di Andrea Lapegna
La Juventus si prende i tre punti a Pescara con il minimo sforzo e, complice la battuta d’arresto della Roma, chiude virtualmente i giochi. Nota negativa l’infortunio a Dybala.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]A[/mks_dropcap]l contrario dei nostri diretti avversari nei quarti di Champions, il nostro calendario prima, nel mezzo e dopo il doppio incontro europeo è più che abbordabile. Chievo, Pescara e infine Genoa sono avversarie di contorno che permettono alla squadra di concentrare le energie fisiche e mentali su partite più importanti. Tanto più che nessuna di loro ha più nulla da chiedere al campionato.
Per la sfida dell’Adriatico, Allegri stravolge la formazione e preserva saggiamente la difesa, reparto che sarà senza dubbio sollecitato nella sfida del Camp Nou. In campo vanno Lichtsteiner, Barzagli, Rugani e Asamoah. Marchisio fa rifiatare Khedira, mentre i fab four davanti sono confermati, un po’ per mancanza di alternative, un po’ per affiatare le intese. A testimonianza di quanto sia fondamentale risparmiare là dove si può, Buffon rimane addirittura a Torino: in porta c’è Neto. Zeman propone il 4-3-3 d’ordinanza, scegliendo però un centrocampo più muscolare: dentro il giovane Coulibaly e Bruno, con Muntari in cabina di regia.
In realtà il senso delle mosse di Zeman è chiaro sin dall’inizio. Il Pescara inizia con un’aggressività nella pressione inusuale, che porta gli abruzzesi a commettere 6 falli nei primi 7 minuti di gioco (di cui uno sanzionato con il cartellino giallo). Più che alla riconquista del pallone, l’aggressività è tesa alla distruzione del gioco avversario, dal momento che tutti gli interventi hanno in comune la pressione su un avversario che gioca di sponda.
Anche in costruzione bassa della Juventus, il Pescara alza le mezz’ali sui mediani bianconeri. Nell’immagine Marchisio era sceso a pulire la circolazione bassa, ed è stato preso in consegna da Brugman, ma Coulibaly non ha esitato a rimanere alto, pronto ad uscire sul centrale con il pallone (a cui normalmente viene concessa conduzione).
Il problema dell’inizio partita è che la Juventus si è fatta trascinare nel gioco del Pescara, ed ha lasciato che fossero gli avversari a determinare il contesto di gioco a loro più congeniale. La squadra di Zeman ha giocato stretta e verticale, come suo solito, allungando le maglie di entrambe le formazioni. Il ritmo nei primi minuti è stato relativamente alto, ma artificialmente costruito dal Pescara, che ha beneficiato di una Juventus troppo passiva nella conduzione del momento. Il centrocampo in particolare è stato facilmente scavalcato, o con lanci lunghi o con i troppi passaggi diagonali concessi da spaziature errate a causa dell’allungamento della squadra. Il Pescara tirerà verso la porta di Neto due volte nei primi 10 minuti.
Verticalità del Pescara vs orizzontalità della manovra della Juve nelle heat map complessive dell’incontro. Notare come la spinta del Pescara si sia esaurita nella ripresa.
Dopo le prime folate avversarie, la Juventus riesce a prendere in mano il controllo del ritmo partita. La squadra consolida il possesso, e testa la tenuta della linea difensiva pescarese: tenta escursioni in solitaria in fascia (Cuadrado), prova a imbeccare le punte (Dybala per Higuaín) e cerca di sorprenderla in ampiezza cambiando gioco (Pjanić per Mandžukić). Zeman però si difende con un 4-4-2 asimmetrico ma molto compatto, in cui l’esterno alto scende sempre ad offrire raddoppio sul lato di competenza. Muntari segue a uomo Dybala.
4-4-2 dalle linee strette e prudenti. Le sole marcature a uomo sono Muntari su Dybala e Campagnaro su Higuaín.
La Juventus è riuscita a sbloccare la partita nel momento in cui ha capito che per vincerla sarebbe servito uno sforzo di volontà da parte degli avanti.
Cuadrado è bravo e caparbio nel credere alla seconda palla. Fiorillo è tutt’altro che impeccabile nel primo intervento. Biraghi è vittima del complesso del difensore che, a differenza dell’attaccante, non segue mai lo sviluppo dell’azione per la respinta corta.
Il Pescara a questo punto vede mancare il ragione del suo piano gara, e il suo gioco ne risente. Arretra il baricentro (finale a 49 metri, pochino per Zeman) e concede campo alla manovra fraseggiata della Juventus. Che, dopo poco, trova il doppio vantaggio.
Tanto per variare un po’ il canovaccio, anche stavolta l’azione si sviluppa da destra, ma è bravo e preciso Mandžukić a servire il compagno.
A questo punto la Juventus mette in folle e cerca ancor di più di conseguire il proprio obiettivo principale: preservare i titolari in vista del Barcellona. Nella testa di Allegri dovevano uscire, nell’ordine: Pjanić, Dybala e Cuadrado. La nota stonata è che l’argentino è dovuto uscire per l’ennesimo intervento sconsiderato di Muntari. Il numero 21 si è dapprima sottoposto alle cura a bordocampo, ed è poi rientrato per testare la caviglia destra. In seguito ad un appoggio fallace ha però dovuto abbandonare il campo. In panchina gli è stata applicata una fasciatura rigida precauzionale, ed è stato visto zoppicare leggermente quando a fine partita ha regalato selfie ai giovani tifosi. Già all’uscita dello stadio si è mostrato sorridente e in grado di camminare normalmente.
Non è stata una partita dagli spunti tattici entusiasmanti. Entrambe le squadre giocano con moduli consolidati, e ce n’era una che voleva la partita finisse il prima possibile (la Juventus) e un’altra (il Pescara) che attende con ansia la fine dell’intero campionato. Nessuna ha però ottenuto il proprio obiettivo principale, peraltro confidato curiosamente nelle mani dell’avversario: la Juventus voleva preservare i titolari in vista del Barcellona, il Pescara voleva fare almeno una bella figura davanti al proprio pubblico prima della fine della stagione. Con la speranza che la botta subìta da Dybala non sia nulla, la notizia migliore del pomeriggio è lo stop della Roma, che chiude virtualmente il campionato di Serie A 2016/2017.