di Andrea Lapegna
Il match che regala alla Juventus il sesto scudetto consecutivo è quanto di più ragionevole ci si possa aspettare tra la prima in classifica e una candidata alla retrocessione. La Juve mette al sicuro il risultato nel primo tempo e gestisce nella ripresa.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]M[/mks_dropcap]i risulta un po’ difficile scrivere razionalmente della partita – e soltanto della partita – quando questa ci permette di scrivere una pagina a caratteri cubitali nella storia del calcio italiano. Ma dal momento che scriveremo su queste pagine in maniera più estesa, mi limiterò all’analisi di quello che si è visto in campo, descrivendo quali accorgimenti hanno permesso ad Allegri di fare l’en plein tra i confini nazionali nei suoi tre anni di Juventus.
Come ampiamente preannunciato in conferenza stampa, sonoi titolarissimi a cercare di assicurare il titolo. L’unica concessione al turnover è il riposo di Chiellini in favore di Benatia. Buffon riprende il suo posto tra i pali; Dani Alves quello di quarto di destra accanto a Bonucci, Benatia stesso e Alex Sandro; Marchisio è accanto a Pjanić per permettere a Khedira di recuperare in vista della Finale e davanti tocca ai fab four impensierire la difesa dei pitagorici.
Nicola dal canto suo conferma l’indissolubile 4-4-2 con cui ha condotto il Crotone quest’anno, dovendo sostituire il solo Stoian fermo ai box. La formazione recita: Cordaz; Rosi, Cecchierini, Ferrari, Martella; Rohdén, Crisetig, Barberis, Nalini; Falcinelli, Tonev. Quest’ultimo ha vinto l’unico ballottaggio della vigilia, spuntandola su Trotta.
Come all’andata, il Crotone si dispone in campo con un rigido 4-4-2 in cui l’attenzione a mantenere le linee strette e compatte è la caratteristica pregnante. Il baricentro non è particolarmente basso (49.8 m alla fine), e la linea dei quattro difensori è molto attenta a scalare in avanti seguendo il tempo del pressing dettato degli avanti. Poiché in fase di non possesso il Crotone schiera effettivamente due punte, queste si preoccupano a turno di sporcare la circolazione bassa della Juventus. Falcinelli si orienta a turno su uno dei due centrali, mentre Tonev segue Pjanić quando si abbassa davanti alla difesa. Dopo pochi minuti però, acclarata l’inferiorità numerica e tecnica rispetto ai centrali della Juve, Falcinelli mette in mostra scelte conservative e sceglie di allinearsi al compagno di reparto, spalmandosi su Marchisio. Gli esterni, nelle sortite alte, attaccano il possesso dei terzini bianconeri costringendoli a giocare all’indietro o a cercare un rischioso take-on. Quando questo accade l’interno di centrocampo è pronto al raddoppio sull’out di competenza.
In questo modo il Crotone indirizza i flussi di gioco sull’esterno e costringe a giocare sulle fasce. Tuttavia il piano gara è compromesso da diversi errori di posizionamento da parte dell’interno opposto al lato palla, che lascia spesso spazio di ricezione a uno dei due mediani bianconeri, quello teoricamente opposto alla zona del pallone. Marchisio o Pjanić possono così ricevere nel cuore del campo con la fronte alla porta.
La Juve sembra stare al gioco, consapevole della propria superiorità tecnica. Fraseggia bene, trova costantemente un uomo tra le linee in grado di disordinare la struttura avversaria e non esita a cambiare gioco per dare respiro alla manovra e costringere il Crotone ad allargare le maglie scalando lateralmente.
Le catene laterali della Juventus funzionano, soprattutto in ragione di un notevole tasso tecnico. Come sempre, si collassa mole di gioco a destra, dove tra Dani Alves Cuadrado e Dybala escono sempre delle pièces teatrali notevoli: Martella in particolare è sempre preso in mezzo. Anche dall’altro lato Rosi soffre parecchio lo strapotere fisico di Mandžukić, ma è soprattutto sulle seconde palle che il Crotone soffre da quel lato.
Nicola non esita allora a fornire un aiuto extra all’ampiezza della sua linea difensiva. Nelle – tutto fuorché sporadiche – fasi prolungate di possesso Juve, il Crotone prova a disporsi a 5 dietro, abbassando accanto al terzino l’esterno di centrocampo sul lato palla. Questo permette indubbiamente una difesa migliore dell’intera larghezza del campo, ma costringe all’inferiorità numerica al centro con conseguente abbassamento della squadra per difendere meglio le zone calde del campo.
Il merito della Juve nel primo tempo è stato aver saputo giocare ad allargare lo spazio tra difesa e centrocampo nonostante le linee strette del Crotone. Il gioco sull’esterno liberava come detto un interno al centro del campo che poi mutuava i concetti dal calcio a cinque “palla fuori – palla dentro” per allungare gli avversari. Funziona così: il giocatore (Marchisio o Pjanić) riceve, si orienta all’indietro e appoggia ad un difensore (Bonucci) togliendo la palla dalla zona avanzata; il difensore di prima trova il taglio interno di un avanti (Dybala nei suoi movimenti fuori-dentro), riconsegnando la sfera alle zone più calde del terreno di gioco. Risultato: percussione centrale e due linee avversarie tagliate fuori. Queste situazioni hanno messo molto in difficoltà gli interni di centrocampo, costretti a vedere lo spazio alle proprie spalle dilatarsi e uno o più avversari infilarcisi con apparente nonchalance.
A questo punto la Juventus mette il pilota automatico e sceglie la linea della prudenza, gestendo i ritmi della partita a piacimento. Il Crotone dal canto suo non riesce a contendere la palla alla formazione di casa, e le uniche apprensioni – peraltro leggere e poche – che riesce a porta a Buffon sono tali per leggerezze difensive della Juve e non per la compiutezza della manovra.
Il gioco della Juventus continua con il fraseggio stretto, ma i ragazzi prendono meno rischi e la percentuale di passaggi orizzontali aumenta. Il possesso palla viene visto anche – Cruijff ce lo perdonerà – come un fine e non solamente come un mezzo.
La partita alla fine è soprattutto una risposta a se stessi, alla pancia di quei tifosi che temevano più il match di ieri che non le partite con il Barcellona o col Monaco. Serve a concedersi finalmente un momento di festa, molto più preannunciata di quanto la classifica corta e l’umoralità del tifo non lasciassero intendere. Il vero capolavoro non è – ovviamente – aver battuto il Crotone, ma averlo fatto pur gestendo con centellinata parsimonia le energie in vista del finale di stagione. Perché la Juve era in corsa su tre fronti, ne ha chiusi con successo due, e adesso guarda con 1) ottimismo, 2) infermeria praticamente vuota, 3) energie abbondanti e 4) grandi motivazioni alla partita più importante della stagione. E perché la Juve ha dimostrato che, quando conta, vince.