di Elena Chiara Mitrani
Neanche vent’anni, carriere brevi ma intense: chi sono Donnarumma e Meret.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]G[/mks_dropcap]ianluigi Donnarumma è ormai visto come l’erede naturale di Buffon, con cui ha in comune il nome di battesimo e spiccate doti da estremo difensore, palesi fin da quella che è – di fatto – ancora adolescenza. L’attuale portiere del Milan ha infatti compiuto 18 anni il mese scorso. Nato a Castellammare di Stabia, cresce calcisticamente nella scuola calcio Club Napoli, prima di venire ingaggiato dal Milan – squadra di cui si dichiara tifoso – all’età di 14 anni, in cambio di 250.000 €. Nelle giovanili del Milan aveva già militato il fratello Antonio, anche lui portiere. Donnarumma in rossonero brucia le tappe: dal 2013 al 2015 gioca nei Giovanissimi, negli Allievi e nella Primavera, sempre con ragazzi più grandi di lui, fino ad essere aggregato per la prima volta alla prima squadra (allora guidata da Filippo Inzaghi) nel 2014/15, sedendosi in panchina in una gara di Serie A a 15 anni e 11 mesi, grazie a una deroga della Federcalcio. Poco dopo, allo scoccare dei 16 anni, il portiere rossonero firma il suo primo contratto da professionista.
Il resto è storia nota ai più: con Mihajlović in panchina, Donnarumma scalza Diego López dal posto di titolare (e persino il suo secondo, Abbiati) ed esordisce in Serie A nell’ottobre 2015 contro il Sassuolo a San Siro. Dopo una stagione oltremodo positiva, soprattutto tenuto conto della sua giovane età, Donnarumma viene confermato come titolare nel Milan di Montella e, alla prima giornata della stagione 2016/17, diventa il primo minorenne in grado di parare un rigore in Serie A, neutralizzando il tiro di Belotti in Milan-Torino. Come ci ricordiamo purtroppo molto bene, Donnarumma conferma la propria abilità come pararigori negando il gol a Dybala nello shootout finale che consegna la Supercoppa Italiana 2016 al Milan.
Chiamato per la prima volta in Nazionale maggiore da Ventura nell’agosto 2016, Donnarumma ha esordito in maglia azzurra il 1° settembre entrando in campo nel secondo tempo dell’amichevole disputata dagli azzurri contro la Francia: è diventato così il più giovane numero 1 ad aver vestito la maglia azzurra. Già in precedenza aveva giocato con l’U15, U16 e U17; con quest’ultima selezione ha disputato l’Europeo nel 2015, risultando uno dei migliori portieri della competizione insieme al francese Luca Zidane, figlio d’arte. Passato anche per l’U21 di Di Biagio, Donnarumma ha giocato una partita di qualificazione all’Europeo U21 del 2017, centrando anche qui il record di più giovane portiere ad esordire con questa selezione.
Donnarumma ha saputo guadagnarsi la stima degli appassionati in pochissimo tempo: talento indiscutibile, record, numeri, rigori neutralizzati, prestazioni da stropicciarsi gli occhi (quella di Torino lo scorso 10 marzo è solo un esempio) e analogie con Buffon gli attribuiscono su tutta la linea il ruolo di successore predestinato. Vista la situazione del Milan attuale, è chiaro che, in un calcio sempre meno romantico, il suo futuro rappresenti un punto di domanda, come lasciato intendere più volte dal suo procuratore Raiola. Poco importa che il giocatore, in scadenza di contratto nel 2018, si sia dichiarato più volte tifoso di quel Milan che l’ha lanciato giovanissimo nel calcio professionistico. Voci insistenti indicano che il portiere classe ’99 sia nel mirino di Marotta e Paratici per il dopo Buffon, e, viste le doti mostrate finora dal giocatore, sicuramente le altre squadre europee non staranno a guardare.
Altro prospetto interessantissimo ma decisamente meno conosciuto dal grande pubblico, Alex Meret è nato a Udine il 22 marzo del ‘97: attualmente gioca nella SPAL, in prestito dall’Udinese. La sua recente convocazione da parte di Ventura come terzo dopo Buffon e Donnarumma ha fatto scalpore, ma non bisogna dimenticare che su di lui aveva già puntato Conte. L’ex allenatore azzurro aveva infatti deciso di chiamarlo al ritiro pre Europei del maggio 2016, insieme a Buffon, Marchetti e Sirigu, i tre portieri che il CT avrebbe poi portato in Francia. La convocazione di Meret come quarto in ritiro al posto dell’infortunato Perin aveva comunque rappresentato una sorpresa, in quanto il giovane portiere, allora all’Udinese, non contava nemmeno una presenza in Serie A, a differenza, appunto, di Donnarumma. Adesso Ventura replica, mettendo (definitivamente?) da parte Marchetti e Sirigu, ed è il momento di stringere un po’ di più la lente di ingrandimento su Meret, che sta facendo una grande stagione in Serie B.
L’esordio da professionista di Meret è arrivato in una partita del quarto turno di Coppa Italia tra l’Udinese (squadra in cui è cresciuto) e l’Atalanta, il 2 dicembre 2015. In seguito alla vittoria dei friulani, che si impongono per 3-1, Meret gioca anche agli ottavi, contro la Lazio, concedendo due reti nella sconfitta per 2-1 a cui va incontro la sua squadra. Le due gare di Coppa Italia saranno le sole presenze di Meret in stagione, in quanto in Serie A i friulani schierano sempre Karnezis tra i pali.
La svolta arriva con la cessione in prestito alla SPAL, neopromossa in Serie B. Meret mantiene la rete inviolata sia all’esordio in Coppa Italia che all’esordio in campionato e, al momento, è uno dei fiori all’occhiello di una squadra che sorprendentemente si trova in testa alla Serie B.
In un’intervista recentemente rilasciata alla Gazzetta dello Sport, Meret si è dichiarato juventino e grande fan di Buffon («La prima maglietta che mi hanno regalato era sua. I primi guanti, di Gigi»), ma ha detto trovarsi simile ad Handanovic per la capacità di attaccare la palla ed essere coraggioso nelle uscite.
Dopo essersi messo in luce nelle Nazionali giovanili U16, U17, U18 e soprattutto U19, con cui ha giocato da titolare gli Europei del 2016, perdendo la finale contro la Francia di Mbappé, Meret con la recente convocazione è pronto ad entrare nel giro azzurro con l’obiettivo di restarci ancora per molti anni.
di Francesco Federico Pagani
Caratteristiche tecniche e qualità: i fondamentali
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]D[/mks_dropcap]onnarumma e Meret sono gli alfieri della sempre produttiva scuola di portieri italiana, ultimi esponenti di una dinastia che partendo dal mitico Gianpiero Combi (titolare nel Mondiale vinto nel 1934 nonché vincitore di cinque Scudetti con la Juventus) e passando per campioni del calibro – tra gli altri – di Enrico Albertosi e Dino Zoff è approdata nelle solide mani di Gianluigi Buffon, che nel giro di un anno e mezzo al massimo dovrebbe passare il testimone proprio ai due gioiellini di Milan ed Udinese.
Partiamo allora da quello che sembra essere l’erede designato di Buffon, ovvero il portiere più giovane ad aver vestito la maglia da titolare della Nazionale Azzurra: Gigio Donnarumma.
Longitipo di alta statura, ectomesomorfo, l’estremo difensore nativo di Castellammare di Stabia ha proprio in un fisico da top del ruolo il punto forte.
Dotato di una struttura super cui fa da ciliegina sulla torta una grandissima esplosività muscolare, il guardiano dei pali rossoneri rappresenta un po’ l’evoluzione del ruolo nonché il prototipo del portiere moderno.
A colpire molto di lui, probabilmente più di tutto, è la grandissima velocità con cui riesce ad andare a terra. Quando sei 196 centimetri per 90 chilogrammi è infatti tutto fuorché scontato avere quella reattività e quella capacità di spostare una massa così importante per arrivare a deviare palloni radenti il suolo.
Il ragazzo, però, impressiona tantissimo anche da un punto di vista mentale: sembra sempre a proprio agio, anche quando commette degli errori. Pare avere quella tranquillità e sicurezza in sé stessi che è propria dei predestinati.
Analizzando tecnicamente l’ultimo prodotto del settore giovanile rossonero possiamo vedere come assuma sempre una corretta postura di partenza e come gestisca ottimamente la fase di preparazione e sbilanciamento. Segno che a doti naturali innegabili Donnarumma ha aggiunto molto studio sotto lo sguardo attento del responsabile della formazione dei portieri della scuola milanista, Alfredo Magni.
Per quanto riguarda il momento di spinta abbiamo già di fatto detto: le doti atletiche fuori dalla norma di Gigio si riflettono proprio sulla sua capacità di spingere con la gamba omologa al lato del tuffo.
Ottima, in generale, anche la linea di spinta. Per non dire della componente tecnico-psicologica che riguarda il cosiddetto “attacco della palla”, che l’ex portierino del Club Napoli ha come prerogativa assolutamente naturale.
Bravo anche nella gestione dell’equilibrio in volo, potrebbe ancora lavorare sulla tecnica di caduta, importante sia per evitare traumi che per migliorare le parate in presa.
Osservando Donnarumma parare si può notare come la maggior parte dei suoi interventi siano fatti in passo spinta. Che se da una parte dimostra come con la sua fisicità ed esplosività riesce a coprire praticamente tutto lo specchio, dall’altro può lasciare qualche dubbio sulla sua preparazione tecnica: quando il passo spinta non basterà o quando non avrà più un’esplosività tale per cui possa coprire tutto lo specchio così riuscirà a sopperire con una giusta interpretazione degli interventi in passo incrociato o in piede scaccia piede?
Proprio perché si tratta di un grande talento naturale ma certo non del portiere perfetto, Gigio può e deve crescere anche nella presa, avendo una buona tecnica di respinta sia con la mano da sotto che con quella di richiamo.
Inoltre, nonostante la scuola Milan in questo senso sia servita (da anni nelle giovanili, un po’ à la spagnola, si chiede sempre ai difensori di giocare il pallone mantenendone il possesso, sollecitando molto anche il portiere), Donnarumma mette ancora in mostra qualche limite in regia podalica. Un fondamentale che a mio avviso è comunque secondario per un portiere (che mi interessa sappia parare, prima che giocare la sfera coi piedi), ma che è sempre più richiesto vista l’evoluzione del gioco e del ruolo.
Da un punto di vista statistico l’estremo difensore in età da under 18 ha totalizzato 11 partite senza subire gol (su 31) nel corso di questa stagione, nonostante la fase difensiva del Milan non sia esattamente da top mondiale.
È per altro il portiere con all’attivo più parate nel corso di questa Serie A (109) ed ha un rapporto di circa 3,5 parate ogni gol subito.
Inoltre si sta dimostrando un buon para rigori, avendone neutralizzati 2 sugli 8 che sono stati calciati contro i rossoneri in questo campionato.
Per quanto concerne la succitata regia podalica, infine, viaggia su un 77% di passaggi completati, che è comunque una percentuale notevole se è vero che tra i portieri con più di cinque presenze all’attivo solo Buffon, Reina e Szczęsny hanno fatto meglio.
Per quanto invece concerne Alex Meret si tratta di un portiere dal grande talento, anche se forse non al livello di Donnarumma. Un estremo difensore che seguo con interesse da molto tempo e che con Scuffet (e Samuele Perisan) rappresenta il risultato migliore del lavoro svolto in Friuli sui guardiani dei pali.
È facile notare ad occhio nudo quanto siano evidenti le differenze strutturali che l’attuale portiere della Spal ha nei confronti di Donnarumma. 190 centimetri per 82 chilogrammi, Meret è un longitipo di alta statura, mesoectomorfo, fisicamente più esile e slanciato rispetto al collega rossonero.
Se è vero che le doti fisiche sono indubbiamente ridotte rispetto a Donnarumma (che come detto rappresenta davvero l’incarnazione del prototipo del portiere moderno) stiamo comunque parlando di una struttura ottima per il ruolo. Un insieme di fattezze fisiche che gli donano certo meno potenza rispetto al suo più famoso collega, ma che comunque non gli negano grande flessibilità ed agilità tra i pali.
Tra le doti più interessanti del guardiano dei pali di scuola Udinese c’è sicuramente la sua grande determinazione nell’attacco alla palla, dote la cui importanza è cresciuta nel corso dei decenni sino ad arrivare ad essere sempre più centrale nel calcio moderno.
Un portiere statico e senza la giusta convinzione nell’attacco al pallone è un estremo difensore che difficilmente oggi potrà arrivare a giocare a grandi livelli.
Abile nel leggere le traiettorie, è cognitivamente dotato di una grande velocità di selezione e non pecca in quella di attuazione.
Andando anche qui ad analizzare la sua impostazione tecnica possiamo notare come assuma una postura di partenza anche migliore rispetto a Donnarumma, potendosi raccogliere con ancora più facilità prima di esplodere in tuffo.
In generale sembra un po’ meno elegante nei movimenti, impressione che probabilmente è però data dal fatto che, come abbiamo visto, al portiere milanista basta anche solo una spinta da fermo per coprire praticamente per intero lo specchio di porta. Meret, essendo più minuto (rispetto a Donnarumma, certo non in assoluto) deve invece più spesso “rincorrere” la palla, dovendo quindi contare anche sui tuffi in passo incrociato ed in piede scaccia piede, che però non sempre realizza in maniera stilisticamente impeccabile.
Anche nel suo caso la scuola tecnica italiana, per molti la migliore al mondo nel ruolo, si fa comunque vedere e sentire, tanto che Alex non mostra grandissimi limiti, avendo buone doti sia in respinta che in presa.
Qualcosa su cui potrebbe lavorare sono linea di spinta ed equilibrio di volo.
Mentre fanno sperare benissimo due sue prerogative: l’ottima scelta di tempo nelle uscite alte, che sono uno dei fondamentali più delicati per un portiere (pensate all’ottimo Toldo, fenomenale tra i pali e quasi sperduto in uscita), e la grandissima reattività, con riflessi felini che mi ricordano un po’ quelli del primo Sebastian Frey (uno dei top di cui ho ricordi, in questo senso).
di Andrea Lapegna
La prova del campo: parate a confronto
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]S[/mks_dropcap]e delle caratteristiche dei due portieri ha detto tutto (e anche di più) FFP sopra di me, è utile vivisezionare le loro prestazioni e i loro gesti tecnici. Detto comunque che sono portieri sostanzialmente diversi, i punti di forza dell’uno non saranno necessariamente i limiti dell’altro.
In Donnarumma, la linea di tuffo è pulitissima. Sceglie sempre il salto migliore per impattare la palla, la aggredisce e non la aspetta, evitando così di ampliare l’angolo con la traiettoria di tiro proprio in virtù di una rapidità fuori dal comune. Qui ad esempio scivola sulla linea dell’erba e dalla slow motion possiamo apprezzare come lasci che sia l’avambraccio – e non il polso o peggio il gomito – ad impattare per primo col terreno.
Addirittura dall’ultimo replay si vede che il braccio forma un arco, e la mano destra finisce la sua corsa non già sull’erba, ma toccando un punto più in alto del terreno. Il peso del tuffo ricade sulla spalla, e non sulla scapola. Perfezione.
L’incredibile spinta muscolare di cui fa sfoggio lo porta – una volta esaurita – quasi ad abbandonare le gambe in volo, perché sa di non averne più bisogno. Una migliore contrazione addominale dovrebbe invece consentirgli di poterle “condurre al suolo”, nell’ottica di evitare eventuali traumi alle anche. Insomma, ben diverso dalla scuola tedesca che insegna prima di tutto il controllo del corpo.
Ha la reattività di un grillo, un gatto, come lo era Júlio César (che comunque gli paga 10 cm, mica bruscolini). Le gambe le lascia andare e non se ne cura più.
A volte si ha la sensazione che sia talmente dentro la partita che il suo corpo viaggi su più livelli cognitivi, in ogni caso più veloce del pallone. La parte superiore del corpo segue già il pensiero successivo, mentre quella inferiore è fisiognomicamente ancora legata al gesto tecnico precedente. Sa leggere in anticipo le situazioni di gioco, e lancia se stesso in un punto dell’aere conosciuto solo a pochi eletti prima ancora che vi arrivi il pallone. La cosa incredibile è che poi sa anche recuperare se la prima lettura è andata a salve.
I suoi pensieri in slow motion (il tutto nell’arco di una frazione di secondo): “sta arrivando, faccio due passi fuori per coprirgli più specchio possibile, ah guarda si è preparato per metterla tesa e bassa in mezzo, ora lo anticipo, oddio invece sta tirando, ok ci sono, l’ho presa“. Notare come le gambe siano ancora lontane dal finire la loro corsa, quando il palmo della mano ha invece già respinto il tiro.
Una cosa che mi ha colpito particolarmente di lui, è che utilizza spessissimo la mano di richiamo, anche per contrare traiettorie non eccessivamente alte. Andare a prendere tutti i tiri che passano la cosiddetta “mezz’altezza” con la seconda mano comporta però un prezzo in termini di tempo da pagare all’azione (tanto che si usa come espediente per allungare artificialmente il tempo di volo sulle palle più alte e angolate). Non che lui non sia svelto, ma quanto ad efficacia si può far meglio.
Voglio dire, la mano destra qui ti faceva proprio schifo?
Deve comunque migliorare nella tecnica di presa. Bloccare la sfera è un gesto che regala sicurezza a se stesso e ai compagni, e Gigio si esibisce in prese con troppa parsimonia.
Anche quando dovrebbe essere un must.
A volergli fare veramente le pulci, potremmo dire che dovrebbe migliorare anche a controllare le conclusioni sulla figura. Donnarumma è un maledetto esteta quando si tratta di raggiungere gli angoli più remoti dello specchio di porta, ma la sua statura gli consegna anche qualche limite nell’affrontare tiri che gli finiscono sul corpo. Non dico che debba fare l’uscita brasiliana del futsal o parate in croce iberica con l’avversario lontano (come questo signore qui), ma quantomeno imparare ad usare i piedi sulle conclusioni ravvicinate e non fare affidamento sempre e soltanto sul ripiegamento sarebbe utile.
Altre qualità di Donnarumma è difficile farle emergere da gif e video. La soprannaturale dote con cui fa scomparire la porta dietro il suo cono d’ombra è uno dei tratti più marcanti del portierone rossonero. Il modo in cui reagisce gli errori, archiviandoli e dimenticandoli con una fermezza al limite del cyborg, è raro nei portieri e figuriamoci a quell’età. La concentrazione durante tutta la partita, che diventa quasi tensione sotto pelle, e l’atteggiamento psicologico tra i pali sono due aspetti cruciali per il ruolo, e lui ne ha da vendere.
Meret invece probabilmente non sarà mai tanto appariscente quanto il collega milanista. Come il compagno di nazionale però, è uno che attacca sempre il pallone: non ne subisce il giro né la traiettoria, ma impone la propria presenza a pallone e avversario. Controllare per non essere controllato, anche sui palloni più impegnativi.
Senza paura
Attaccare la palla, nel senso più letterale del termine. La proattività come segno distintivo.
Al contrario di Donnarumma, Meret ha un’incredibile confidenza con la superficie del pallone ed un’eccellente presa. La tecnica di bloccaggio è praticamente perfetta, la posizione delle mani rispetto alla sfera (piene, sicure, aperte) da scuola calcio, e questo – psicologicamente – permette di stoppare l’azione degli avversari senza dover concedere pericolose seconde palle. Ha l’incredibile pregio di fermare il tempo e di far sembrare le conclusioni più lente di quanto non siano.
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Qui distribuisce sicurezza come Di Caprio distribuiva soldi
Il portiere dell’Udinese in forza alla Spal vanta anche un’ottima lettura delle situazioni di gioco. Questo, unito alla sicurezza in presa, gli consente di sfoggiare eccellenti uscite alte, il fondamentale più difficile e ansiogeno per un portiere.
Anche se partito in ritardo, questa è un’uscita che pochi portieri da top team farebbero
https://giphy.com/gifs/w8npeKonMHU1q
No seriamente, in quanti si sarebbero avventurati lassù?
Meret deve però migliorare nei tuffi, specialmente quelli su conclusioni ravvicinate dove il tempo di reazione è più esiguo. La sua fase di compressione è troppo lunga, e deve scendere molto per poter poi uscire dal proprio corpo e ottenere il massimo dalla spinta sulle gambe. Questo, se non è controbilanciato da un’esplosività fuori dal comune, lo porta a dover “fare più strada” (partendo più basso) per raggiungere i palloni non radenti il pelo dell’erba.
Dove paga qualcosa rispetto al collega è infatti nell’esplosività (ma d’altra parte chiunque soffrirebbe questo paragone con Donnarumma). Non è peregrino pensare che il fisico esile e slanciato sia un freno al pieno sviluppo muscolare, e – soprattutto se come promette dovesse fare delle uscite il suo punto di forza – dovrebbe probabilmente aumentare la massa. Al pari di Donnarumma comunque, deve migliorare nel gioco di piede, anche se rispetto al collega ha una migliore tecnica di base.
In definitiva, siamo di fronte a due sicuri prospetti, top nazionali se non mondiali del ruolo. Se Donnarumma deve ormai solo continuare nel solco tracciato negli ultimi due anni, attendiamo ancora di vedere Meret su palcoscenici più importanti. Al di là delle considerazioni extra-campo, chi si aggiudicherà il trono di Buffon sarà probabilmente colui che riuscirà a limare i propri difetti prima e con più efficacia.