sue prime dichiarazioni, chiarisce alcuni punti riguardo il suo modo di allenare, smentendo ulteriormente – semmai ce ne fosse bisogno – la sua fama di allenatore integralista, delineando la direzione verso cui vuol portare la Juventus:
“La definizione di “integralista” mi sembra esagerata. Negli ultimi anni sono partito con un modulo e ho concluso con un altro […] Non si parte dal modulo. Si deve capire quali giocatori sono adatti, conoscerli, parlarci e intorno ai giocatori più qualitativi costruire intorno il modulo. Ho fatto il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-3-2-1. Al Chelsea avevo un 4-3-3 diverso da quello del Napoli. Bisogna avere le idee chiare su 2 o 3 giocatori che ci possono far fare la differenza e poi metterli nelle condizioni per farli esprimere al massimo. Il modulo sarà una conseguenza. […] Bisogna partire dai giocatori talentuosi, che sono quelli che fanno la differenza: ad esempio CR7, Dybala e Douglas Costa e gli altri giocatori di talento, e costruirgli intorno […] Devo capire quanto attuare la mia filosofia e quanto lasciare alle caratteristiche dei giocatori. Io organizzo la squadra in 70 metri ma negli ultimi 30 si gioca su principi, lasciando libertà”.
Sintetizzando: organizzazione difensiva finalizzata al recupero palla in zone alte del campo, uscita palla strutturata e veloce, e libertà al talento offensivo. Flessibilità sul modulo, ma intransigenza sui princìpi di gioco.
Fin dalle prime uscite Sarri cerca di trovare la sua Juventus. In questa prima fase sceglie di impostare la squadra sul 4-3-3 affidando le chiavi della regia a Pjanić e mettendo Douglas Costa al centro del progetto, con Higuaín almeno inizialmente in vantaggio su Dybala viste la complessa situazione di mercato che sembra presagire la partenza del talento di Laguna Larga.
Il mercato è uno dei temi di questo inizio di stagione. Se è vero che entrano in rosa giocatori di livello internazionale come Ramsey, Rabiot e De Ligt, Sarri è costretto a lavorare per tutta l’estate con giocatori, a fasi alterne, sul piede di partenza.
Così inizia il campionato e già alla terza giornata contro la Fiorentina c’è il primo turning point della stagione: dopo pochi minuti di gioco Douglas Costa riceve palla sulla trequarti, dribbling secco su Pulgar, doppio passo su Badelj, smorfia di dolore inconfondibile, fuori 6 settimane. L’infortunio del talento brasiliano va a sommarsi ai problemi fisici di Danilo e De Sciglio. Sarri così fa di necessità virtù e, vista la carenza di esterni e l’abbondanza di centrocampisti, alla quinta giornata cambia: contro il Brescia passa definitivamente al 4-3-1-2, assetto che non abbandonerà più, se non per brevi spezzoni di partita.
Se il modulo di gioco diventa una certezza – con unica variante nel vertice alto del rombo che, a seconda di chi viene occupato, cambia il modo di attaccare della squadra – non possiamo dire la stessa cosa per la comprensione e l’applicazione dei princìpi di gioco. Come detto, fin dalle prime partite Sarri va alla ricerca del suo calcio e i calciatori sembrano assecondarlo, anche se a fasi alterne durante le partite:
Circostanze come questa porteranno la Juventus ad accusare il ritorno del Napoli, favorendo il cambio di inerzia del match e, così, a subire tre gol in meno di mezz’ora.
Situazioni di questo tipo, seppur meno gravi e drastiche, saranno una costante in questa prima fase di stagione. Infatti, la Juventus non riuscirà mai a essere pienamente sarriana, alternando grandi performances a partite più scialbe, spesso addirittura con importanti differenze nella prestazione stessa. I problemi non si limiteranno solo alla fase di non possesso, ma riguarderanno anche lo smarcamento e la capacità di attaccare lo spazio, la rifinitura sulla trequarti e la capacità di convertire in gol la mole di gioco creata.
Questo perché fare una rivoluzione è sempre difficile, e stravolgere il proprio modo di giocare, imparare nuovi automatismi da mandare a memoria, far propri nuovi princìpi richiede – banalmente – tempo e lavoro (qui ne parliamo in maniera più dettagliata). A nostro avviso però, i segnali complessivi restano positivi e il progetto tecnico sembra in crescita.
La valorizzazione dei singoli
La valorizzazione del parco giocatori è stato uno dei temi più dibattuti nell’ultimo anno di Allegri, e, questo è avvenuto sia con posizioni pretestuose che con opinioni ben argomentate. Senza voler entrare nel merito della questione, è indubbio che alcuni singoli nella scorsa stagione abbiano reso al di sotto delle proprie capacità o – addirittura – si siano ritrovati ai margini del progetto tecnico.
Il nuovo corso sembra aver favorito le prestazioni di alcuni singoli, potremmo citare l’ottimo inserimento di Demiral e De Ligt e “l’invenzione” di Cuadrado terzino, ma scegliamo di menzionarne solo tre, a nostro avviso le più significative, partendo dalla nota forse meno lieta.
Miralem Pjanić comincia la stagione in maniera scintillante, approfittando del nuovo assetto della Juventus è uno dei giocatori migliori della squadra, elevandosi a direttore dell’orchestra bianconera. Ma, dopo poche settimane, cala e le sue prestazioni viaggiano tra il buono e l’insufficiente. Questo perché è un calciatore il cui rendimento dipende troppo dal contesto di gioco (dominio della palla, squadra alta e corta per tutto l’arco della partita), ma – contestualmente – è lui stesso che deve permettere alla Juventus di giocare un certo tipo di calcio, dettando i tempi di uscita e non facendo spaccare in due la squadra. È questo l’equivoco Pjanic: ha bisogno di un certo contesto per eccellere, ma senza lui che eccelle questo contesto non si può creare.
Un altro giocatore che beneficia sicuramente del nuovo contesto tattico è Leonardo Bonucci. Pur non essendo estremamente reattivo e abile nell’ 1 vs 1, è un calciatore che preferisce difendere in campo lungo piuttosto che posizionalmente, questo perché ha una lettura degli spazi e dei tempi di gioco davvero rare. Inoltre, in un contesto più proattivo e un baricentro più alto, può mettere in campo la sua qualità tecnica aiutando la squadra nel palleggio, nell’uscita dal basso e nell’innesco degli attaccanti tagliando le linee centrali.
Questi laser pass sono spesso indirizzati a Dybala, ed è proprio il talento argentino l’uomo che ha beneficiato maggiormente del cambio di guida tecnica. Finito ai margini del progetto tecnico di Allegri, anche per colpe non imputabili al tecnico livornese, con Sarri sembra ritornato il calciatore ammirato nelle prime stagioni in bianconero
Torna a essere un calciatore libero mentalmente, sentendosi al centro del progetto in un contesto tattico favorevole alle sue caratteristiche: baricentro alto, posizione personale più avanzata, compagni vicini con i quali creare connessioni e scambiare velocemente. Questo però senza disdegnare l’aiuto in fase di non possesso e nell’uscita del pallone.
Paulo è già a quota 11 gol e 10 assist contro i 10 gol e 2 assist messi a segno nella scorsa stagione 2018/19 e, soprattutto, sembra non volersi fermare più.