19a Serie A: Juventus-Bologna 3-0

di Andrea Lapegna


Nel freddo di Torino, la Juventus riscalda i cuori dei tifosi con una prestazione solida, sicura e in cui il risultato non è mai stato in dubbio. Ottima prestazione complessiva, e note più che positive dai violini di Khedira e Pjanić.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]I[/mks_dropcap]l modo migliore per riprendersi da una sconfitta cocente è raccogliere i cocci e tornare subito in campo. Purtroppo per la Juventus, 16 giorni sono dovuti passare dalla brutta prestazione di Doha, ma la voglia di rivalsa della formazione bianconera è, nei proclami iniziali, ben presente.

Al netto dell’inquietante caso Evra (ne parliamo stasera nel podcast), le scelte di Allegri rispecchiano l’intento di schierare una formazione votata alla qualità del palleggio. Con Buffon influenzato e nemmeno convocato, c’è Neto a difendere i pali bianconeri, e un Dybala desideroso di riscatto al posto di Mandžukić. Per il resto, la formazione è la stessa della finale di Supercoppa. Nel Bologna, Donadoni conferma il canonico 4-3-3, ma sceglie Donsah al posto di Nagy e soprattutto lancia Federico Di Francesco al posto di Mounier.

Jingle bells

Il modulo della Juve è il 4-3-1-2 adottato nelle ultime uscite, ma c’è una sfumatura che Allegri aveva velatamente descritto e che è invece passata inosservata (benché naturalmente intuibile). Il 4-3-1-2 è tale e funziona se c’è la corsa di Mandžukić ad aprire il campo in ampiezza e a chiuderlo in fase negativa. Con l’effetto Dybala, le posizioni in campo sono giocoforza più fluide. Il caratteristico movimento a scendere dell’argentino disegna sul campo una forma che in molti abbiamo avuto in casa nell’ultimo mese: l’albero di Natale.

Higuaín è fuori dal campo per una pallonata al volto, ma sta per rientrare: le posizioni di Dybala e Pjanić sono troppo precise per non essere volute

La cosa più interessante delle posizioni dei due trequarti è che viaggiano comunque su tracce diverse, sia in ampiezza che soprattutto in profondità. Dybala si muove al suo solito su una direttrice diagonale che va dal limite dell’area all’out didestra. Pjanić invece prediligeva una corsa più verticale, aiutando spesso Marchisio nella costruzione del gioco e spostando la sua azione su un asse più arretrato; il suo elastico lo portava dal cerchio di centrocampo sino in zona 14 a ridosso dell’area avversaria.

La zone di movimento dei due ci aiutano a visualizzare i loro diversi compiti

Nei primi minuti di gioco la Juventus si è avvicinata molto alla creatura pensata ad inizio anno da Massimiliano Allegri. Pjanić veniva giù sino all’altezza di Marchisio a prendere la sfera e portare fuori un avversario (generalmente Donsah); Dybala si abbassava tra le linee a raccoglierne i suggerimenti, facendo esitare a sua volta un centrale di difesa. L’ordine in campo, garantito anche dai puntuali avanzamenti di Sturaro e Khedira – bravissimi a tenere bassa la difesa avversaria con Higuaín – ha schiacciato il Bologna a ridosso della propria area.

Donadoni ha scelto di non aggredire la circolazione bassa della Juventus, preoccupandosi piuttosto di difendere lo spazio a disposizione dei trequartisti bianconeri. Il primo gol però è una conseguenza diretta della qualità della Juventus negli ultimi 25 metri, e senza la giusta dose di dinamismo consentita da modulo e interpreti non si sarebbero creati i necessari spazi per permettere a Pjanić una conduzione pressoché verticale del pallone. Il genio del bosniaco e il “sentire” di Higuaín hanno fatto il resto.

Maietta è preoccupato dalla ricezione di Dybala, esce, e crea quel minimo spazio che serve a Higuaín per andare in 1 vs 1 contro Oikonomou

La catena di destra ha funzionato meglio di quella di sinistra, anche per una precisa volontà tattica. Lichtsteiner rimaneva molto più alto di quanto non facesse un più bloccato Asamoah (da migliorare la sua posizione per sfruttare maggiormente i cambi di campo). Khedira offriva appoggio laterale, senza l’obbligo di dover coprire la profondità della fascia in corsa, incastrando Masina tra sé e il terzino svizzero, e schiacciando Dzemaili in perenne ritardo. Quando invece Dybala lasciava la traccia centrale per spostarsi sulla destra, Khedira attaccava verticalmente l’area di rigore, ogni tanto giocando addirittura da muro per i due trequartisti.

Mezz’ali e mezzi spazi

Esaurita la consueta spinta iniziale della Juventus, Donadoni ha cercato di uscire dal piatto e disordinato 4-5-1 in cui era caduto. Gli emiliani sono così riusciti a distendersi in verticale, sfruttando le doti dei due esterni d’attacco: sia Krejčí che soprattutto Di Francesco sono esterni moderni, votati ad entrare nel campo per cercare l’uno contro uno con il diretto avversario. Troppe volte il figlio d’arte si è ritrovato isolato nell’uno vs uno con Lichtsteiner che – complice un giallo rimediato dopo soli 17 minuti di gioco – ha avuto qualche difficoltà a contenerne l’esuberanza, comunque fumantina.

Quando invece il Bologna attaccava da situazione posizionale, gli esterni tagliavano dentro il campo portandosi dietro gli interni bianconeri. Marchisio si ritrovava così preso in mezzo agli accorrenti interni avversari. Un problema tattico non da poco, considerando che la difesa bianconera rimaneva spesso stretta in 35 metri: se il Bologna avesse osato anche l’ampiezza alzando Masina e Torosidis, avrebbero avuto spazio sufficiente per arrivare sul fondo con costanza.

Benché ogni tanto in ritardo nei ripiegamenti, il lavoro degli interni è stato fondamentale per la manovra della Juventus. In particolare, la corsa verticale (senza palla di Khedira, con la palla di Sturaro), è stata sufficiente ad attirare su di sé gli avversari e lasciare pericolose ricezioni nei mezzi spazi a Pjanić e Dybala. Una di queste corse ha causato il fallo da rigore che ha virtualmente chiuso la partita dopo 41 minuti.

In quanti abbiamo avuto un po’ più paura del solito dopo Doha?

Sicurezze

Le prestazioni dei singoli hanno spinto la squadra, ma è stato l’intero sistema a porre i giocatori nelle condizioni di esprimersi al meglio. Un esempio su tutti: Pjanić, spesso eretto a monumento delle difficoltà di attacco posizionale della Juventus. Con 2 key passes (di cui uno trasformato in assist da Higuaín) e una precisione al passaggio del 90,7% (impressionante nonostante abbia giocato più dentro la difesa avversaria del solito) è stato uno dei migliori in campo. I suoi movimenti senza palla hanno permesso di scompaginare la pur ottima difesa posizionale avversaria, creando spazi in zone pericolose. Il numero 5 ha anche avuto occasione di mostrare come – in posizioni adeguate – riesca a dare il suo contributo anche nelle due fasi difensive: ieri si è reso protagonista di ben 8 recuperi.

Anche Khedira ha offerto una prestazione sopra la media, aiutato da una forma atletica ritrovata. La corsa del tedesco è risultata determinante sia in occasione delle folate iniziali che nelle transizioni offensive che hanno poi portato alla terza marcatura.

Da sottolineare anche la prestazione complessiva di un buon Lichtsteiner, da rinnovare (?)

Per non far morire la partita sui binari della prevedibilità, nel secondo tempo Allegri ha scelto di provare un 4-4-2 “fisso”, senza posizioni fluide, mettendo dentro Cuadrado al posto di uno stanco Pjanić. In un momento della partita che offriva uno sterile possesso emiliano, la vivacità del colombiano è stata – al netto di qualche imprecisione di troppo nelle rifiniture – una scintilla per le transizioni bianconere, che hanno avuto il merito di far capire al Bologna che non valeva la pena cercare il gol con insistenza, pena il rischio di scoprirsi eccessivamente.

Sturaro largo a sinistra, qui più interno del dovuto perché uscito in pressione

Quella di ieri sera è stata una partita in cui la maggiore qualità bianconera ha permesso di avere anche un piano gara più efficace. Con le cruciali posizioni e prestazioni degli interni di centrocampo a controbilanciare i movimenti dei trequartisti, la Juventus sembra aver trovato un buon equilibrio tra palleggio ragionato e tracce profonde. Il 4-3-e-poi-vediamo con Dybala è un modulo decisamente più verticale e garibaldino del caro vecchio 3-5-2, ma Allegri è stato bravo a non privare la squadra dell’indispensabile filtro a centrocampo (a un buon Marchisio si sono aggiunti gli ottimi Sturaro e Khedira). Una rondine non fa primavera, e un 3-0 al Bologna non ci porterà a Cardiff, ma ha mostrato che la strada intrapresa dai bianconeri potrebbe essere quella giusta. Il periodo delle sperimentazioni sembra essere finito e, forte del primato in campionato, Allegri può guardare con fiducia al prossimo futuro.

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