di Davide Terruzzi
Una delle migliori versioni europee della Juventus regala una prestazione d’altissimo livello tecnico e tattico contro un Barcellona che si fida troppo delle qualità delle proprie stelle.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]I[/mks_dropcap]t’s time. La campagna virale della Juventus ha colto nel segno. È giunta l’ora di dimostrare sul campo la propria forza contro l’avversario che ha dominato l’Europa nell’ultimo decennio. Quando si parla di Champions League, i tifosi bianconeri vivono sentimenti contrastanti: il sogno, quasi un’ossessione, per una coppa che non si vince da troppo tempo; la tranquillità di chi è consapevole della qualità assoluta della propria squadra; la paura che abbiano ragione i più critici, e che si è ancora distanti dalle prime tre della classe. Così l’attesa per l’andata dei quarti di finale col Barcellona è stata lunga e per molti vibrante, degna di una Finale.
L’ultima occasione in cui le due squadre s’incontrarono avvenne a Berlino nel 2015; nonostante siano trascorse appena due stagioni, la Juventus è una formazione completamente rivoluzionata. Allegri ha schierato in questa partita solamente due giocatori (Buffon e Bonucci) presenti quella notte, mentre Luis Enrique nove. La programmazione della società bianconera è tesa al miglioramento della qualità tecnica e tattica, condizione necessaria (ma non sufficiente) per reggere l’impatto con compagini come il Barcellona. Da quando il tecnico livornese ha cambiato modulo, la Juventus ha mantenuto la compattezza difensiva accompagna da una maggiore brillantezza tecnica con un set di giocate vario e imprevedibile. Anche Luis Enrique ha virato nelle scorse settimane, abbandonando il canonico 4-3-3 per rispolverare il 3-4-3 a diamante trapiantato in Catalogna dal genio magistrale di Cruijff. Leggendo gli undici blaugrana, spicca la scelta di Mathieu come centrale difensivo con Mascherano riportato nel suo originario ruolo di mediano davanti la difesa al posto dello squalificato Busquets. Il tecnico asturiano si tiene così la classica possibilità di varare un assetto fluido passando dalla difesa a 3 a quella a 4 in base alla fase di gioco.
I primi minuti sono sempre l’occasione in cui le squadre dovrebbero attenersi con maggiore attenzione e scrupolo alle indicazioni dei rispettivi allenatori. Il game plan iniziale della Juventus è chiaro. La squadra bianconera tiene la linea difensiva alta, ostacola la costruzione bassa da parte del Barcellona con una pressione fortemente orientata sull’uomo mantenendo al contempo una squadra corta e compatta con distanze minimali all’interno dei reparti e tra gli stessi. L’intento, dichiarato, è quello di unire accortezza e aggressività per togliere spazio e costringere i blaugrana a giocare sotto pressione.
Due immagini per dimostrare la compattezza della Juventus. Una gabbia per proteggere il centro con distanze ravvicinate; l’unico più aperto resta Dani Alves per contrastare Neymar.
Contro un’avversaria che si sistema inizialmente col 3-4-3 a diamante con Messi e Neymar larghi sulle fasce, Rakitić come trequartista e Sergi Roberto che da terzino avanza nella posizione di mezzala destra, la Juventus si sistema con un 4-4-1-1 difensivo teso a oscurare le linee di passaggio in verticale con il controllo dell’ampiezza garantito dai terzini aiutati dai raddoppi degli esterni alti. Il castello difensivo bianconero rappresenta una vera e propria gabbia centrale dentro cui attaccare le ricezioni dei giocatori; la pressione juventina è organizzata collettivamente, segue alcuni inneschi che danno il via al pressing offensivo. Ogni volta che il Barcellona deve ripartire dalla difesa nel tentativo di muovere il blocco avversario, la squadra di Allegri sale velocemente il campo attaccando le ricezioni dei difensori centrali esterni che compongono il rombo di costruzione del gioco. Cuadrado e Mandžukić occupano la posizione dello spazio di mezzo proteggendo così la difesa, lavorando sulle linee di passaggio in diagonale impedendo così con regolarità al Barça di cercare di servire i propri giocatori posizionati all’interno del castello difensivo bianconero.
Il 3-4-3 a diamante del Barça con Messi e Neymar larghi di partenza.
Ovviamente anche il Barcellona è una formazione che pressa. Forte, anche. La pressione della formazione blaugrana però è decisamente meno organizzata, sempre orientata fortemente sull’uomo ed è più simile a una continua transizione negativa aggressiva che a un sistema in cui la copertura degli spazi si sposa all’attacco della ricezione e alla marcatura degli appoggi. Questo implica una continua e necessaria aggressività dei singoli per recuperare il più velocemente la palla, altrimenti la squadra si trova costretta a correre all’indietro per recuperare velocemente la forma difensiva cercando di difendere la porta con fasi posizionali in cui la squadra si schiera con un sistema ibrido tra un 4-3-3 e un 4-4-2. Come sempre accade è Neymar a ritornare sulla linea dei centrocampisti, mentre Rakitić s’allarga sulla destra con Sergi Roberto che s’abbassa nella posizione di terzino; Messi, invece, pare completamente avulso dalla fase di non possesso.
Per superare questa pressione sono le qualità tecniche dei singoli, unite a spaziature ottimali, a risultare necessarie; superato il primo pressing, la Juventus si trova ad attaccare in maniera diretta la porta di ter Stegen sfruttando un’altra pecca intrinseca del Barcellona. L’ampiezza è difesa con troppi problemi, il lato debole risulta essere il cavallo di Troia grazie al quale i bianconeri possono affondare a piacimento. Specialmente sulla propria sinistra, dove Messi non torna mai e costringe Rakitić a un doppio lavoro; così la Juventus può cambiare campo sulla destra, dove Allegri posiziona Cuadrado e Dybala, cioè quei giocatori di maggiore pericolosità in campo aperto. L’azione che porta al primo gol dell’argentino è la dimostrazione sul campo della rilevanza fondamentale dello studio delle caratteristiche degli avversari per colpirli nelle loro debolezze.
https://vimeo.com/212919944
Una volta in vantaggio, il pressing della Juventus è meno alto. I bianconeri trascorrono così momenti di difesa posizionale in cui brillano l’organizzazione e l’intelligenza tattica. Come tutti gli allenatori che si trovano ad affrontare il Barcellona, anche Allegri si è trovato di fronte all’interrogativo di come limitare le tre principali fonti del gioco catalano. Messi, Neymar e Iniesta sono le chiavi di volta attorno cui ruotano gli altri; loro sono i giocatori che devono essere arginati per diminuire la pericolosità offensiva del Barça. Il tecnico bianconero ha progettato così tre diversi sistemi, quasi della gabbie per arginarli. Neymar resta sempre molto largo sulla sinistra e sulle sue tracce si posiziona Dani Alves; il terzino brasiliano resta più aperto, meno vicino al centrale difensivo di riferimento, per attaccare le ricezioni del connazionale controllando così i cambi di campo. Una delle caratteristiche principale della formazione di Luis Enrique è lo sviluppo del gioco sulla destra, dove Messi spesso spadroneggia, per poi servire il taglio in profondità di Neymar. E il fenomeno argentino come può essere contrastato? Lui parte sulla destra ma poi è libero d’accentrarsi, completamente scevro da impostazioni tattiche. Il trattamento riservato è speciale: quando resta largo è Alex Sandro, aiutato da Mandžukić, a occuparsene; quando s’accentra, seguendo il proprio istinto, il terzino brasiliano resta più stretto ed è aiutato nel compito dalla protezione dei due centrocampisti. Nel primo tempo spesso Messi è stato accompagnato, dopo essere stato accerchiato, orizzontalmente limitando così il suo genio. Iniesta, invece, resta vittima dell’organizzazione tattica bianconera: la Juventus lascia liberi d’impostare i due centrali esterni, specialmente Mathieu, individuato chiaramente come l’anello debole e il giocatore da lasciare maggiormente indisturbato. Cuadrado, in fase di difesa posizionale, resta più stretto, al fianco dei centrocampisti; così, oltre a impedire le giocate in diagonale, viene arginato Iniesta. Il colombiano resta però pronto a uscire su Mathieu; l’attacco al centrale francese avviene quando Pjanić prende il centrocampista spagnolo lasciando così la possibilità al compagno di salire in pressione.
L’occasione più grande del primo tempo per il Barcellona nasce però sull’asse Messi-Iniesta, a ulteriore dimostrazione della concentrazione totale necessaria quando si gioca una squadra d’assoluta qualità tecnica. Il taglio d’Iniesta non viene correttamente letto da Dani Alves; il terzino per un istante perde il controllo della traiettoria del pallone per guardare il movimento dell’ex compagno. Una frazione di secondo che consente al centrocampista di trovarsi a tu per tu con un Buffon che si supera per impedire al Barça di pareggiare.
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L’azione successiva porta al raddoppio di Dybala. Ed è un’altra dimostrazione della capacità della Juventus di rompere il pressing del Barcellona. L’azione nasce con un lancio in verticale di Bonucci che taglia in due la formazione catalana; Higuain, che si è spesso staccato dalla linea difensiva per rappresentare un punto di raccordo con gli altri reparti, fa da sponda e la squadra attacca sulla propria sinistra in quella zona in cui Messi non difende e Rakitić non sempre a spostarsi partendo da una posizione più centrale. Il Barça tarda a recuperare la forma difensiva, soprattutto il centrocampo non rientra e Dybala è lasciato libero sul limite dell’area di rigore. La Juventus così manifesta le debolezza blaugrana, una squadra che porta un buon primo pressing, sebbene spesso non organizzato, che se superato permette d’attaccare in campo aperto; la formazione d’Allegri ha diverse soluzioni per rompere il primo pressing (anche le azioni individuali palla al piede) con una preferenza a un gioco veloce, diretto per impedire agli avversari di recuperare la forma difensiva. Il tecnico non intendeva palleggiare nella propria metà campo – anche per ridurre al minimo le possibilità di perdere pallone nella propria metà campo permettendo al Barça transizioni sul corto che possono risultare letali – per poi salire schiacciando l’avversario, ma ha voluto sorprendere con attacchi rapidi senza dare la possibilità d’organizzarsi posizionalmente.
Luis Enrique effettua una sostituzione nell’intervallo. La scelta di Mathieu era stata criticata sui social da parte della maggioranza dei tifosi catalani e non è stata effettivamente fortunata né difensivamente né offensivamente. Il tecnico decide di riportare Mascherano sulla linea difensiva con André Gomes schierato nel ruolo di pivote. In difesa, nelle fasi di possesso, l’argentino si sistema sul centro destra con Piqué centrale e Umtiti sul centro-sinistra; senza palla è sempre Sergi Roberto chiamato al compito di pendolo facendo oscillare la difesa da tre a quattro.
La Juventus riparte con ottima intensità e con un pressing medio alto; la squadra d’Allegri continua a colpire le difficoltà endemiche del sistema avversario evidenziando il consueto gioco diretto e un controllo tecnico necessario a rompere il pressing catalano. Segnata la terza marcatura, sfruttando la debolezza storica del Barça sulle palle inattive, la squadra abbassa il proprio baricentro, alzando il pressing solamente in occasione dei rinvii del fondo. L’intensità e l’aggressività dei blaugrana sono maggiori rispetto alla prima frazione di gioco (con un passaggio più netto al 4-3-3 senza palla), ma sono i movimenti senza palla a essere più marcati e decisi; specialmente sulla destra dove i meccanismi tra Sergi Roberto, Rakitić e Messi ritrovano una buona fluidità in grado di destrutturare il castello difensivo della Juventus. Soprattutto è la posizione dell’argentino a risultare maggiormente pericolosa, perché il numero 10 si sposta maggiormente verso il centro del campo cercando la ricezione alle spalle del centrocampo. L’influenza di Messi consiglia Allegri a effettuare un cambio tattico inserendo Rincón al posto dello straordinario Dybala; i bianconeri passano al 4-5-1 con il centrocampista ex Genoa che si posiziona al centrocampo con un compito preciso: marcare Messi e chiunque si trova a capitare in quella zona di campo. Il tecnico livornese, infine, blinda ulteriormente la difesa con l’inserimento di Barzagli al posto di Pjanic e relativo passaggio al 5-4-1,
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La netta vittoria della Juventus è figlia dello sviluppo tattico e tecnico guidato da Allegri nel corso degli ultimi mesi. La preparazione della partita da parte dell’allenatore juventino è stata semplicemente esemplare con una squadra che è entrata in campo con le idee chiarissime, sapendo alla perfezione cosa fare con la palla e senza. Una gara disegnata sulle caratteristiche del Barcellona: individuate le debolezze per colpirle; studiati i punti di forza per arginarli. La Juventus è una squadra in grado di interpretare un ampio registro di soluzioni tattiche all’interno della partita, adattandosi alle situazioni e sorprendendo così gli avversari che non si trovano di fronte un avversario mono dimensionale. La squadra d’Allegri ha alternato momenti di pressione alta a una difesa posizionale più bassa, coniugando determinazione, attenzione e concentrazione; hanno superato il pressing con progressioni palla al piede, cercando Mandzukić, sfruttando le qualità tecniche degli esterni e le proprietà di palleggio dei centrocampisti, specialmente di un lucido Pjanić, la cui crescita in quel ruolo è merito d’Allegri. I bianconeri hanno limitato Messi, spinto Iniesta a ricevere palloni lontano dalla sua zona prediletta (quella sul centro-sinistra al fianco dei centrocampisti avversari) e controllato Neymar grazie a un Dani Alves quasi sempre puntuale. Il Barça non è stato quello di Parigi: in quell’occasione, i blaugrana semplicemente non si presentarono in campo. Quello di Torino è il Barcellona di quest’anno, una formazione stellare per le qualità dei singoli ma con una organizzazione non all’altezza delle proprie stelle. La scelta di riportare Messi sulla destra ha inizialmente limitato la sua pericolosità: spostato sulla fascia destra, l’argentino è stato troppo lungo escluso dal gioco. Quando il fenomeno si è posizionato nuovamente come vertice alto del diamante di centrocampo, la pericolosità del Barcellona è aumentata. L’altalena tra la difesa a tre a quella a 4 è delicata ed è in grado d’esporre qualsiasi squadra a particolari squilibri, specialmente una formazione, come il Barça, nella quale gli esterni non sempre danno una mano: non a caso è stato sulla propria sinistra che la Juventus ha spesso colpendo l’assenza difensiva di Messi, la difficoltà di Sergi Roberto a posizionarsi sulla linea difensiva con un Rakitić che si è dovuto dividere in più compiti.
Tra una settimana ci sarà il ritorno. La Juventus non dovrebbe giocare una partita solamente di contropiede. Ci saranno spazi da attaccare, ma a essere decisiva (oltre alla fondamentale tenuta difensiva) sarà la capacità di superare il pressing senza accontentarsi immediatamente della giocata in verticale ma sfruttando al meglio l’ampiezza sul lato debole. La Juve ha diverse soluzioni per attaccare in campo aperto il Barça e saperle sfruttare alternandole, mentre dovrà evitare di gestire il risultato dell’andata. La partita di Torino dovrebbe aver cancellato i dubbi di alcuni tifosi e qualche critico: la Juventus, come dimostrato anche un anno fa, è una grande d’Europa con una preparazione tattica e tecnica d’assoluto livello. In campionato spesso affronta le partite con la consapevolezza di poter gestire i ritmi alzandoli quando ritiene necessario; il salto qualitativo continentale rispetto a qualche anno fa è fuori discussione e può essere solo applaudito.