Con entrambe le squadre reduci da una vittoria, il big match della seconda giornata si prospettava un test interessante per verificare a che punto fosse la costruzione della Juventus di Maurizio Sarri contro una squadra ormai collaudata come il Napoli di Ancelotti.
La gara di Parma aveva rivelato una Juventus dalle azioni offensive molto concentrate, che si sposavano bene con le difficoltà del Napoli nel difendere lo spazio alle spalle dei centrocampisti. C’era quindi curiosità sul come entrambe le squadre avrebbero affrontato la gara e, semmai, quali aggiustamenti avrebbero apportato i due allenatori.
Sarri ha schierato lo stesso undici di Parma, regalando il debutto a De Ligt dopo l’infortunio di Chiellini.
Sorprendentemente, Ancelotti ha invece confermato l’undici di Firenze, eccezion fatta per Mario Rui, rimpiazzato da Ghoulam. In particolar modo, ha sorpreso la scelta di Zieliński nuovamente in coppia con Allan nel 4-4-2.
Idee chiare e controllo
L’inizio gara ha da subito visto una Juventus aggressiva senza palla ed intenzionata a sfruttare con il pallone quei limiti che il Napoli aveva palesato contro la Fiorentina. Sin dalle prime battute è stato infatti evidente come molte delle iniziative fossero costruite intorno all’abitudine di Zieliński di precipitarsi sul mediano avversario.
Consapevole di questo limite strutturale della pressione partenopea, la Juventus ha impostato una costruzione paziente e prolungata per disordinare la struttura avversaria. In questa maniera ha potuto invitare un mediano alla volta ad uscire sul suo rispettivo uomo al fine di liberare Pjanić, servire la mezzala del lato forte (o Higuaín tra le linee), e approfittare delle distanze createsi tra il doble pivot e lo spazio di ricezione negli half-space. Proprio i mezzi spazi si stanno rivelando luoghi fisici fondamentali negli sviluppi del gioco e in preparazione alla transizione. Nella gara di Parma i terzini non avevano avuto una forte influenza nella manovra offensiva, principalmente perché la Juve ha preferito sviluppare il gioco su un lato nel quale Khedira e Douglas Costa si spartivano i settori di campo. Di conseguenza, De Sciglio ha avuto rare occasioni in cui sovrapporsi, eccetto quando l’ala brasiliana entrava in possesso sull’esterno, e Alex Sandro ha subìto il raro coinvolgimento della catena sinistra nelle fasi di possesso. Tuttavia, già allora si poteva notare dalle sovrapposizioni dei terzini quando la palla raggiungeva la fascia che le posizioni quasi bloccate fossero l’effetto di un piano gara specifico, pur se strategicamente i terzini godevano di maggiore libertà. Ne abbiamo avuto la dimostrazione con il Napoli, contro cui le posizioni strette sui rapidi cambi di gioco orizzontali sono servite a manipolare gli angoli di pressione (aumentando la distanza da percorrere dell’ala partenopea in caso di un’apertura per il terzino sull’esterno) e quindi aprire linee di passaggio diagonali.
Contrariamente agli ospiti, la pressione juventina ha mostrato un livello di compattezza e precisione nel tempismo e nelle scalate sorprendente se paragonato al frequente perforato pressing in quel di Parma. Se la dinamicità di Matuidi rappresenta una sicurezza in tal senso, grazie alla sua capacità di scivolare rapidamente sul portatore, la catena di destra aveva lasciato intravedere dei difetti nelle scalate, in particolare nello spazio tra Khedira e Douglas Costa.
Soprattutto nelle ripartenze, durante le quali il Napoli tentava di invitare i centrocampisti del lato forte ad uscire sugli uomini spalle alla porta per liberare spazio tra le linee, Matuidi ha confermato la sua importanza nelle scalate (sia interne che esterne) del sistema difensivo. Una considerazione che Sarri e il suo staff dovranno affrontare è però legato all’altra faccia della medaglia per quanto riguarda il giocatore francese. Ossia, le sue imprecisioni tecniche che hanno portato ad un contropiede avversario in un paio di situazioni.
Scompenso che non può essere ignorato, ed al quale la Juve aveva trovato una soluzione isolando il centrocampista dalle trame di gioco contro il Parma. Una strategia difficilmente riproponibile in partite in cui l’apporto del centrocampo è indispensabile per un’occupazione del campo funzionale alle azioni d’attacco, il che lascia sorgere dubbi sull’impiego di Matuidi nel lungo termine.
Eppure contro il Napoli, i ripiegamenti profondi su Ghoulam, i movimenti a stringere di Costa e la precisione con cui Pjanić ha presidiato lo spazio tra le linee, ha fatto sì che il Napoli non potesse allungare la Juventus orizzontalmente sul lato destro; nonostante diverse uscite sbagliate di Khedira sul portatore, per scelta e angolo.
Come accade spesso nel calcio però, i segnali positivi in possesso non hanno immediatamente portato ad azioni pericolose, ed è indicativo della varietà di soluzioni a disposizione della squadra di Sarri che la prima occasione vera e propria, il goal del vantaggio, sia arrivata su una ripartenza guidata da Douglas Costa, il giocatore che più di tutti può aggiungere una pennellata di strappi e dinamismo all’attacco della Juventus.
Il raddoppio nasce invece dal principio delle soluzioni ricercate lungo l’inizio del match, ovvero la rapida circolazione orizzontale per accedere alla diagonalità e verticalità, e termina con il metodo di rifinitura più ricercato: il cross a rimorchio. Da sottolineare anche i movimenti da terzo uomo di Khedira, sempre disponibile ad offrire soluzioni in situazione dinamica tra le linee.
Tentativi di reazione
Il Napoli ha cercato di reagire al doppio svantaggio proseguendo per il suo piano iniziale, cercando di invitare fuori posizioni i centrocampisti bianconeri per servire i trequartisti tra le linee, mentre senza palla ha alzato l’intensità.
A destra si trovava Fabián Ruiz, mentre Insigne occupava l’half-space sinistro. In tal modo il Napoli riusciva a stringere la seconda linea della Juve con il posizionamento dei trequartisti Fabián e Insigne per liberare alle loro spalle i giocatori deputati a fornire ampiezza, Callejón e Ghoulam. Questo approccio non ha però portato frutti sperati, perlomeno negli sviluppi offensivi successivi alla superiorità posizionale guadagnata, a causa di ripiegamenti efficaci del centrocampo e scalate con tempismo dei terzini. Proprio la fase di non possesso bianconera ha indirizzato la gara nella direzione desiderata dallla squadra di Maurizio Sarri.
Nonostante lo spazio tra le linee, in particolare l’half-space del lato opposto alla palla, venisse occupato dai trequartisti partenopei, lo scaglionamento collettivo complessivo impediva che lo spazio tra le linee fosse immediatamente accessibile. A causa di una circolazione palla lenta ed un’eccessiva staticità degli uomini tra le linee con la quale il Napoli ha affrontato il compatto blocco medio-basso della Juventus, con il passare dei minuti Insigne e Fabián sono stati costretti ad abbassarsi per ricevere il pallone. Quindi, con il solo Mertens ad occupare la linea difensiva bianconera e nessun giocatore tra difesa e centrocampo avversario, il Napoli ha dovuto percorrere tracce orizzontali, che finivano immancabilmente per isolare il gioco sull’esterno. Non avendo né un giocatore dalla presenza aerea in area di rigore, né alcun uomo a creare scompensi decisionali tra le linee ai centrocampisti della Juventus, al Napoli veniva facilmente respinto l’accesso al blocco difensivo.
L’unica situazione in cui gli uomini di Ancelotti sono riusciti a creare delle indecisioni sorgeva quando la palla era in possesso del terzino ed il centrocampista si sovrapponeva internamente, attirando un uomo con sé e liberando un’opzione lungo-linea o una linea di passaggio verso la cosiddetta Zona 14. In entrambe le situazioni, tuttavia, la Juve è riuscita a mantenere un buon controllo sia con Pjanić e Matuidi, a presidio dello spazio tra le linee, che con le aggressive uscite laterali o al centro dei centrali difensivi; oltre ai suddetti ripiegamenti di Douglas Costa.
Allo stesso tempo, se durante la fasi di difesa nella propria metà campo la Juventus poteva contare sulla propria compattezza in zona palla, nella costruzione dal basso ha sofferto la riscoperta intensità del pressing azzurro.
In questi aspetti si può notare come vada ancora oliato il possesso basso, specialmente nella pazienza e calma, indipendentemente dall’intensità del pressing avversario. Da questo punto di vista, anche Szczęsny ha la responsabilità di dettare il ritmo e trasmettere sicurezza alla squadra, cosa non avvenuta perché spesso troppo frettoloso nel lanciare lungo.
Nonostante alcune difficoltà iniziali la Juventus è riuscita in ogni modo a superare più volte la pressione, sfruttando nuovamente lo spazio alle spalle del centrocampo. Questa volta utilizzando Higuaín come sponda.
Primi cenni di Ancelotti
La ripresa ha visto il Napoli sostituire Ghoulam e Insigne rispettivamente con Mario Rui e Lozano. Il primo ha occupato la posizione del compagno, mentre il neo acquisto ha ricoperto il ruolo di trequartista destro. Di conseguenza Zieliński è stato spostato sulla trequarti opposta, e Fabián e Allan hanno formato la coppia di centrocampisti. Il sistema di pressione non ha però subìto cambiamenti.
In particolare, Ancelotti non ha sopperito ai problemi strutturali dei meccanismi di pressing. Zieliński ha iniziato ad uscire sul terzino, consegnando i compiti di pressione sul mediano avversario ad Allan. Le posizioni di partenza strette degli esterni azzurri (Zieliński e Callejon nel 4-4-2 in fase di non possesso) liberavano i terzini larghi, che potevano ricevere e dribblare dentro il campo, esponendo la precaria copertura del centro a sovraccarichi. Oppure, per il medesimo problema strutturale, la Juve era in grado di servire un giocatore alle spalle del mediano, generalmente la mezzala del lato debole.
Nonostante ciò, la Juve ha nel complesso patito l’intensità della pressione degli avversari, costretta a dover rinviare senza essere in grado di controllare la palla. Per la prima volta il Napoli ha potuto “recitare” il proprio spartito.
Nel comfort del proprio doppio vantaggio i padroni di casa non avevano la necessità di imporre il controllo con la palla e potevano invece lasciare le redini del gioco agli ospiti, forti della propria compattezza difensiva. Incapace di cambiare l’inerzia della partita ed entrare in pieno controllo della partita, il Napoli ha dato l’opportunità alla Juventus di continuare ad esporre le sue fragilità difensive e repellere i partenopei nella propria metà campo.
Così, i bianconeri hanno potuto applicare la propria pressione alta e sfruttare le difficoltà avversarie nel superarla, recuperando palla in zone alte dalle quali avviare ripartenze corte. Il goal di Ronaldo è infatti originato da un recupero alto ed un’azione successiva figlia dello scaglionamento ravvicinato in zona palla.
Il goal di Manolas ha però ben presto ristabilito fiducia negli ospiti, i quali hanno trovato il gol per accorciare le distanze di un’ulteriore lunghezza su una delle prime incertezze della linea difensiva e del mediano.
Dopo l’uscita di Danilo su Mario Rui, il terzino brasiliano è stato lento nel recuperare la posizione, lasciando lo spazio alle proprie spalle scoperto e, scaricata la palla su Allan, Pjanić è rimasto passivo, non effettuando né una pressione adeguata sul portatore di palla, nè una copertura andando a ricomporre la linea a 4. Quest’indecisione ha regalato ad Allan il tempo di trovare Zieliński, smarcatosi alle spalle di Danilo, e creare una situazione di 2v1 tra Mertens ed il polacco contro Bonucci. Successivamente una possibile incomprensione di De Ligt in assenza di Pjanić alle sue spalle (normalmente incaricato di coprire il cross a rimorchio) ha portato il centrale olandese ad optare per la sostituzione della funzione del mediano.
Nella difesa delle palle laterali, tuttavia, la linea difensiva ha il compito di disporsi in diagonale rispetto al pallone per coprire la porta e dunque una decisione differente sarebbe stata quella adatta ai princìpi di gioco della zona. Rallentando, De Ligt ha invece liberato una linea di passaggio verso Lozano a centro area, sul quale Alex Sandro era in ritardo per la diagonale difensiva e quindi non in grado di intervenire.
L’incomprensione è racchiusa qui, poiché una corretta comprensione dei princìpi base fa sì che a seconda delle varie situazioni si possa scegliere la decisione più corretta in base alle esigenze (pur sempre rispettando le proprie idee). Forse De Ligt si aspettava che Sandro potesse disturbare Lozano, ma viste le richieste della zona, una copertura della porta probabilmente sarebbe stata più adeguata, come nell’immagine sottostante.
Inoltre, qualora avesse prediletto la copertura del cross, anche in caso di retropassaggio di Zieliński, De Ligt avrebbe probabilmente potuto applicare una pressione sufficiente a disturbare il tiro di Mertens.
I goal di Manolas e di Di Lorenzo su situazioni di calcio piazzato – sebbene estemporanei – sono lo specchio di un cantiere ancora aperto in casa Juventus, di una squadra che deve ancora padroneggiare i tecnicismi di un nuovo metodo difensivo. Nello sviluppo di azione che ha portato alla punizione del goal di Manolas può essere immediatamente notata la mancanza di pressione sul portatore, che consente a questo di servire un giocatore tra le linee.
Nella difesa a zona il compito di seguire l’uomo sta a chi ha la visuale sia dell’avversario che del pallone, ed in entrambi i goal il marcatore trova il colpo di testa tra De Ligt e Alex Sandro (con quest’ultimo dietro l’avversario). Nonostante la posizione del brasiliano lasci presupporre la sua responsabilità, un intervento sulla palla sarebbe stato fisicamente complesso. Forse con maggiore reattività avrebbe potuto disturbare il colpo di testa di Manolas, ma ciò implicherebbe una dipendenza da azioni di tattica individuale che stona con l’idea di una difesa collettiva.
In situazioni future un attacco della palla più convincente da parte del giocatore vicino all’ultimo punto della traiettoria del pallone (nella situazione reale De Ligt) potrebbe contribuire a sporcare l’assist e la corsa dell’avversario, supportato dal giocatore in possesso di una visuale completa, il quale ha l’obbligo minimo di ostacolare l’impatto con il pallone dell’avversario.
Anche se motivato dalla rimonta, nelle varie fasi precedenti ai goal, e ormai in controllo della palla, il Napoli ha creato pochi pericoli alla difesa bianconera, precisa nella copertura del centro del campo. Gli unici sbocchi trovati sono derivati da una pressione collettiva ormai sfilacciata della Juventus, che ha progressivamente aumentato lo spazio tra difesa ed attacco. Inoltre il calo fisico non ha permesso ai giocatori di seguire con la stessa convinzione le rotazioni in ampiezza degli avversari. Tuttavia lo stesso Napoli non ha coniugato il proprio controllo con la palla ad un controllo difensivo; come dimostrano le occasioni della Juventus immediatamente successive ai goal, nelle poche situazioni in cui la Juventus è riuscita a consolidare il possesso nell’ultimo quarto del secondo tempo.
Cantiere aperto
Dopo il goal del pareggio, il Napoli ha scelto di abbassarsi, probabilmente soddisfatto del pareggio e non volendo rischiare una beffa finale. Il conservatismo è andato però in contro tendenza con l’atteggiamento che aveva consentito (seppur con una dose di casualità) al Napoli di completare la rimonta. La Juventus è stata però troppo precipitosa nella conclusione della manovra, dopo una costruzione efficace in cui riusciva a servire i centrocampisti tra le linee. L’autogoal di Koulibaly è il ritratto di un Napoli mai realmente in controllo, che ha avuto la personalità ed il merito di insistere sulle proprie idee, andando incontro però ai limiti di tali indicazioni. Dopo la prestazione a due facce di Firenze, il Napoli si è riconfermato come una squadra difficile da abbattere emotivamente, ma ancora intrappolata in un limbo tra quello che vuole essere e quello che può essere.
La Juventus, invece, è ancora un cantiere aperto. I segnali positivi rispetto alle precedenti uscite sono molti, le prestazioni inaspettate di giocatori come Khedira e Matuidi rappresentano il precoce successo di un’organizzazione collettiva funzionale e sottolineano l’importanza del contesto tattico nel rendimento individuale. Il lavoro di Sarri resta impegnativo, e starà al campo di allenamento perfezionare gli aspetti che in queste prime due partite di campionato sono stati esposti come punti deboli, al di là della condizione fisica.