di Davide Terruzzi
Allegri, dopo Firenze, cambia e osa. Il suo coraggio viene premiato con una buona prestazione della Juventus che liquida facilmente la Lazio.
[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]V[/mks_dropcap]La notte di Firenze ha portato consiglio e coraggio. Quando la formazione iniziale della Juventus ha iniziato a circolare, le reazioni della maggior parte dei tifosi sono state del tipo “che è successo ad Allegri?”; una domanda spontanea che nasceva dalla contemporanea presenza dall’inizio di Mandžukić, Pjanić, Dybala, Higuain, Cuadrado e Khedira e dall’assenza del classico cagnaccio in mezzo al campo, quasi come se il tecnico bianconero fosse stato impossessato da Zeman. Già contro la Fiorentina, negli ultimi venti minuti, l’assetto era stato offensivo, ma in quella occasione la squadra bianconera doveva recuperare lo svantaggio; il 4-2-3-1, con la difesa composta da Lichtsteiner-Bonucci-Chiellini-Asamoah, è stato invece scelto come l’abito migliore per gli uomini a disposizione. Il sorprendente Simone Inzaghi, quarto in classifica, schiera la Lazio con il canonico 4-5-1, affidandosi allo sviluppo del gioco sulle catene laterali e agli inserimenti delle mezzali (Parolo e Milinković-Savić) e all’attacco della profondità da parte di Immobile.
I primi minuti di gioco rivelano le intenzioni della Juventus e l’incapacità della Lazio di trovare degli adattamenti alle scelte di Allegri. La coppia Bonucci-Chiellini è lasciata libera di impostare, specialmente il secondo non viene contrastato, permettendo ai padroni di casa un’agevole costruzione della manovra; i due difensori centrali sono stati abili a dilatare le distanze prendendo sempre in mezzo il solitario Immobile. Gli esterni del centrocampo laziale non sono riusciti né a contrastare i due centrali né i terzini bianconeri, facendosi spesso trovare nella terra di mezzo e lasciando spazio alle proprie spalle alla coppia Lichtsteiner-Asamoah. I due interni teoricamente provavano ad alzare la posizione portandosi a uomo su Khedira e Pjanić, ma l’atteggiamento della Lazio è quello di una squadra timida, sorpresa dal posizionamento della Juventus; le difficoltà sono soprattutto di natura tattica dovute all’incapacità di mantenere la squadra compatta in fase di pressione portando pressione ai giocatori più vicini: Inzaghi preferisce controllare lo spazio, ma così permette alla Juventus di prendere il controllo del centrocampo e la sua squadra è destinata a subire il comando bianconero.
Il 4-5-1 della Lazio contrapposto all’attacco in fase posizionale della Juventus. Da notare la posizione dei due centrocampisti più Dybala e il campo coperto per tutta la sua ampiezza.
Il gol del vantaggio di Dybala arriva dopo cinque minuti e testimonia la facilità con la quale la formazione d’Allegri riesce a sviluppare incontrastata la propria manovra. I due davanti la difesa non toccano nell’occasione la palla, il gioco si sviluppa con un palleggio preparatorio in difesa per consentire alla squadra di salire, ma sono i movimenti di Higuain e di Mandzukić a permettere di verticalizzare il gioco e poi cambiare lato; l’attaccante croato, partendo da una teorica posizione di ala, ha stretto la propria posizione dentro il campo per creare una linea di passaggio verticale, così come l’attaccante argentino ha agito da ulteriore regista avanzato, dettando spesso movimenti a venire incontro al possessore, staccandosi dalla linea difensiva; la stessa presenza di Mandzukić consente alla Juventus d’avere un fulcro del gioco, un giocatore dominante fisicamente e con un’ottima capacità di fare da sponda premiando gli inserimenti dei compagni. Ed è proprio quello che succede nell’occasione della rete, impensabile senza il croato.
Dopo la rete, la Juventus abbassa per qualche minuto il proprio baricentro senza però schiacciarsi sulla propria trequarti difensiva, ma soprattutto tenendo compatta la squadra; il 4-4-1-1 con il quale la squadra si difende mantiene la formazione corta sia orizzontalmente che verticalmente, con una buona densità centrale e un’ottima capacità di portare pressione sugli uomini e sulla palla.
Il 4-4-1-1 della Juventus. Una squadra corta e compatta che porta pressione agli avversari.
Le capacità tecniche dei singoli ha permesso ai bianconeri di ribaltare velocemente il fronte d’attacco per poi consolidare il possesso; Cuadrado ha garantito rapidità, Dybala, Pjanić e Higuain classe, Mandžukić forza fisica. La qualità e la fluidità del gioco della Juventus nascono però grazie ai movimenti del triangolo in mezzo al campo; Allegri lo ha invertito, posizionando il vertice più alto, i due davanti la difesa si sono mossi garantendo la progressione della manovra, senza farsi trovare piatti (cioè sulla stessa linea), muovendo velocemente la palla agendo da costruttori ma soprattutto da grandissimi equilibratori; l’argentino si è invece mosso molto cercando di trovare la giusta posizione per garantire lo sviluppo in verticale della manovra, senza schiacciarsi sulla linea della punta. L’ampiezza, invece, non ha rappresentato un problema: se sulla destra Lichtsteiner-Cuadrado sono stati protagonisti dei classici movimenti tra terzino e ala, sulla sinistra Asamoah è stato più prudente, meno coinvolto, quasi sempre largo per permettere a Mandžukić di stringere la posizione occupando lo spazio di mezzo (il cosiddetto half-spaces).
Ancora una volta. Il triangolo di centrocampo. L’ampiezza garantita dai terzini; gli esterni che stringono dentro il campo, Higuain pronto a dettare il passaggio sul corto.
E proprio con un’azione che nasce nuovamente da un cambio di campo dalla sinistra nasce il secondo gol, quello del definitivo 2-0; la difesa della Lazio si fa sorprendere dal movimento dentro l’area di Higuain, bravissimo poi a colpire la palla con la suola per superare Marchetti.
Sono passati nemmeno quindici minuti e la Juventus è avanti di due reti. La formazione di Allegri non ripete gli errori del passato; non specula sul risultato, evita d’abbassarsi eccessivamente, ma soprattutto palleggia tanto e bene, continuando a comandare in mezzo al campo. La Lazio è sempre in ritardo, occupa male il campo senza riuscire a contrastare efficacemente il gioco bianconero. Come succede sempre nel calcio, un’efficace e migliore spaziatura con posizionamenti corretti, garantiti da un buon palleggio, determina una fase di transizione negativa efficace; i bianconeri sono aggressivi e riescono spesso a recuperare il pallone.
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Le qualità bianconera e le difficoltà laziali si manifestano in questa azione nella quale i giocatori di Allegri danno l’impressione di divertirsi e di essere completamente in controllo.
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A inizio secondo tempo, Simone Inzaghi prova ad alzare il pressing della squadra. L’obiettivo è quello di non lasciare più indisturbati Chiellini e Bonucci per questo chiede a Milinković-Savić di agire alle spalle di Immobile, ma le qualità tecniche dei bianconeri permettono di subire poco tale pressione, superandola per poi sviluppare il gioco in campo aperto.
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Il passaggio al 4-4-2 viene sancito con le sostituzioni; la Lazio prova a rovesciare il quadro tattico effettuando tutti i cambi già dopo venti minuti, inserendo anche Đorđević al posto di uno spento Biglia. Così però la Juventus si ritrova con un uomo in più in mezzo al campo e può davvero dettare legge, dominando sempre più a centrocampo con un efficace palleggio che ha consentito alla squadra d’Allegri di mantenere il comando della partita.
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Allegri sarà stato contento.
Ed è proprio il tecnico della Juventus a essere il vincitore di questa partita. Non gli sono state risparmiate critiche nel recente passato, né si può considerare la prestazione figlia di un avversario modesto (la Lazio è quarta in classifica). Allegri ha avuto il merito di mandare un segnale psicologico e tattico alla propria squadra, sconfessando anche alcune dichiarazioni di qualche senatore del gruppo. Ha abbandonato il dogma del classico triangolo di centrocampo, lo ha invertito, schierando una formazione offensiva che è stata in grado di garantire equilibro e solidità grazie al sacrificio e alla disponibilità di tutti i giocatori (l’uomo simbolo è chiaramente Mandžukić), ma soprattutto è stata una squadra che si è difesa palleggiando e non abbassando il proprio baricentro. Non è possibile sapere se col ritorno di Marchisio e Sturaro, Allegri ritornerà al 4-3-2-1, ma l’impressione è che l’allenatore non sia del tutto soddisfatto da quel sistema di gioco in cui l’ampiezza dipende spesso e quasi esclusivamente dai terzini e dai movimenti ad aprirsi degli interni di centrocampo. La presenza di due uomini davanti la difesa permette la creazione di ulteriori linee di passaggio e una efficace rete di protezione in caso di perdita del pallone; Khedira è un giocatore intelligente, che ha ricoperto questa posizione nel Real Madrid, ma è stato Pjanić l’autentico mattatore della partita. Diversi s’aspettano da lui giocate alla Zidane ogni partita, ma il centrocampista bosniaco è un giocatore in grado di dominare tecnicamente le partite e con una buona capacità difensiva grazie a un corretto posizionamento e a una buona lettura del gioco. Non brillantissime invece le prestazioni di Lichtsteiner, non preciso in fase d’impostazione, e di Cuadrado, autore spesso di giocate in solitaria che hanno rallentato e impedito lo sviluppo più rapido della manovra.
Forse la Juventus si schiererà nelle prossime partite con altri moduli, ma partite come quelle con la Lazio dimostrano la diversità di questa squadra rispetto a quelle del passato: più tecnica, maggiormente qualitativa, meno prestante fisicamente, con un centravanti come Higuain che ha bisogno di essere servito e coinvolto nello sviluppo del gioco. Una Juventus che deve difendersi prendendosi qualche rischio in più in campo aperto (ma i difensori bravi ci sono per questo), ma che è in grado di sviluppare un gioco efficace comandando col palleggio le partite. Allegri pare aver svoltato e sembra quasi aver utilizzato Firenze come l’occasione per dimostrare che un sistema non è più adatto. Ed è la dimostrazione che gli equilibri cambiano in base ai giocatori a disposizione. Vedremo se tutta la squadra si convincerà di questo.