di Andrea Lapegna
La Juventus sbatte contro l’Udinese. I friulani mettono in campo grinta e fisicità, i bianconeri non riescono ad opporre le necessarie contromisure e pareggiano la prima partita in campionato della stagione.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]o ha detto Allegri in conferenza stampa: “L’anno scorso la vittoria con l’Udinese nella partita di ritorno ci ha permesso di rientrare in zona Champions”. Erano tempi diversi, ed oggi la Juventus è arrivata a marzo nella situazione prefissata come obiettivo a inizio anno. Prima in campionato, con un piede in finale di Coppa Italia, e un piede e mezzo ai quarti di Champions League. Soprattutto, la condizione fisica generale della squadra è ottima, e l’infermeria è praticamente deserta. Le condizioni ideali per presentarsi all’appuntamento con l’Udinese, un’altra di quelle squadre il cui campionato è finito a dicembre, in virtù della bandiera bianca alzata dalle ultime tre in classifica.
Poiché il tecnico livornese ha potuto recuperare molti giocatori, il turnover è pressoché nullo. La Juventus scende in campo all’ex-Friuli col modulo d’ordinanza: in difesa si rivede giusto Dani Alves, e a centrocampo Marchisio rimane in panchina a favore di Pjanić e Khedira. L’attacco è quello canonico. Gigi Del Neri invece, consapevole di dover comunque far bella figura dinanzi al proprio pubblico, continua quel 4-3-3 asimmetrico che raccontammo nella partita d’andata. Stavolta però al posto di Theréau (“lo voglio al meglio per il Pescara”) c’è Duvan Zapata: la ratio è la necessità di schierare i migliori nelle partite che più contano, e per una squadra di bassa classifica quella con la Juventus non lo è.
I primi minuti sono di interlocutorio assestamento. Entrambe le squadre cercano il possesso e entrambe vogliono riconquistare la palla nelle zone più alte. L’Udinese dal canto suo ha cercato di spezzare le linee di costruzione della Juventus con un pressing fortemente orientato all’uomo. In particolare, le mezz’ali raddoppiavano sugli esterni bianconeri, Hallfreðsson seguiva Dybala anche in zone profonde, e sia Chiellini che Bonucci venivano lasciati con il cerino in mano. Il 4-3-3 si declina in 4-1-4-1.
Chiellini è libero di condurre palla, ma non sa che fare. Proverà a riciclare il possesso verso Alex Sandro, su cui scatterà il pressing di Perica.
Ogni tanto però questo meccanismo si è inceppato, producendo folate bianconere. La spaziatura tra Jantko e Hallfreðsson ad esempio all’inizio non è stata sempre ottimale: il giovane ceco giocava troppo largo (attratto forse da Cuadrado) e Dybala ha potuto trovare più volte l’half space in mezzo al centrocampo friulano per combinare con Cuadrado e Dani Alves.
Qui Jantko guarda Cuadrado e non scherma la linea di passaggio. Dybala può tagliare alle spalle di Hallfreðsson. Del Neri se n’è accorto prima di tutti, ed ha invertito le posizioni delle sue mezz’ali: è Fofana adesso a prendere la casella di sinistra.
Il pressing bianconero invece non aveva i tempi giusti di uscita: un po’ per indolenza un po’ perché l’Udinese ha beneficiato di un giro palla eccezionalmente pulito, Hallfreðsson è stato spesso libero di ricevere, girarsi, e impostare. Quando invece ricercava la conquista del pallone, l’Udinese non si faceva problemi a rischiare di alzare molti uomini: lo stesso Hallfreðsson, uno dei migliori in campo alla fine, risaliva il campo fino a cercare Pjanić.
La pressione dell’Udinese (certificata da un baricentro finale di addirittura 52 metri) costringeva così i bianconeri a forzare alcune giocate, specialmente in verticale. Il gioco di sponda di Perica, bravissimo nel fondamentale, le incursioni di Jantko, e la doppia regia di De Paul e Hallfreðsson hanno messo in seria difficoltà la retroguardia bianconera. Il “palla avanti – palla indietro – palla avanti” da scuola calcio è stato un elastico irrisolvibile per la Juventus. Il tutto, unito al fatto che Zapata scappava in profondità, allungando ancor di più gli spazi in verticale e rendendo difficoltoso il recupero dei centrocampisti. Bonucci e Chiellini non sono mai stati in grado di mandare in fuorigioco Zapata, che ha potuto contare anche su distanze fallaci tra i reparti per esaltare la sua corsa.
In occasione del gol ad esempio, dove l’errore di Bonucci è grossolano: sceglie di non forzare l’uscita pensando invece di poter tenere Zapata: ma il colombiano è un bisonte in corsa, e nemmeno con le mani lo si ferma.
Che Allegri ammicchi in conferenza stampa alla vox populi e si esponga con uno, due, tre strati di ironia è fuori di dubbio. Però poi alla fine della partita le sue previsioni, ironiche o meno, sono corrette: aveva detto che avremmo sofferto la fisicità dell’Udinese e così è stato. Non solo quella straripante di Zapata, che si è trascinato dietro ogni difensore incontrato sulla propria strada, ma anche Perica, Hallfreðsson e soprattutto Fofana (finché è rimasto in campo) hanno saputo imporre il proprio contesto di gioco agli avversari, pur tecnicamente più dotati.
Anche dopo il gol infatti, l’Udinese ha continuato ad attuare questa strategia. Ha obbligato la Juve a forzare alcune giocate, ma ogni tanto ha anche commesso qualche peccato di gioventù nei tempi d’uscita in pressing. In un paio d’occasioni infatti, alzandosi con uno o due tempi di gioco di ritardo, il centrocampo dell’Udinese ha praticamente invitato la Juve a giocare a due tocchi, liberando l’estro dei giocatori più avanzati ingolositi dai metri di campo, e rischiando di lasciare i propri difendenti spettatori passivi dei triangoli stretti a centrocampo.
Nella ripresa l’Udinese ha certificato un’accresciuta attenzione allo spazio scegliendo di abbassare il proprio baricentro e lasciare una volta per tutte la palla alla Juventus (67% il dato sul possesso palla alla fine). Ora, i match bloccati, angusti, in cui gli avversari chiudono l’area e obbligano ad attaccare in spazi stretti, sono spesso vinti – l’abbiamo detto a più riprese – grazie ad una circolazione palla veloce. Si fa girare il pallone velocemente, disordinando le posizioni altrui e rafforzando le proprie. Si tratta al contempo di uno degli aspetti su cui Allegri ha insistito di più nel suo percorso tattico da allenatore della Juventus, spronando tutti gli effettivi ad palleggio più rapido e al tempo stesso più pulito.
Tutto questo non ha funzionato nel pomeriggio della Dacia Arena. Vuoi per la pressioni iniziale, vuoi perché la Juventus nella ripresa ha mostrato una certa smania di verticalità, i bianconeri hanno perso un’infinità di palloni per passaggi sbagliati, in verticale e addirittura in orizzontale (Chiellini 4, Higuaín e Pjanić addirittura 6 a testa). La soluzione più cercata diventava allora alzar la palla per Mandžukić, opzione che ha comunque pagato buoni dividendi. Non foss’altro che le seconde palle vinte dalla squadra venivano poi riciclate in improbabili e scontati traversoni, piuttosto che per cercare un uomo tra le (strettissime) line friulane.
Il gol del pareggio nasce da un episodio (una punizione laterale), peraltro l’occasione più netta per la Juventus nel corso del match. Bonucci punisce una difesa a zona purissima partendo da dietro.
Il forcing finale dei bianconeri è stato confuso. Pjaca, subentrato per un Cuadrado a rischio rosso, ha occupato tutti i ruoli alle spalle di Higuaín (prima al posto del colombiano, poi invertito con Mandžukić, e infine da trequartista all’uscita di Dybala). Rincón è entrato più per permettere a Pjanić e Khedira di alzarsi in posizioni ibride, più che per effettiva volontà di limitare le ripartenze dell’Udinese. Il pareggio è un risultato che rispecchia la mole di gioco sostanzialmente equivalente creata da entrambe le squadre.
Indubbiamente, Allegri ha voluto schierare l’artiglieria pesante per dare un segnale fortissimo al campionato: la Roma si ferma, io accelero. Tra il dire e il fare, ci si è messa un’ottima Udinese, lungi dall’abdicare a madama Juventus. Quello di ieri è un punto guadagnato, sia sulla Roma che in campo, perché l‘Udinese è stata per larghi tratti della gara migliore. Se da un lato i 10 punti di vantaggio sulla seconda avrebbero visualizzato in maniera più netta il distacco che accompagna il campionato sin dall’inizio, è pur vero che i limiti delle inseguitrici si sono rivelati in tutta la loro mole negli scorsi match. Al netto di un match meno brillante di quanto ci si aspettasse, la Juventus rafforza comunque il primato.