Ultimamente la Juve non è riuscita a dare continuità all’applicazione della sua fase di non possesso: è mancata nell’intensità mentale. Atalanta e Sassuolo ne hanno approfittato per metterne in risalto i difetti quando i bianconeri erano senza palla, sia durante le fasi di pressing che durante le situazioni di difesa posizionale.
Non basta l’ottima organizzazione data da De Zerbi alla sua squadra per spiegare quanto a tratti si è visto in campo al Mapei Stadium. Il Sassuolo oggi è certamente una realtà del calcio italiano, squadra ben allenata, che fa del gioco di posizione il suo credo: notevole capacità di creare e attaccare gli spazi; identità definita e precisa; nessuna paura a mettere in campo le idee dell’allenatore, costruzione dal basso articolata e finalizzata ad attrarre la pressione avversaria per destrutturarla. Che il Sassuolo potesse vincere la sfida del possesso palla era nelle previsioni (57% per i padroni di casa) e anche la PPDA (l’indice che misura l’intensità del pressing) era attesa essere più alta della media stagionale. La partita con il Sassuolo ha definitivamente messo in evidenza l’incapacità di dare continuità da un punto di vista dell’applicazione mentale nell’eseguire le consegne durante la fase di non possesso, con periodi piuttosto lunghi, difficilmente visti quest’anno. Il pressing quest’anno ha funzionato troppo poco, e per lunghe fasi la squadra rimane troppo passiva non applicandosi né nelle fasi in cui stava alta né in quelle in cui era costretta a fare difesa di posizione. In un contesto non favorevole, le iniziative individuali hanno contribuito fortemente ad acuire le difficoltà. Ad esempio, nell’ultima uscita, alcuni giocatori si sono avventurati in azioni di pressione individuale lasciando liberi gli spazi che i giocatori del Sassuolo andavano sapientemente a riempire, innescando una serie di errori a catena.
Cosa dovrebbe fare la Juventus?
La fase di possesso degli avversari va aggredita come nei primi 10 minuti contro il Sassuolo o contro il Milan. La ritrovata aggressività nel finale dell’ultima gara testimonia come quello della Juve non sia tanto un problema di condizione atletica quanto di testa.
Cosa non si deve fare.
La nota dolente della gara sono stati i 60 minuti in mezzo, dove la Juve ha completamente staccato la spina nella fase di non possesso. Un atteggiamento del genere è inaccettabile, soprattutto se di colpo si torna a fare quello che si dovrebbe.
Trovare una spiegazione ad un atteggiamento del genere è molto difficile. In questo periodo particolare e con avversari abituati a giocare, un 2-0 dopo 10 minuti non deve dare nessuna garanzia. E, come ci insegna la partita con il Milan, non può dare garanzie nemmeno dopo 60 minuti. L’intensità mentale e l’applicazione necessaria non possono sparire per tratti cosi lunghi di una gara. La Juve quest’anno è una squadra pensata e allenata per fare determinate cose, e non ha vie di mezzo: quando ci riesce gioca molto bene, ma va in grossa difficoltà quando non le fa. Contro la Lazio e anche nelle successive partite è necessario, alzare il livello prestativo da un punto di vista mentale: sta a Sarri insistere sul concetto, sta ai giocatori trovare le giuste motivazioni per farlo in campo.
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Ingegnere elettronico fissato coi numeri e la tecnologia. Ex allenatore di futsal di primo livello diplomato a Coverciano. Ha gestito una scuola calcio a 5 in A2, allenando tutte le categorie giovanili, ed è stato primo assistente in A2 e main coach in C1.