di Davide Terruzzi
Tre giorni dopo la prima sconfitta stagionale, la Juventus ritorna in campo e ottiene una vittoria convincente e divertente con il Cagliari.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]C [/mks_dropcap]i sono momenti della stagione in cui ritornare immediatamente in campo risulta essere fondamentale. Altro che leccarsi le ferite. Altro che una settimana ricca di polemiche e suggestioni tattiche, condita da critiche feroci. Elvis direbbe: “a little less conversation, a little more action please”. Ed è quello che accade alla Juventus, chiamata a rispondere all’inopinata sconfitta con l’Inter della scorsa domenica. Allegri, come aveva già lasciato intendere in conferenza stampa, non abbandona il 3-5-2 pur variando diversi uomini rispetto all’ultima partita: restano a riposo Bonucci e Khedira, ritornano Dani Alves e Higuain, si rivede Hernanes in posizione di centrale di centrocampo con Pjanic e Lemina ai suoi fianchi. Il Cagliari viene schierato con il 4-3-1-2 d’ordinanza, modulo nel quale un ruolo di primaria importanza viene rivestito dai due vertici del rombo di centrocampo (Di Gennaro e Joao Pedro in questa occasione).
La formazione cagliaritana non è arrivata a Torino con l’intenzione di difendersi bassa, ma ha provato a rallentare e ostacolare l’avvio della manovra da parte della Juventus. Il piano tattico prevedeva i due attaccanti più il trequartista a formare un muro centrale per impedire una vericalizzazione convogliando le azioni sulle fasce laterali; nella pratica i tempo della pressione sarda sono caratterizzati da qualche secondo di ritardo, la squadra non si è mossa coralmente in maniera sincronizzata. Così, anche i due esterni della Juventus, e non solo i centrocampisti, avevano la possibilità di ragionare col pallone rompendo il pressing anche con assoli tecnici.
Gli stessi bianconeri hanno studiato una pressione organizzata per ostacolare la manovra del Cagliari, squadra che è abituata a praticare un calcio in cui spesso si cercano soluzioni tramite azioni ragionate. In particolare, Pjanic si muoveva sulle tracce di Di Gennaro, mentre sia Alex Sandro che Dani Alves uscivano aggressivi sui due terzini, ma a risultare di notevole impatto sull’andamento della partita è stata l’aggressività sull’uomo da parte dei difensori bianconeri.
Parlare della partita col Cagliari significa inevitabilmente soffermarsi anche sull’impatto dei nuovi acquisti. Sono i giocatori a determinare il modulo di gioco e a plasmare le caratteristiche di una squadra. Il calcio non è semplicemente posizionare le pedine o gli omini del Subbuteo, ma si basa anche sulla conoscenza reciproca che si viene a creare tra gli stessi interpreti. L’impatto di Dani Alves, Pjanic e Higuain sulla nuova Juventus riveste chiaramente un ruolo di primaria e fondamentale inportanza. Il terzino brasiliano ama combinare nello stretto per poi accentrarsi: non è il classico terzino che si muove lungo il binario della corsia laterale. Questo comporta degli adattamenti nei movimenti da parte degli altri compagni: l’interno che si deve allargare, una punta che si abbassa o si defila. Dare forma continuamente ai triangoli, componendoli e ricomponendoli.
Il centravanti argentino non è solamente il letale cannoniere che tanto incute paura alle difese avversarie, ma è un giocatore che conosce bene il calcio, possiede un ricco patrimonio tecnico e tattico che lo rende un attaccante di manovra aiutando la squadra nel mantenimento del possesso. Pjanic è un regista avanzato, un calciatore che ama galleggiare tra le linee, posizionarsi in posizione avanzata per suggerire e dettare tempi di gioco e passaggi. L’impatto di questi tre giocatori implica anche una manovra meno diretta, più ragionata, maggiormente tecnica, rispetto alla Juventus dello scorso anno. Una squadra, quella bianconera, che deve mantenere il possesso per prendere campo, portare il maggior numero di uomini in zona palla, effettuare una aggressiva transizione negativa una volta perso il controllo del pallone per impedire e rallentare i possibili contropiede.
Non bisogna poi trascurare la fondamentale importanza delle marcature preventive aggressive da parte dei difensori centrali (hanno praticamente negato palloni puliti per Borriello e Sau), nonché la copertura da parte dell’equilibratore dell’intera squadra, cioè il mediano/regista. In questo, aspettando Marchisio, Hernanes è il giocatore che dimostra una conoscenza tattica necessaria per chi ricopre quella posizione: pur con i suoi limiti, il centrocampista brasiliano riesce a dare un buon contributo all’equilibrio collettivo.
Il Cagliari è stato sovrastato tatticamente e tecnicamente (la Juventus ha tirato 10 volte nello specchio durante il primo tempo, battendo un record che durava dal 2003/2004) e con il proprio atteggiamento tattico ha permesso alla Juventus di cambiare spesso lato della manovra trovando gli esterni liberi. Anche Alex Sandro, pur non essendo un nuovo acquisto, è un giocatore che cambia l’identità bianconera, riuscendo a essere contemporaneamente terzino e ala con una tecnica e una progressione non comuni.
I gol arrivano da disattenzioni del Cagliari: due su palle inattive (e perdersi Higuain in area non è mai il massimo), una in uscita, complice l’atteggiamento aggressivo della Juventus. Il secondo tempo, invece, è pressoché l’esercitazione di mantenimento del possesso palla ricercando l’equilibrio, senza cioè spingere troppi giocatori in avanti. Anche questo rappresenta uno step che la formazione di Allegri deve manifestare con maggiore continuità: da una squadra che si riposa difendosi bassa, controllando gli spazi, a una che riesce e vuole controllare il pallone. È certamente più pericoloso e rischioso cercare di giocare palla a terra, combinare nello stretto, ma la Juventus ha i giocatori per riuscire a farlo. In un calcio anti dogmatico come quello di Allegri, che si basa molto anche sulla conoscenza reciproca tra i vari componenti, settembre è il mese delle sperimentazioni per ricercare l’assetto migliore. L’equilibrio va ricercato con i migliori in campo, con quelli che sarebbero i titolari in un’ipotetica finale: un’operazione che richiede tempo, determinazione e concentrazione.
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di Kantor
La prestazione della Juventus e la non commutatività del campionato.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]I[/mks_dropcap]l cammino di una squadra in un campionato non è determinato solo da fattori tecnico/tattici e fisici, ma anche da componenti mentali, psicologiche e ambientali. In particolare è difficile razionalizzare la differenza di prestazione della Juventus tra domenica e ieri sera, senza ricorrere a considerazioni di tipo più ampio. Davide vi ha già chiarito tutte le ragioni di campo per cui la partita di ieri sera è andata come è andata (così come Andrea Lapegna e Michele Tossani avevano chiarito i motivi della pessima prestazione di domenica sera). Io vorrei aggiungere un altro dettaglio che è un mio vecchio cavallo di battaglia: il calcio non è commutativo, ovvero l’ordine in cui una squadra gioca le partite conta molto, almeno a inizio stagione.
Ripercorriamo un po’ la storia di questo inizio campionato: la Juventus affronta prima la Fiorentina (partita molto rognosa), poi la Lazio fuori (partita ancora più rognosa), poi il Sassuolo (partita più semplice nello sviluppo, ma in cui qualche cedimento mentale c’è stato) e infine un esordio in CL contro un Siviglia che sceglie di fare una partita ostruzionistica, da fare invidia al miglior Trap anno ’80. Il dispendio di energie mentali in queste quattro partite era stato notevole e tutto ci voleva tranne che un ulteriore match ad alta intensità quattro giorni dopo. Perché al di là delle considerazioni tecnico/tattiche, per me il cedimento della Juventus a Milano è stato soprattutto mentale; in vantaggio di un goal (senza grandi meriti, va detto) a 25′ dalla fine una Juventus in condizione normali mai si sarebbe fatta rimontare.
Bene adesso proviamoci ad immaginare il caso in cui le due partite fossero state invertite, ovvero si fosse giocato in casa col Cagliari domenica pomeriggio e ieri sera a San Siro. Sarebbe stata la stessa cosa? Probabilmente no, perché ieri sera almeno una cosa si è capita: in casa contro le squadre della parte destra della classifica (e attenzione il Cagliari ha una rosa da salvezza tranquilla per me) la Juventus è abbastanza illegale. Quindi avendo fatto una partita gagliarda (e facile) contro il Cagliari domenica, la Juventus sarebbe andata a San Siro mercoledì con un’altra freschezza mentale e il risultato forse sarebbe stato diverso.
A che serve questo esercizio retorico? Non è assolutamente una giustificazione alla sconfitta di domenica; ma magari potrebbe essere utile a chi crede di poter dare giudizi esaminando brevi cicli di partite, senza rendersi conto che i fattori in gioco sono tanti e spesso anche casuali. Ovviamente nel lungo periodo (38 partite) tutte queste considerazioni si annullano e alla fine vince il più forte (cioè noi…).