Visti i grandi risultati delle ultime stagioni, ad ogni minima imperfezione che si manifesti nel mondo Juventus assistiamo a discorsi frettolosi ed esagerati – da parte di media e tifosi – che mettono in discussione a turno staff tecnico, dirigenza e calciatori. L’occasione per una nuova polemica è arrivata dopo le ultime partite, incontri in cui i bianconeri hanno sì dominato l’avversario per larghi tratti dell’incontro, ma senza capitalizzare a dovere la mole di gioco creata.
Una delle presunte criticità palesate in queste partite è un argomento che torna ciclicamente nelle analisi degli osservatori: la necessità di avere in panchina un centravanti di riserva, ossia l’uomo – spesso “alto e grosso” – che per anni si è inserito a pochi minuti della fine per cercare di cambiare un risultato bloccato.
A partire dalla fine degli anni ’60, infatti, quando cioè cambia il regolamento e viene introdotta la sostituzione per ragioni tattiche, tutte le squadre hanno avuto questa figura in rosa.
Gli esempi sono tanti: da José Altafini che ha quasi istituzionalizzato il ruolo, fino ad arrivare a Ole Gunnar Solskjær che della capacità di incidere dalla panchina ha fatto un tratto distintivo, arrivando persino a decidere una finale di Champions da subentrato.
La domanda sorge spontanea: ma allora perché sono spariti gli “attaccanti di scorta”?
L’orientamento del calcio europeo
Una prima risposta si può trovare guardando le grandi squadre del Vecchio Continente. Questi club si affidano sempre più frequentemente ad allenatori con una forte caratterizzazione (Guardiola, Klopp, Sarri, Tüchel), e le società cercano conseguentemente di dare ai propri tecnici squadre il più possibilmente aderenti a queste filosofie calcistiche. Le forti identità di gioco solitamente privilegiano il possesso palla, le transizioni veloci e il pressing alto mettendo in secondo piano il crossing-game e la gestione accorta e prudente dei match. In queste squadre trovano spazio giocatori duttili, capaci di interpretare al meglio i princìpi dei propri allenatori che si applicano in contesti sempre più mutevoli e diversificati a seconda dell’avversario.
In poche parole, la squadra durante la settimana si allena su un’idea di calcio che viene sviluppata nel tempo, migliorata e affinata quindi sarebbe controproducente e poco utile schierare un attaccante “alto e grosso” se tutto il tuo progetto tecnico è finalizzato ad un altro tipo di gioco. Sarebbe come allenarsi alla maratona per poi mettere dentro uno sprinter.
Le altre big d’Europa (Bayern, Real Madrid e Barcellona) che non scelgono un progetto tecnico così definito privilegiano invece seconde linee giovani e forti che nel lungo periodo possano provare a scalzare i titolari; in questa valutazione la presenza di un nove “di stazza” non è mai un fattore pur giocando con un centravanti titolare “alto e forte fisicamente” (Benzema e Lewandowski).
Tra le candidate alla vittoria della Champions solo Atlético Madrid e Tottenham hanno privilegiato nelle ultime stagioni un profilo simile, ma se gli inglesi – dopo la partenza di Llorente – hanno scelto di abbandonare questa strada, Morata è davvero un giocatore troppo peculiare, duttile ed importante per essere bollato solamente come centravanti di riserva (peraltro, Morata non fa del fisico la sua arma principale).
Non più 11 titolari
In un calcio sempre più professionistico, in cui i grandi club europei giocano almeno 50 partite a stagione con picchi di 60 in Inghilterra (il Chelsea 2018/19 ne giocò 63), servono rose sempre più ampie, profonde e di qualità. Le rotazioni non sono più un vezzo, ma un’esigenza per chi vuol arrivare a fine stagione con la brillantezza necessaria. Ecco perché le grandi squadre si dotano sempre più frequentemente non più di 11, ma di 16-17 titolari. In questo contesto, in cui in panchina – al netto degli infortuni – si avranno elementi offensivi di qualità vicina, se non superiore, ai titolari perché un allenatore dovrebbe introdurre una riserva?
Le regole
Un ultimo elemento da considerare è il regolamento della Uefa Champions League. Le liste UCL vengono presentate a settembre e prevedono un massimo di 25 slot così suddivisi:
- 17 liberi
- 4 ATP (association trained player)
- 4 CTP (Club-trained player)
Se trovare ATP di livello non è mai un problema, lo è produrre buoni CTP. Questo dipende dalle singole regolamentazioni nazionali che in molti casi non prevedono squadre B (o vedono grandi limitazioni) dove i giovani possano crescere, esordire nel calcio professionistico e intanto diventare club-trained player. In questo contesto le società sono portate a massimizzare ogni singolo slot e non potranno permettersi riserve. Inoltre, bisogna valutare che – a differenza della serie A dove si possono inserire 23 giocatori in distinta, ossia ben 12 in panchina – in Champions il numero è ridotto a 18; se consideriamo che i panchinari saranno solamente 7, di cui un portiere, e basandoci sui sopracitati “16-17 titolari”, sembra davvero non esserci posto per il nostro bomber di scorta.
Insomma, il calcio cambia, evolve e porta via con sé retaggi e schemi superati e i vari Zalayeta e Amoruso saranno sempre più un bel ricordo legato al passato che non una necessità.