Con ogni probabilità questo derby d’Italia, arrivato alla settima giornata di Serie A, è il più atteso derby d’Italia da anni a questa parte. Le motivazioni sono varie: Sarri sulla panchina della Juventus di fronte al primo grande ostacolo in Serie A; Conte dalla sponda opposta dopo una lunga storia a tinte bianconere; l’Inter che, grazie al nuovo tecnico, riassapora entusiasmo e convinzione che da tempo mancavano; la classifica che vede i nerazzurri a punteggio piano, 2 punti sopra i rivali; il passato tra queste due squadre che ogni anno in un modo o nell’altro viene evocato.
La squadra di casa giunge a questo appuntamento dopo una sconfitta più che dignitosa in quel di Barcellona ma con la consapevolezza di avere trovato una solidità notevole e molti meccanismi di gioco già ben interpretati dai giocatori in campo. Non ci sono grosse novità rispetto a quanto previsto alla vigilia per quanto concerne l’undici iniziale: 3-5-2 con D’Ambrosio che sulla destra vince il ballottaggio con Candreva.
I bianconeri sembrano man mano prendere sempre più confidenza con le richieste dell’allenatore sia in fase di possesso sia in quella di non possesso, seppur sia necessario percorrere ancora non poca strada per soddisfare al 100% i dettami del tecnico. Sarri, a differenza di Conte, opera delle modifiche rispetto alle previsioni: dentro Dybala per Higuaín e Bernardeschi per Ramsey. Per il resto Szczęsny tra i pali; scelte quasi obbligate in difesa con Cuadrado, Bonucci, De Ligt e Alex Sandro; Khedira, Pjanić e Matuidi a centrocampo; Ronaldo accanto a Dybala e con Bernardeschi a supporto a comporre il 4-3-1-2, modulo di riferimento in questo periodo. La scelta dell’italiano è dovuta con ogni probabilità a un lavoro in non possesso di schermatura su Brozović per il quale è stato ritenuto più adatto e disciplinato di Ramsey ancora troppo confusionario in quest’ottica.
Il pressing e il piano gara dei due allenatori
Una delle chiavi tattiche ritenute importanti alla vigilia di questa sfida riguardava come la Juventus si sarebbe comportata in fase di non possesso contro una difesa a 3 e un sistema di uscita ben codificato e assimilato come quello dell’Inter. Nello specifico la missione era evitare di soffrire eccessivamente lo sviluppo dell’azione in ampiezza. La strategia adottata da Sarri vedeva le due punte, Ronaldo e Dybala, generalmente su Godin e Skriniar, Bernardeschi su Brozović e le mezz’ali bianconere su quelle avversarie. In caso di retropassaggio a De Vrij Bernardeschi si staccava per andare sull’olandese in possesso del pallone ma le mezz’ali bianconere non salivano quasi mai Brozović. Lo scopo era quello di non lasciare troppo spazio libero ai quinti del centrocampo nerazzurro e avere Matuidi e Khedira pronti a scalare sull’esterno in caso di necessità.
Invece, ad Inter molto schiacciata, per esempio, in caso di fallo laterale nerazzurro battuto nella propria trequarti, la Juventus alzava con maggiore intensità il pressing per indurre soprattutto Godin in errore. Ed ecco che in queste circostanze l’Inter ha poi cercato di lanciare su Lukaku per fare sponda su Lautaro e consolidare il possesso nella metà campo avversaria.
L’uscita palla nerazzurra comunque non ha avuto una grande percentuale di riuscita, soprattutto se la rapportiamo al match in precampionato o, per essere più attuali, al match di Mercoledì contro il Barcellona. La pressione bianconera ha retto piuttosto bene e non a caso l’Inter ha vissuto la partita maggiormente di gioco verticale. Il dato del possesso palla per metà campo per l’Inter recita: 63% possesso nella propria metà, il 37% in quella bianconera. Valori quasi opposti a quelli bianconeri. Ma in quasi tutte le circostanze in cui l’Inter ha trovato l’uomo alle spalle della mezz’ala o in cui è riuscita a imbastire un contropiede su palla recuperata a metà campo la squadra di Conte è stata deficitaria in precisione e decision making. Inoltre l’uscita di Sensi per infortunio poco dopo la mezz’ora ha enfatizzato queste mancanze.
Dal canto suo l’Inter in fase di non possesso ha approcciato la partita con grande intensità cercando di prendere la Juventus alta il prima possibile: Sensi a uomo su Pjanić, le punte sui centrali bianconeri, Brozović sulla mezz’ala sul lato palla e i quinti nerazzurri sui terzini bianconeri.
Si tratta di una situazione di gioco che la Juventus storicamente ha sofferto nelle stagioni precedenti e che ha dimostrato di patire anche quest’anno: basti pensare ai match contro Fiorentina e soprattutto Verona. Ed in effetti per i primi trentacinque minuti la Juventus è spesso dovuta ricorrere al lancio lungo perdendo qualche pallone di troppo. Inoltre da questo punto di vista è stata molto negativa la prestazione di Bernardeschi che ha perso molti palloni e quelli non persi li ha gestiti in maniera poco intelligente ricercando la verticalità più che il consolidamento del possesso, facendo in questo modo il gioco di Conte.
L’andamento del match
All’interno del contesto tattico appena descritto arrivano i primi due gol del match a firma di Dybala e Lautaro Martinez su rigore. La rete del numero 10 bianconero merita però attenzione perché è una situazione di gioco in cui la Juventus può e deve diventare letale con questo sistema di gioco: Pjanić è un giocatore eccellente negli intercetti e, lo sta dimostrando sempre di più, nel verticalizzare. Il recupero palla alto, in questo senso, può diventare fondamentale per offrire a Ronaldo e Dybala palloni coi quali possono immediatamente tirare in porta da posizione pericolosa. Infatti Dybala non sbaglia.
L’approccio ad alta intensità della squadra di Conte dura, però, soltanto mezz’ora in cui non è riuscita a capitalizzare in termini di gol. Come accaduto col Barcellona a una minore intensità segue un abbassamento del baricentro che ha portato a un 3-5-2 più piatto ma soprattutto a una mancata marcatura a uomo su Pjanić. La Juventus allora ha potuto prendere campo e macinare gioco: l’azione bianconera si è sviluppata perlopiù per vie centrali tramite una circolazione a uno o due tocchi. Il bosniaco, lasciato libero, aveva davanti a sè varie possibilità: Ronaldo, Dybala, Bernardeschi con la possibilità alternativa di poter cucire il gioco con gli esterni e le mezz’ali. Nello specifico ha dato segnali molto confortanti l’intesa tra Dybala e CR7 che, giocando vicini, si sono scambiati molto bene il pallone ma soprattutto si sono mossi con grande intelligenza uno in funzione dell’altro. L’azione del gol annullato a Ronaldo è emblematica in questo senso.
E’ evidente inoltre come il bosniaco con questo modo di giocare ne giova tantissimo: avere sempre due o tre uomini davanti a sè gli consente di verticalizzare e di associarsi con giocatori che parlano la stessa lingua; il baricentro alto lo porta a gestire palloni spesso sui 30-35 metri, fetta di campo in cui è davvero pericoloso. Inoltre anche la gestione dei tempi di gioco è magistrale: se le linee davanti a sè sono occupate temporeggia scambiando palla con le mezz’ali o i terzini quasi con la consapevolezza che con la prossima palla che transita dai suoi piedi troverà un uomo da servire davanti a sè.
Il secondo tempo inizia come termina il primo: Juventus in controllo, Inter con un baricentro più basso tentanto di difendersi e ripartire. Invano. Al 62esimo Sarri effettua due cambi: dentro Bentancur per Khedira e Higuain per Bernardeschi. Sono due cambi che rispondono alla stanchezza dei giocatori in questione ma le perplessità sulle capacità della Juventus in questo momento di supportare questo tridente pesante si manifestano: gli uomini di Sarri coprono meno bene il campo, concedono più spazi e l’Inter ne approfitta per risalire con più facilità. Non a caso è in questo frangente che arriva una delle occasioni più pericolose del secondo tempo con Vecino. 10 minuti dopo Sarri corre ai ripari inserendo Emre Can in luogo di Dybala per ritrovare l’equilibrio essenziale per comandare il gioco. Così la Juventus si riassesta e al minuto 80 Higuain realizza il vantaggio bianconero dopo un’azione di circa 24 passaggi e una disposizione degli uomini eccellente tramite smarcamenti.
Dopo il vantaggio la Juventus si difende cercando anche di non abbassarsi troppo e, se possibile, pressando ancora l’Inter. Anche questa è una novità abbastanza evidente rispetto alle stagioni anche se tale pressing nei minuti finali non è stato perfetto. Il risultato non cambia e i bianconeri riescono a portare a casa i tre punti dopo una partita molto intensa e combattuta.
I singoli
Non si può non citare la partita di Pjanić che sta prendendo sempre più confidenza con questo sistema di gioco ed è diventato, finalmente, il fulcro di questa Juventus. 1 assist, secondo gol partito da una sua verticalizzazione così come il gol annullato a Ronaldo, giocatore con più palle giocate (87). Esegue eccellentemente la fase di possesso e sta diventando sempre più abile anche nelle letture in non possesso, non solo nella difesa in avanti, come in questo caso.
Sembra essere salito di livello anche Bonucci che sta regalando un inizio di stagione strepitoso per lucidità, concentrazione. In questo match è stato perfetto nello sventare alcune circostanze pericolose, anche in 1vs1, situazione di gioco a lui non propriamente congeniale. In assenza di Chiellini Bonucci sta ritornando a essere quel leader tecnico ammirato qualche anno fa.
Cosa ci lascia questa partita?
Innanzitutto la Juventus capolista a 19 punti. E male non fa. Soprattutto però rileva la prestazione dei bianconeri: di fronte a una squadra che, correttamente, si è ritenuto aver assimilato fin da subito i dettami del tecnico ed essere abbastanza avanti nel progetto tattico la Juventus ha retto la prima mezz’ora ad alta intensità avversaria per poi salire di livello e meritare una vittoria molto importante. Quello che traspare però è che la Juventus abbia ancora molti margini di miglioramento a partire dai giocatori assenti (Douglas Costa, Ramsey per non parlare di Chiellini) passando per un pressing non ancora perfetto mentre è più complicato pensare a un’Inter che possa alzare ancora di tanto il suo livello. E’ evidente che la differenza di tasso tecnico sia elevata e che la Juventus possa e debba fare da padrona ancora in Serie A. I segnali di recepimento del modo di pensare di Sarri sono molto confortanti e vanno riconosciuti i meriti fin qui a lui e alla squadra. La stagione è lunga ma, finora, non ci possiamo lamentare.