di Andrea Lapegna
Lo Stadium offre una partita opaca, in cui nessuna delle due squadre è uscita con convinzioni forti. Il talento individuale dà infine ragione ai bianconeri.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]S[/mks_dropcap]ono molte le voci secondo cui la Juventus si troverà, in questo min tour de force, ad incontrare squadre che giocheranno contro di lei la partita dell’anno. Fiorentina e Torino – a detta delle malelingue – sembrano non aspettare altro che la Signora per mostrare i muscoli. In realtà, la squadra di Pioli sta lentamente cercando di trovare la quadra dopo un’estate che definire burrascosa è sminuire i fatti. Dopo l’ennesima rivoluzione estiva, stavolta più che mai al ribasso, la Viola è alla ricerca della propria identità di gioco. Pioli ha impostato il pre-campionato su un 4-2-3-1 dai movimenti classici, ma in campionato ha dapprima sperimentato un confortevole (per lui) 4-3-3, in controtendenza rispetto alle amichevoli estive. Le sconfitte iniziali contro Inter e Sampdoria hanno tuttavia scoperto i tanti difetti della rosa a disposizione del tecnico. Nell’agevole vittoria per 5-0 contro il Verona Pioli ha messo in campo la squadra con un 4-2-3-1 molto elastico, soprattutto nei tre davanti. Con Simeone come terminale offensivo, Pioli ha saputo far girare con discreta efficacia Théréau, Benassi e soprattutto Chiesa nell’occupazione dei mezzi spazi offensivi. La partita con il Verona è stata esemplificativa di questa rinnovata tendenza, soprattutto in considerazione delle praterie lasciate dalla squadra di Pecchia in praticamente tutte le fasi di gioco.
Dal canto suo Allegri può contare sul recupero di Höwedes, alla prima convocazione. Il tecnico livornese non abbandona il 4-2-3-1 ma comincia a operare le rotazioni necessarie per affrontare le 4 partite in 11 giorni portate in dote dal calendario. Così, Szczęsny prende il posto di Buffon, e trova davanti a sé Sturaro, Barzagli, Rugani e Asamoah. A centrocampo mischia le carte e cerca un altro step nell’apprendistato di Bentancur provandolo à la Pjanić accanto a Matuidi. Confermati i titolari della scorsa stagione davanti (Cuadrado, Dybala, Mandžukić dietro a Higuaín), ancora panchina per Douglas Costa e Bernardeschi. Tra le file della Fiorentina, Pioli sceglie di mantenere rovesciato il triangolo di centrocampo, ma stavolta c’è Benassi come vertice alto davanti a Veretout e Badej).
Il piano gara di Pioli prevede aggressive uscite sui portatori bianconeri, seguite con discreta attenzione dalla linea difensiva, sempre accorta a mantenere la squadra corta in zona palla. In situazioni di palla contesta – rimesse laterali, rinvii dal fondo, lanci lunghi, palle alte, etc. – gli interni di centrocampo non esitano ad uscire sui propri corrispettivi, le ali sui terzini e i due attaccanti sui centrali. Come da tradizione per le squadre di Pioli, queste uscite sono risultate spesso anche molto aggressive (ben 11 i falli commessi dai toscani solamente nei primi 35 minuti e nonostante un metro arbitrale abbastanza permissivo). Quando invece il possesso dei padroni di casa viene consolidato dai palleggiatori, la Fiorentina si posiziona a difesa della propria area di rigore, accettando il giropalla bianconero e opponendovi un baricentro basso piuttosto statico.
Il blocco basso della Fiorentina si difende con un 5-4-1, dove è Chiesa ad abbassarsi moltissimo per prendere, di volta in volta, o Asamoah o Mandžukić. Centrocampo si dedica a fare densità in mezzo al campo per costringere gli avversari ad un improduttivo palleggio ad U
Per la verità, anche questa fase difensiva ha presentato diverse criticità, quando soprattutto nel primo tempo Dybala è stato cercato e trovato costantemente tra le linee e Higuaín ha potuto ricevere diverse volte in area di rigore. La Juventus non ha saputo però approfittare delle deficienze posizionali dell’avversario, ed è stata troppo imprecisa e frettolosa nella rifinizione della manovra offensiva. Bentancur non è Pjanić e nel primo tempo ha proposto un palleggio più pigro rispetto al bosniaco, e non ha saputo muovere il pallone abbastanza velocemente da provocare sfasamenti nella struttura avversaria. Cuadrado e Mandžukić si sono spesso intestarditi su tracce interne, sovraffollando la zona centrale del campo: il croato però è rimasto anche troppo lontano dalle zone calde per poter impensierire la difesa viola con i suoi tagli senza palla, mentre l’esterno destro, entrando nel campo, si trovava gioco-forza a dover giocare o sul proprio piede debole, oppure a vedersi ridotte le opzioni di appoggio con il destro a causa della posizione normale rispetto all’out, risultando infine prevedibile.
Entrambi in traccia interna e imprecisione finale. Roba da far andare di traverso la birra.
Allegri non ha comunque disdegnato armi d’attacco più dirette. Anche i giocatori bianconeri attuavano una pressione saltuaria sugli avversari, scatenata però da palloni persi e tentativi immediati di recupero, piuttosto che da situazioni tattiche definite. Quando questi tentativi andavano a buon fine, l’innesco verticale era mandato a memoria: palla dentro per Higuaín, scarico fuori sugli accorrenti Dybala e/o Cuadrado, e palla dentro dall’esterno, meglio ancora se sul secondo palo. Una strategia intelligente, ma che non ha funzionato a causa di esecuzioni precipitose o superficiali.
La Juve perde palla in zona alta. Poi Bentancur, Higuaín, Cuadrado e Matuidi come forsennati sul pallone.
Dal canto suo, la squadra di Pioli ha nelle proprie corde sia un attacco posizionale elaborato, che ripartenze verticali e fulminee. Tuttavia, non soltanto non sembra in grado di scegliere con efficacia la strategia migliore, ma dimostra anche marcati difetti in entrambi i contesti. Sin dall’inizio Pioli sorprende e sceglie di rinunciare ai tagli orizzontali di Chiesa – sempre pericolosissimo quando sposta il pallone sul suo piede forte per tirare. Il figlio d’arte viene dirottato a destra, forse perché Pioli ha individuato in Asamoah l’anello debole della difesa bianconera, o forse perché al contrario voleva toglierlo dalle grinfie di Sturaro.
Quando può invece giocare verticalmente, la Fiorentina si appoggia di preferenza alla forza fisica e all’ottima conduzione di Simeone per scardinare la difesa avversaria. Le progressioni del giovane argentino sono armi molto efficaci sia per abbassare i centrali bianconeri e guadagnare metri, sia per provocare superiorità numerica. Specialmente Rugani ha sofferto questa situazione in più di un’occasione nel primo tempo.
Nel primo tempo alla Juve è mancata un po’ di brillantezza, soprattutto mentale, nel capire dove far viaggiare il pallone. Alcuni accorgimenti tattici si sarebbero resi necessari. Ad esempio, Matuidi avrebbe potuto provare qualche percussione centrale con la palla, mentre Asamoah avrebbe potuto / dovuto assecondare i tagli centrali di Mandžukić (che sarebbero stati più opportuni se profondi) per coprire porzioni di campo più avanzate ed offrire così un riferimento al centrocampo.
Con l’inizio del secondo tempo, la Juventus entra in campo con un gioco più veloce, frizzantino e diretto. Il giropalla è più rapido, anche a costo di rischiare qualche passaggio in più; le uscite sull’uomo in ricezione più precise (specialmente Rugani, che è sembrato finalmente prendere il tempo a palla e avversario).
Il gol viene effettivamente da un errore collettivo della difesa Viola. Il cross di Cuadrado, staccatosi dal suo piede a 30 metri dal fondo, non può impensierire una linea difensiva schierata, ma i difensori sono tutti occupati. Il terzino era uscito su Dybala, in due tengono Higuaín e nessuno si stacca per andare ad intercettarne la traiettoria. Queste palle morte sono il pane di Mario Mandžukić.
Il contesto più ordinato della ripresa, ma anche – inevitabilmente – la superiorità numerica, hanno avuto un effetto positivo su molti giocatori bianconeri. Bentancur è cresciuto molto, osando anche qualche dribbling e giocando di più a un solo tocco. Cuadrado ha cominciato a puntare il fondo come riferimento e a sfruttare più insistentemente il binario esterno. Matuidi, supportato sicuramente dalle indicazioni di Allegri, si è visto con più frequenza in zone avanzate del campo, sia con break palla al piede che con inserimenti profondi a raccogliere le imbeccate dei compagni. Qui sotto, due azioni che spiegano perché Bentancur ci ha impressionati ieri sera.
Calcio d’angolo, Bentancur va a saltare. Buco centrale con gli ultimi difensori a scappare all’indietro, lui si fa 70 metri di corsa e con passo superiore recupera sull’avversario.
Controllo orientato sbagliato, ma recupero e dribbling ad aprirsi una prateria.
Con il passaggio al 4-3-3 ed un rinfoltimento del centrocampo, la Juventus utilizza il possesso palla come strumento difensivo. L’ingresso di Pjanić ha portato sia un centrocampista in più che tanta qualità nel palleggio, indispensabile per tenere gli avversari lontani dalla palla e la palla lontana dalla propria porta. Paradossalmente però i minuti finali della partita sono i peggiori dal punto di vista difensivo. Molti dei giocatori in campo hanno pagato dazio sul fiato, ed è qui che la Fiorentina trova spazi, specialmente a destra. Sturaro e Matuidi hanno finito la partita sulle gambe, tanto che Allegri se ne accorge e si vede costretto ad inserire Lichsteiner per evitare che una piccola falla faccia naufragare una partita intera. Per coprire meglio l’ampiezza, con l’ingresso dello svizzero, Allegri ci lascia riassaporare il 3-5-2 per pochi (e soporiferi) minuti.
In definitiva, alla Juventus va bene così. Molte cose avrebbero necessitato miglior applicazione: il giropalla, la proposta offensiva dei terzini, il decision-making di Cuadrado e Higuaín, e via discorrendo. Per ora, ci accontentiamo, anche perché le note positive (non ultimo il risultato) non sono mancate.